Dunque ci sarebbe un intervento di “salute pubblica” tra i primissimi incarichi che il nuovo vertice della Cassa depositi e prestiti designato da Renzi dovrebbe espletare: l’acquisizione della Saipem dall’Eni, per alleggerire il colosso petrolifero di Stato dal gravame dei molti debiti e delle troppe inchieste che negli ultimi anni ha zavorrato la Saipem e la sua controllante.
È solo un gossip, sia pur di buona fonte, che sgorga dal diffuso sentimento di incredulità generato tra i bene informati dalla indecifrabile “blitzkrieg” condotta da Renzi per liberare anzitempo le poltrone di vertice della Cassa.
Almeno, che Cdp rilevi la Saipem giova all’Eni e gli permette di aumentare il dividendo che paga (anche) allo Stato e il proprio valore borsistico. Una legittimazione per la bizzarra acquisizione potrebbe essere individuata nell’idea di concentrare dentro il portafoglio della Cassa, come già fatto con le reti dell’elettricità e del gas, anche un grande gruppo di engineering che potrebbe forse lavorare meglio distinguendo le proprie sorti da quelle dell’Eni, che è insieme a oggi controllante e cliente di Saipem, ma anche concorrente degli altri clienti che sono indispensabili al gruppo per stare in piedi.
Sarà vero? Se lo augurano molti, ciò darebbe almeno un senso evidente al blitz, attuato in fondo – visto che siamo a luglio – appena quattro mesi lavorativi prima della scadenza naturale del mandato di Franco Bassanini, presidente, e Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato.
La storiaccia della Cassa ha il merito – diciamolo – di aver illuminato nella giusta luce vari personaggi. Innanzitutto il premier, che quando prende una decisione (in questo caso ispirata, pare, dal suo consulente principe Andrea Guerra, un privato cittadino che nessuno si è mai sognato di eleggere ma gode di più potere di un ministro), non la cambia e non si mette in discussione neanche con le cannonate. Da non credersi la non-spiegazione che ha avuto la spudoratezza di dare a Il Sole 24 Ore in un’intervista: “La missione di Cassa depositi e prestiti non cambia. Rimane la stessa con attori nuovi. Il che non mi sembra un dramma dopo cinque anni. Lo hanno spiegato molto bene Franco Bassanini e Giovanni Gorno Tempini, cui va la mia gratitudine per il loro lavoro. Se qualcuno pensa che sia un pasticcio nominare due professionisti come Claudio Costamagna e Fabio Gallia”. Insomma, Renzi pretende di teorizzare che ha senso fare un casino di quella proporzione, con un doppio rischio di danno erariale per l’inutile liquidazione da erogare a Gorno, rimosso anzitempo dall’incarico, dell’inutile ricompensa da cercare per Bassanini, nominato consulente del premier “sul campo”, e dell’inutile rischio che il pur ottimo Gallia sia presto condannato in primo grado per una bega a Trani su un inesistente reato bancario che però probabilmente gli verrà contestato…per non cambiare nulla?
La verità è che Renzi ha in mente, per la Cassa, progetti che Gorno Tempini non voleva fare, al Fondo strategico Tamagnini esitava dal fare, e Bassanini – indeciso a tutto come sempre – non riusciva a schiodare. Solo che dopo aver liberato le poltrone anzitempo da questi due personaggi rispettabili, ma in fondo inadeguati, ha dovuto vedersela con una serie di ostacoli imprevisti: il diritto delle Fondazioni di nominare il presidente, cui hanno rinunciato in cambio della garanzia del dividendo speciale che con il business finanziario puro la cassa oggi farà fatica a erogare; e molti altri vincoli di natura istituzionale, che impediscono a qualsiasi governo di trasformare la Cassa in una nuova Iri. Si vedrà se questi vincoli impediranno anche alla Cassa di comprare la Saipem: se riuscirà a farlo, almeno, tutta questa storia avrà trovato un suo senso…
Se non ci fossero, all’interno e all’esterno del governo e del Pd, molte ragioni di maggior preocciupazione, Renzi potrebbe forse concentrarsi a dare un seguito sensato a questo inspiegabile blitz, però “maiora premunt”. E lo tengono lontano dalla zona del suo ultimo raid. Dopo aver inutilmente azzerato i consigli provinciali, evirando così gli enti che continuano a spendere come prima e fanno ancor meno; dopo aver dimezzato la potenza economica delle Camere di commercio senza per questo giovare alle imprese; dopo aver tentato di azzoppare le banche popolari senza peraltro riuscirci in modo significativo; dopo aver rinunciato (anche lui!) a riformare la Motorizzazione civile e l’Aci, Renzi ha deciso di metter mano alla Cassa depositi e prestiti, e l’ha fatto. Per non cambiare niente. Complimenti.