Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, deve adeguarsi al taglio delle tasse previsto dal programma del Pdl. Lo ha affermato la “piccola bestia nera” di Tremonti, una specie di “serpe in seno” per il geniale ma bizzoso commercialista di Sondrio che guida con mano ferrea le sorti del fisco italiano nell’era Berlusconi: Mario Baldassarri, già sottosegretario al Tesoro, economista organico ad An, oggi confluito nel Pdl, ma detentore di una testa autonoma.

Baldassarri, che oggi presiede la Commissione Finanze e Tesoro del Senato, ha preparato una serie di emendamenti alla Finanziaria che non sono passati, ma che hanno preteso di gettare almeno un sasso, ma forse un macigno, nello stagno dell’osservanza tremontiana cui sembrano soggiacere tutti, ministri, partiti di governo e opposizione.

Cosa dice Baldassarri? Parte da un presupposto: che un governo liberale e liberista di centrodestra non possa sostanzialmente tenere immutata la struttura del prelievo utilizzata fino a un anno e mezzo fa da “Dracula-Visco”, il ministro più antipatico per gli italiani, targato Pci-Pds-Ds-Pd. Deve “riuscire a cambiare qualcosa!”. Anche perché una pressione fiscale del 43% e passa, che fa lavorare gli italiani 173 giorni per il Fisco e solo 192 per sé è una bestialità.

E tiene bloccata quella famosa “domanda interna” che servirebbe a ridare slancio all’economia. Già, ma Tremonti ripete che tagliare le tasse non si può, per un Paese come il nostro, oppresso da una montagna di debito pubblico pari al 108% del Pil.

Eppure per Baldassarri uscirne si può. Sostiene il professore che nel bilancio pubblico ci sono 50 miliardi di euro che non servono a niente, che si sprecano e basta. E sarebbero, precisamente, i 15 miliardi di incentivi all’industria “generici”, che in quanto tali vengono sì erogati dallo Stato e intascati dai privati, ma non vengono però utilizzati per i loro fini istituzionali bensì spesi qua e là, senza giovamento per altri (né imprese né dipendenti) che non per i loro percettori.

Ci sarebbero poi, sempre secondo Baldassarri, ulteriori 35 miliardi l’anno di spesa pubblica improduttiva (non stipendi, quindi, che magari sono improduttivi ma sfamano gente che ci vive) né tantomeno investimenti, bensì puri sprechi: acquisti strapagati, funzioni inutili, enti inutili, eccetera.

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Ebbene: è chiaro che se Baldassarri avesse anche solo ragione a metà e se lo Stato fosse capace di reperire nei meandri del suo enorme e mostruoso bilancio anche “solo” 25 miliardi da destinare al calo delle imposte, la partita sarebbe vinta.

Solo che Tremonti non è certo distratto e se non percorre questa strada probabilmente deriva dal fatto che non ci crede. E se non ci crede è perché sa che tagliare questi sprechi è politicamente controproducente, operosissimo, quasi impossibile. Si andrebbe a disturbare la quiete di tante, troppe controparti.

E allora? Allora o restiamo così, soffocati dalle tasse, fino al prossimo miracolo economico, oppure troviamo il coraggio per disturbare quelle lobby e fare ciò che Baldassarri suggerisce.