Il medievalista francese Philippe Walter ha dedicato parte della sua carriera alla ricostruzione delle origini storiche del Sacro Graal, per comprendere se si tratti di una reliquia vera ed effettivamente perduta nel nulla, oppure di semplice finzione interiorizzata nella tradizione. La risposta, con buona pace di tutti gli aspiranti Indiana Jones, è la seconda, perché l’origine del calice risalirebbe ad un racconto epico, mentre la sua elevazione a reliquia arrivò secoli dopo, durante il romanticismo.
Secondo la tradizione il Sacro Graal è quello nel quale bevve Gesù Cristo durante l’ultima cena e con il quale Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue del Messia mentre colava dalle sue costole trafitte sulla croce. In realtà, il medievalista spiega che l’origine del termine e del mito è legata al poema incompiuto “Perceval o il racconto del Graal“, scritto da Chrétien de Troyes tra il 1182 e il 1190, nel quale “si fa riferimento ad un banale Graal”, passando poi all’unico “Sacro Graal nell’arco di circa quarant’anni. Inizialmente la leggenda affascinava monaci e nobili“, ma poi si perse “per quattro secoli e mezzo, per riemergere nel XIX secolo” grazie a “romanticismo e nazionalismo in Francia e Germania, che hanno ravvivato la memoria del Medioevo”.
Il Sacro Graal tra tradizione, leggenda e poemi
Il Sacro Graal, insomma, secondo il medievalista “non esiste come reliquia legata a Cristo” e non trova alcuna corrispondenza nella reale tradizione religiosa. Appartiene, differentemente, “alla ‘mitologia cristiana‘, un insieme di credenze, storie e persino superstizioni che sono esterne al cristianesimo, ma che alla fine sono entrate in esso fino a diventarne inseparabili”. Questo spiegherebbe anche perché il mito scomparve durante “la Riforma protestante, che ha messo un po’ di ordine”.
Complessivamente, però, è anche vero che “il Sacro Graal è una formidabile macchina della fantasia” che negli anni “ha avuto i suoi devoti e persino i suoi fanatici”. Nella sua mitologia si mischiano “storia, letteratura, fiabe e leggende”, contribuendo ad aumentare l’aura leggendaria che l’ha reso anche una reliquia per gli occultisti. Numerose le nazioni e le tradizione che lo rivendicano, ma oltre a questo “non esiste al di fuori dei testi letterari che lo hanno creato”. La cosa più ironica secondo il medievalista è che, peraltro, il Sacro Graal nel testo di Chrétien de Troyes non raffigura neppure una coppa, perché pur senza riferimenti chiari sulla natura dell’oggetto, il testo spiega “che può contenere un salmone o un luccio intero”, sicuramente incompatibili con i calici.