Che dire, dopo aver sbriciolato in un quarto d’ora anche il Cagliari al Sant’Elia? Per descrivere la schiacciante supremazia bainconera non ci sono più aggettivi, bisognerebbe inventarne di nuovi. La Juventus di Antonio Conte, che intanto si è portata a casa il record storico (per la società) di 11 vittorie consecutive, è ritornata prepotentemente e implacabilmente la Signora Omicidi degli anni Settanta-Ottanta, quando sotto la guida di Giovanni Trapattoni inanellava scudetti a raffica, dominando in Italia e regalando alla nazionale l’intelaiatura che poi avrebbe portato i ragazzi di Bearzot a conquistare il Mondiale spagnolo del 1982. Il Cagliari, ben allenato da Diego Lopez e pur privo di Radja Nainggolan, non ha certo recitato la parte della vittima sacrificale. Anzi, complice una certa mollezza e svagatezza iniziali dei bianconeri (continuamente richiamati a gran voce da Conte), nel primo tempo ha giocato alla pari, è pure riuscito a passare in vantaggio con Pinilla e in un paio di occasioni (colpo di testa di Conti poco sopra la traversa e colpo di testa di Dessena arpionato con il ginocchio da Buffon) ha pure sfiorato il raddoppio. La Juventus, nel frattempo, come la Bella Addormentata continuava nel suo torpore agonistico e non poteva contare neppure sui lampi di genio di Andrea Pirlo, ben bloccato da Cossu, diligente nello schermargli i palloni in arrivo. Una rilassatezza che poteva costare caro. La Juve ha nel Dna la carica agonistica, un tocco e via, fraseggi di prima, movimenti sincronizzati al nanosecondo, se si rilassa diventa una squadra prevedibile, e nel primo tempo con il Cagliari proprio questo è successo. In più, oltre a Pirlo “soffocato”, nei primi 45 minuti il centrocampo bianconero ha avuto un Vidal spaesato e un Pogba morbido, Asamoah poco efficace negli inserimenti e solo Lichtsteiner (alla fine migliore in campo) all’altezza della saituazione. Meno male che a tirare fuori dai pasticci la Juve del primo tempo ci ha pensato Fernando Llorente con una zuccata d’antan, che tanto ricorda i colpi di testa di un John Charles o di un Roberto Bettega. Nel secondo tempo la musica non è cambiata granchè, la Juve ci ha messo solo un po’ più di concentrazione, ma tanto è bastato per fiaccare la resistenza del Cagliari, i cui giocatori nel primo tempo avevano speso troppe energie, fisiche e mentali. Ciliegina sulla torta, il cambio effettuato da Conte: fuori Pirlo, dentro Claudio Marchisio. Il Principino, uno che ha la Juve dentro, deve ritrovare un posto da titolare, perché garantisce maggior equilibrio tattico alla squadra. Il bilancio del girone d’andata è ovviamente più che positivo, potremmo dire esaltante, tenuto conto che gli unici punti persi per strada sono stati con l’Inter a San Siro (un pareggio quando la Juve ancora stava smaltendo il duro lavoro estivo) e con la Fiorentina (colpa di un quarto d’ora scellerato dopo aver dominato per 70 minuti la partita).



Ma come per le azioni in Borsa, in un campionato il percorso fatto non è mai garanzia che si ripeterà in futuro. Quindi fa più che bene Conte a tenere alta la guardia, perché i tanto sbandierati (da chi juventino non è) 100 punti sono un miraggio che può annebbiare. Noi ci ricordiamo bene come l’imbattibilità di due anni fa si sia piano piano trasformata in una sorta di sicumera tale da fiaccare lo spirito battagliero e la fame degli undici guerrieri di Conte. Un errore da evitare, perché la Roma di Garcia è a soli otto punti e nel giorne di ritrono i giallorossi non avranno tra le gambe e nella testa l’Europa League con i suoi faticosi trasferimenti. E da qui a metà maggio la Juve dovrà giocare in pratica ogni tre giorni. Infine, la pagella di metà campionato dei singoli. Ovviamente tutti promossi, alcuni con lode (Tevez, Vidal, Barzagli…), ma una menzione particolare va a Llorente: usando la testa (soprattutto fuori dal campo, sapendo cioè aspettare il suo momento e lavorando duro) da punto interrogativo del mercato estivo è diventato un punto fermo dei nuovi schemi di Conte.

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