Non c’è che da sperare in Renzi e nella Boschi, che recuperino l’orfanella-Telecom, come hanno fatto con i 31 bambini congolesi, e soprattutto trovino qualche famiglia adottiva cui affidarla. Già, perché l’ex colosso telefonico nazionale sta diventando “public company per inedia”. Entro giugno Telco si scioglierà, e i suoi “soci per caso”, cioè Telefonica, Generali, Intesa e Mediobanca, si troveranno in mano direttamente azioni della società di tlc, con gli spagnoli che diventeranno il primo socio con una quota del 15%, davanti agli ex-partner italiani in uscita per mancanza di interesse strategico nella partecipazione (ohibò, e se ne accorgono oggi?).

Dunque, quest’orfanella del mercato che è Telecom, dal basso di una capitalizzazione rasoterra (dopo gli aumenti di questi giorni, l’azienda vale in Borsa la miseria di 17 miliardi, a fronte dei 99 di At&t e dei 66 di Vodafone, per capirci) va accasata. Strategicamente come sul fronte proprietario. Ma sarà durissima, perché nessuno la vuole. E più passano le settimane più risulta lampante che neanche gli spagnoli la vogliono sul serio: o meglio, se i casi del mercato dovessero consentire loro di annettersela senza versare più un soldo, ovviamente lo farebbero, ma quel che davvero gli serviva ce l’hanno già, e cioè un veto di fatto sulle manovre del gruppo italiano in Sudamerica, il loro secondo mercato, dove vogliono controllare le mosse dei concorrenti e se possibile, cioè Antitrust permettendo, crescere ancora.

Ovvio che il mercato inizi a speculare sul futuro della compagnia. Gli analisti finanziari già si interrogano sulle mosse del colosso spagnolo, azionista-guida svogliato, che potrebbe cercare sponda in nuovi soci, oppure potrebbe incrementare direttamente la propria presa in Telecom o anche battere in ritirata. La gestione, onestamente condotta da Patuano, qualche piccola soddisfazione la sta dando, e anche questo spiega l’unica nota positiva della situazione, cioè il report di Goldman Sachs che valuta il prezzo obiettivo a 1,5 euro, ben oltre il precedente 0,95 euro. Ma allo stesso tempo, Moody’s ha assegnato il rating “Ba1” al bond decennale da 1,5 miliardi di dollari emesso da Telecom “in linea con il rating a lungo termine” che “riflette l’incertezza sulla strategia della società e sulla sua capacità di rafforzare il proprio bilancio per invertire il trend negativo dei ricavi domestici e dell’ebitda”.

Questo è il punto: zero padroni, zero strategie. E qui si torna all’incipit, “san Matteo pensaci tu”. Per quanto periodicamente il circo degli addetti ai lavori finga di non saperlo e la politica se ne dimentichi, avere una Telecom priva di strategie e povera di risorse per attuarne qualsiasi significa avere un’Italia priva di strategie sulle tlc o quantomeno sulla rete fissa, architrave di quella “banda larga” incompiuta che frena il Pil e complica la vita delle piccole e medie imprese di quel buon 50% di territorio ancora soffocato dalla banca stretta.

È mai possibile che la rete fissa, costruita nei decenni dalla Telecom pubblica, ossia con i soldi nostri, debba oggi restare appannaggio esclusivo degli interessi di Telefonica? Il dossier, prima o poi, dovrà pur essere riaperto dal governo. E speriamo nel segno del buon senso.