Un’occasione sprecata? Di più, una lezione da non scordare. Il pareggio con il Verona -capace di rimontare il doppio svantaggio e di reagire dopo un primo tempo subìto in apnea, con i bianconeri belli, tosti e fluidi– è una scudisciata. Non tanto alla squadra in sé, perché reggere 50 e passa partite sempre sul filo della determinazione più feroce, giocando (presto) ogni tre giorni, è praticamente impossibile. Ogni tanto rifiatare è necessario, ogni tanto che la luce si affievolisca o addirittura si spenga (do you remember Fiorentina?) ci può stare. A non essere ammissibile è il fatto che dalla panchina –soprattutto oggi che si portano virtualmente a disposizione più di 20 giocatori – non arrivino quei correttivi in corsa che servono proprio a limitare i danni quando la giornata è storta o prende una brutta piega cammin facendo.

Contro i gialloblù la doppietta di Tevez, andato vicino pure alla tripletta, ha fatto credere ai giocatori –e ad alcuni in particolare– che la partita fosse già chiusa. In gergo gli allenatori chiamano questo stato mentale “appagamento”. Una parola che Conte giustamente non contempla nel suo vocabolario. Ma altrettanto giustamente dovrebbe –in presenza di un evidente atteggiamento appagato– passare dalle “minacce” (faccio scaldare Marchisio) ai fatti (faccio entrare in campo Marchisio). Che non fosse la giornata giusta di Vidal lo si è ampiamente capito fin dal primo tempo, ma da El Guerrero –che sbaglia un paio di partite a stagione– lo si può tollerare. Più fastidioso e controproducente è invece l’atteggiamento di Pogba: troppi svolazzi e troppe amnesie. E soprattutto: dov’era al 94° sull’ultima punizione del Verona, calciata dalla sua zona di competenza? Perché non è andato a contrastare Romulo, che ha potuto crossare indisturbato?

Pogba è un giocatore formidabile e ha margini di miglioramento ancora enormi, ma un po’ di umiltà e una pausa di riflessione gli farebbero senz’altro bene. Troppe sirene intorno a lui: vale 60 milioni, anzi 70, addirittura di più. Così si fa il gioco di Raiola, il suo procuratore, più che quello di Conte. E a proposito di Conte, è troppo…

…attendista nei cambi. In questa “scienza”, che non è mai esatta, non ha ancora la sfrontatezza di un Marcello Lippi, capace con uno-due cambi di cambiare pelle alla squadra, di spostare gli equilibri, di creare la mossa tattica a sorpresa. Contro il Verona non ha avuto senso tenere in panchina Marchisio: il centrocampo garantiva minore copertura rispetto ad altre partite e il Principino, mezzala che ha gamba e senso tattico da vendere, avrebbe potuto mantenere meglio gli equilibri, proteggere di più la difesa e far risposare soprattutto gli esterni, che in queste ultime settimane sembrano sovraccaricati di lavoro, tanto che spesso finiscono sostituiti o con i crampi.

Tra le note liete, Buffon e Osvaldo. Il portiere è incolpevole sui due gol e un terzo lo ha smanacciato fuori dalla linea di porta con una prontezza di riflessi davvero felina. Il centravanti italo-argentino invece ha dato l’impressione di essersi subito calato negli schemi e nello spirito della squadra. Peccato che sia entrato quando ormai la linea mediana juventina (Pirlo-Vidal-Pogba) aveva tirato i remi in barca e la squadra era un po’ a corto di ossigeno.