Forse Roger Abravanel potrebbe scrivere un’appendice del suo “meritocrazia” rileggendosi il capitombolo che i risultati economici del Gruppo 24 Ore, la casa editrice controllata dalla Confindustria ma quotata in Borsa che edita il quotidiano Il Sole 24 Ore, Radio24 e l’agenzia di stampa Radiocor, hanno vissuto tra il 2011 e l’anno scorso. Al di là del forse inevitabile tracollo dei ricavi, piombati giù dai 467 milioni del 2011 ai 313 del 2015, ciò che impressiona sono i risultati economici: dal -8 milioni di risultato netto per la controllante del 2011 ai -45 del 2012, ai -76 del 2013, ai -24 del 2014 e ancora ai -14 dell’anno scorso. Totale bolletta, 167 milioni di euro. Buttati via. E posizione finanziaria in rosso, pur dopo ingenti vendite di gioielli di famiglia (il software) effettuate per “tenere botta”.

Alla fine, il manager che ha gestito l’azienda in questo quinquennio doloroso, Donatella Treu, è stata accompagnata alla porta: nella lista di maggioranza depositata dalla Confindustria l’8 aprile il suo nome non c’è. Meritocrazia, dunque, pur dopo molta, molta prudente attesa.

Ma è ancora più interessante vedere quali nomi invece ci sono. Il più celebre e insieme competente tra i consiglieri che verranno designati da Confindustria è senz’altro Luigi Abete, apprezzato presidente degli industriali italiani tra il ’92 e il ’96. Poiché il manager che sostituirà la Treu come amministratore delegato non è ancora stato individuato, è probabile che all’assemblea di fine aprile Abete assumerà una vicepresidenza operativa per fungere da “pontiere”. Scelta di buon senso, non fosse che Abete è editore di Askanews, agenzia di stampa concorrente a volte, e a volte promessa sposa, di Radiocor. Vabbè, basterà che se mai il consiglio del Sole dovesse valutare una possibile alleanza tra le due agenzie, Abete uscirà dalla riunione, come la Boschi dal Consiglio dei ministri quando si parlava di banche. Diciamo così.

Altro editore in lista, sia pur meno in conflitto d’interessi di Abete, Maria Carmela Colaiacovo, figlia del ras del cemento umbro e appunto editore del Quotidiano dell’Umbria. 

Ma chi sarà il presidente? Sarà Giorgio Squinzi, attuale presidente di Confindustria, che a fine maggio passerà lo scettro romano al neodesignato Vincenzo Boccia. Era giocoforza che accadesse, visto il gioco dei calendari, ma resta il fatto antiestetico che lo Squinzi presidente di Confindustria ha così nominato se stesso presidente del Sole, certo con la benedizione di Boccia, ma l’ha fatto. D’altronde, in fatto di governance societaria Squinzi, pur bravissimo imprenditore, guidava un impero da 2 miliardi di fatturato con una holding costituita in Società a responsabilità limitata…

Le altre nomine sono facilmente leggibili in traslucido come premietti distribuiti per il sostegno dato a Boccia nel braccio di ferro con Alberto Vacchi. C’è Carlo Pesenti, che ha dato il suo voto al salernitano rompendo la compattezza lombarda verso Vacchi; c’è Carlo Robiglio, esponente della “piccola “del Piemonte, che ha votato Boccia; c’è lo squinzian-bocciano Mauro Chiassarini; la direttrice generale di Confindustria Marcella Panucci, renzianissima, ascoltatissima consigliora e grande elettrice di Boccia; e alcuni altri comprimari come Nicolò Dubini, Claudia Parzani, Livia Pomodoro, Cesare Puccioni…

Insomma, il bilanciamento delle influenze tra blocco vittorioso e blocco sconfitto proprio non c’è. C’è invece la fifa di non farcela a risanare non tanto il giornale, che va bene grazie al direttore e alla redazione, quanto tutto il resto, che sta in piedi con i cerotti. Né sta in piedi meglio la prospettiva – industrialmente vincente – di un’integrazione con il Corriere della Sera, vanificata sia dal chiamarsi fuori del promotore del progetto Gianfelice Rocca, sostenitore dello sconfitto Vacchi, e anche dai sommovimenti in atto nell’azionariato Rcs.