Che Paese, l’Italia. Nei discorsi istituzionali, i problemi sono sempre colpa di qualcosa, e mai di qualcuno. Nei discorsi politici, il problema è sempre che qualcuno non è all’altezza, o è in conflitto d’interessi, o è incapace. E mentre la “casta” dei politici ha dovuto, suo malgrado, accettare un bel rimescolio, tra spinte ribelliste grilline e tentativi di autorinnovamento dei vecchi partiti, c’è una casta di veri intoccabili, i cosiddetti “grand commis” di Stato, direttori generali di ministeri e superburocrati vari, che sono davvero intoccabili.

È il caso di Luigi Giampaolino, capo della Corte dei Conti, e di Attilio Befera, capo dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia, che nel giro di due giorni si sono prodotti in un dialogo a distanza dove hanno detto cose opposte badando bene però a non pestarsi i calli. Il primo ha detto che la strategia di contrasto all’evasione fiscale attuata nella scorsa legislatura faceva acqua: era “ondivaga e contraddittoria”. Beh, intanto sarebbe stato meglio dirlo mentre l’acqua colava dai buchi della strategia, e poi verrebbe da concludere: quindi era colpa di Tremonti? Ni. Perché se è stato sbagliato “rimuovere (…) gli elenchi telematici clienti e fornitori, i limiti più stringenti all’uso del contante”, lo è stato anche reintrodurre la “rilevazione sistematica delle operazioni verso i consumatori di importo pari o superiore a 3.600 euro”, che potrebbero aver indotto effetti negativi sui consumi o, peggio, avere incrementato la propensione a effettuare acquisti di beni e servizi in nero”. E l’elenco delle stroncature potrebbe continuare.

Ieri è stata la volta di Befera, di parlare in pubblico. Per fare autocritica? Macché. Per dire che sull’evasione fiscale “molto resta da fare ma molto è stato fatto”. Evviva. E naturalmente scaricare la colpa su qualcos’altro: le attuali rendite immobiliari, che “fanno rilevare una diffusa iniquità”, essenzialmente riconducibile “all’inadeguatezza delle attuali categorie catastali”. Perché c’è stata, sì, la rivalutazione delle rendite e l’Imu, che hanno “ridotto la distanza con i valori di mercato”, ma “d’altra parte è aumentata l’iniquità”. Insomma, con il mercato residenziale paralizzato, l’industria edilizia a -54% anno su anno, l’Imu nell’occhio del ciclone, Befera propone di fare ancora riforme sul mattone. Ottimo. La tassazione sulla casa va dunque sicuramente rivista, ma “solo avendo una base imponibile ben esatta e ben corretta”. Il problema, ancora una volta, è altrove. E la chiave per risolverlo non è mai quella di ridurre le tasse, semmai di spostarle.

Non una parola sulle polemiche sui metodi aggressivi e confusi del rapporto con il contribuente. Solo numeri poco significativi: “Nel 2012 le riscossioni complessive derivanti dall’attività di accertamento e controllo” hanno consentito di incassare “12,5 miliardi di euro, a fronte dei 10 miliardi che erano stati preventivati”. “Questo risultato – ha detto Befera – è in linea con quello dell’anno precedente, e ha fatto registrare una crescita costante fino al 2011; elemento di grande rilievo se lo si contestualizza nel periodo difficile che il Paese sta attraversando negli ultimi anni”. Bene, dunque? Naturalmente no, perché riscuotere è troppo difficile: “Non è possibile fare azioni esecutive”, e andrebbe valutata la reintroduzione del “preavviso di fermo dell’autovettura. Altri strumenti coercitivi non ne vedo”.

Come andare oltre la cronaca, su questi temi? È desolante la mancanza d’iniziativa creativa del legislatore e degli operativi. Il coro di ipocrisia che circonda la materia è assurdo. Altro che “molto è stato fatto”, in realtà l’evasione fiscale è costante e conclamata. Da parte dei furbi, certo, ma anche di molti disperati. Perché soprattutto per gli imprenditori – il caso dei lavoratori autonomi è un po’ diverso – pagare tutte le tasse è un atto di eroismo.

La pressione fiscale, quando non è neutralizzabile, sta schiacciando migliaia di imprese. E i nostri grand-commis si parlano addosso, fingono di accusarsi a vicenda, poi cercano sempre una terza parte da indicare come capro espiatorio. Di sicuro di questo passo non ne usciamo.