Grande Brunetta, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo! Il ministro “verticalmente svantaggiato” si rivela un Gigante del buon senso, un paladino del razionale. E sa fare di questa sua tendenza intelletual-comunicativa una forma nuova di provocazione che nasce pre-politica ma è anche adatta a trasformarsi in oggetto di consenso prima, e di azione poi, squisitamente politica.

È il caso della sue due recenti esternazioni sul tema dei “bamboccioni”, che vanno lette in collegamento l’una con l’altra. La prima, dieci giorni fa, ha rappresentato il classico sasso in piccionaia: l’idea di promulgare una legge per imporre ai diciottenni di andarsene a vivere per conto loro. Una pura provocazione, certo, perché un provvedimento del genere fa tanto regime dittatoriale a economia pianificata; eppure, e insieme, un calcio negli stinchi di un certo perbenismo garantista – una volta lo si sarebbe definito “piccolo-borghese” – per cui effettivamente in Italia, diversamente da quanto accade nei paesi anglosassoni, lo status di “studente” conferisce anche al più sfaccendato dei giovanotti una sorta di salvacondotto a vita, il diritto indiscutibile di essere “campato” sine-die dalla famiglia.

Al punto che una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che, per l’appunto, un ultratrentenne super-pigro, oggetto di un vero e proprio “sfratto” da parte del padre esasperato, aveva ragione a pretendere di essere ancora nutrito, calzato e vestito dai genitori nonostante la sua età; e non perché non avesse trovato alcuna occupazione retribuita, quella l’aveva anche trovata, ma perché il lavoro in questione non era di suo gradimento. Chiaramente, un assurdo.

Come sarebbe, peraltro, assurdo anche tentare di mettere in pratica la provocazione legislativa di Brunetta: esistono, vivaddio, ambiti privatissimi – come questo dei rapporti familiari, anche economici – nei quali sarebbe giusto che la legge non pretendesse di entrare e che la magistratura, chiamata a pronunciarsi, riuscisse a farlo senza la pretesa di dettare, con le sue sentenze, una giurisprudenza poi valida “erga omnes”.

Dieci giorni dopo, però, Brunetta, tornando sul tema dei “bamboccioni”, ne ha detta un’altra, sempre provocatoria ma più “ficcante” e soprattutto praticabile, almeno in linea di principio (mentre sul piano pratico sarà ben dura!). Ha auspicato cioè che il nostro “welfare” riesca al più presto a introdurre un “assegno” da 500 euro al mese per i diciottenni disoccupati in modo da agevolarne, appunto, la sollecita conquista di una certa indipendenza, con gli obblighi che ne derivano.

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Insomma, finanziarne l’uscita di casa. E come finanziargliela? Attingendo le risorse dai fondi statali accantonati per le pensioni d’anzianità, in modo da attutire quella “guerra strisciante” tra generazioni che sta devastando il welfare di tutti i Paesi occidentali, dove le risorse economiche pubbliche assorbite dalla previdenza degli anziani vengono sottratte agli investimenti che occorrerebbero per dar lavoro ai giovani…

 

Apriti cielo. Su questa seconda proposta, più praticabile anche se altrettanto provocatoria della prima di cui è in fondo il corretto complemento, si è subito aperto il fuoco di sbarramento della sinistra e si è anche levata molta sufficienza da parte di numerosi esponenti della stessa maggioranza. Senza dire che Brunetta, responsabile del dicastero per la semplificazione e l’efficienza della pubblica amministrazione, ama molto parlare di economia in genere ma sa benissimo di esulare dalle sue competenze per invadere quelle del collega Tremonti, cioè del ministro più potente del governo, un tipino poco incline allo scherzo e poco disponibile alla cogestione.

 

Niente di fatto, quindi – è più che facile matematico prevederlo – nemmeno per questa seconda proposta brunettiana, ma il merito della provocazione intellettuale gli va riconosciuto.