La visione del futuro di Telecom Italia avuta da Marco Tronchetti Provera, che nel 2006 gli costò un attacco politico-giudiziario tale la indurlo a uscirsene, viene oggi rieditata nove anni dopo, in brutta copia, con l’effetto-sorpresa completamente sperperato, la regia di Vivendi – un colosso straniero – e sulle spalle tanto tempo, clientela e denaro perduto: è questa la sintesi che gli ultimi sviluppi della travagliatissima storia della ex Sip inducono a trarre.

Perché rinvangare oggi l’epopea di Marco Tronchetti Provera? Perché fu lui, controllando all’epoca con la sua Pirelli il 23,2% di Telecom, a ipotizzarne l’alleanza strategica con Sky e con At&t, per dare al gruppo – comunque gravato di tanti debiti – i pilastri su cui costruire due direttrici di sviluppo: quella internazionale e quella multimediale, che è poi oggi l’unica freccia rimasta all’arco dell’azienda, non a caso di fatto “scalata” da Vivendi. Solo che nel disegno di Marco Tronchetti Provera, in Telecom – a centrocampo, anche se in mezzo agli alleati – poteva restare lui come azionista di riferimento e quindi il sistema Paese come baricentro decisionale strategico. Adesso, se passerà com’è assai probabile la richiesta di Vivendi di avere quattro consiglieri, decideranno tutto a Parigi.

E c’è di più: lo sviluppo della rete a banda ultralarga, su cui Telecom ha anche fatto buoni progressi negli ultimi mesi – grazie alla spinta dell’amministratore delegato Marco Patuano e soprattutto del presidente Giuseppe Recchi -, finirà con l’andare a vantaggio di un gruppo internazionale lecitamente concentrato su priorità diverse da quelle dettate dalla nostra agenda digitale nazionale.

Prima di chiedersi come “salvare il salvabile” del futuro di Telecom, pur se in questo disastro strategico, due parole per ricordare i colpevoli politici: D’Alema, per aver consentito (sicuramente, e forse promosso) l’Opa di Colaninno e Gnutti sull’azienda che pose le premesse per quello “spolpamento” che si sarebbe successivamente verificato; e Prodi, per due ragioni: aver privatizzato malissimo il gruppo Stet-Telecom e poi per aver ferito Marco Tronchetti Provera senza avere il coraggio di perseguire gli obiettivi di quell’aggressione, cioè la “rinazionalizzazione” della rete (piano Rovati), per proteggerla dal rischio di finire appunto in mani straniere. Comunque, ormai, è andata. Non resta che presidiare quel po’ di futuro autonomo e italiano che Telecom potrebbe ancora avere.

Già: ma quale futuro? Comanderà Vivendi: perchè ai quattro posti nel consiglio d’amministrazione che rivendica e che sarà difficile negarle si aggiungerà l’appoggio di Tarak Ben Ammar, consigliere in quota Mediobanca ma amico da sempre del patron di Vivendi Vincent Bollorè. E perché gli altri consiglieri, indipendenti davvero, difficilmente potranno marciare compatti in direzioni diverse da quelle indicate dai francesi. Certo, la società è ancora virtualmente una “public company”. Ma toccherà al management giocarsi ogni volta, colpo su colpo, le decisioni autonome rispetto agli interessi dei francesi. Sugli stessi fronti al centro dei piani di Marco Tronchetti Provera: media e rete.

Nella “convergenza” tra rete telefonica e contenuti mediatici l’Italia avrebbe da dirne di cose, ma a patto di mettere in gioco di fronte a Vivendi altro che la rete Telecom, con tutto il rispetto. Si parla da tempo di una tripla fusione Vivendi-Telecom-Mediaset. Ma nessuno, sul tema, ha fatto i conti con l’oste-Berlusconi, che fino a prova contraria non ha mai pensato di vendere. Certo, Berlusconi è da sempre in ottimi rapporti con Bollorè. Ma di nuovo, anche su questo fronte l’ultima parola l’avrebbero i francesi.

Quanto alla rete, va monitorata la curiosa situazione che si sta delineando dopo l’annuncio della possibile nascita della società mista Metroweb-Enel, dunque una società a controllo pubblico, per lo sviluppo della rete a banda ultralarga destinata a fare concorrenza a quella di Telecom, salvo trovare delle regole per far confluire le funzionalità di entrambe le infrastrutture a vantaggio dell’utenza.

Certo, Metroweb sta dialogando anche con Telecom: ma a parte le facili ironie sull’esito impervio di un dialogo che va avanti da cinque anni senza esito, è chiaro oggi che qualsiasi decisione strategica sulla rete Telecom attuale – infrastruttura essenziale del Paese, costruita nei decenni con i soldi dello Stato, alias dei contribuenti – andrà fatta digerire al socio forte Vivendi: connazionale, tanto per capirci, di quei filantropi del colosso caseario francese Lactalis, padrona della Parmalat, che stanno prendendo per il collo gli allevatori italiani costringendoli a vendere sottocosto il loro latte.

Ecco, stiamo per accorgerci anche in campo telefonico cosa vuol dire aver completamente rinunciato alla “patria potestà”…