“Oggi imparo a leggere, domani a scrivere e dopodomani a far di conto”: con la stessa maturità e concretezza del compaesano Pinocchio, Matteo Renzi si è ripetuto ieri nell’annunciare urbi et orbi che entro il 2020 in tutta Italia correrà la fibra ottica che porterà la banda larghissima, a 100 mega e oltre, nelle case degli italiani. Per carità, si parte con 5 città: ma poi se ne copriranno 224 (che non sono poi tutte ma vabbè, è un’approssimazione minima rispetto agli standard renziani).
In collaborazione con Vodafone e Wind, che di fibra ne hanno ben poca. E soprattutto, ma questo Renzi non lo ha detto, in collaborazione con Metroweb, l’azienda pubblica controllata da F2i e Fondo strategico italiano che invece, lei sì, sta cablando sul serio l’Italia da 16 anni, anche se a scartamento ridotto perché è piccola.
Quindi la portata rivoluzionaria degli annunci di ieri va fortemente circoscritta e ridimensionata. Di vero e di buono c’è questo:
1) l’Enel continua a fare esattamente quello che ha annunciato quasi un anno fa, cioè a far passare anche fibra ottica nelle canaline di plastica attraverso cui raggiunge con i fili elettrici i contatori elettronici che in tre anni dovrà sostituire in tutta Italia: un unico lavoro, un’unica uscita dei tecnici, per due risultati. Una cosa intelligente, efficiente, pensata da Franco Tatò – non certo da Renzi – oltre quindici anni fa;
2) alla forza trainante dell’Enel si agganciano le reticelle di Vodafone e Wind che si riscontrano in Italia qua e là, a macchia di leopardo, e che da sole non servono quasi a nulla;
3) integrando tutto questo con Metroweb si fa una cosa di buon senso, proprio ovvia, tra proprietà “parenti” perché tutte pubbliche. Quindi: bene, ma sia chiaro, è il “minimo sindacale”.
Quel che il premier-Pinocchio non dice è che dopo due anni di governo non è riuscito a toccare palla sul vero nodo di tutta questa vicenda, cioè l’integrazione tra la nascente (?) rete in fibra del “pool” Enel-Metroweb-Vodafone-Wind e l’unica, vera, grande e capillare rete di telecomunicazioni esistente in Italia, quella di Telecom. Sono quasi 6 anni che i governi (iniziò ancora l’ultimo Berlusconi, col “tavolo Romani” del maggio 2010, dal nome dell’allora ministro delle telecomunicazioni) hanno cercato o finto di cercare una quadra per garantire che le due reti si sviluppassero in sinergia e non in contrapposizione, per limitare i fastidi alla popolazione (i cantieri per la posa della fibra sono un a gran rottura di scatole, in città) e soprattutto per massimizzare la qualità del servizio, e non ci sono riusciti. Nel marasma fibrillatorio in cui Telecom è stata ficcata da Prodi e da Mediobanca, affidandola agli spagnoli concorrenti di Telecom, l’ex Sip ha proseguito – sia pur a un ritmo ridotto dal peso dei debiti – nei propri piani autonomi di sviluppi di rete e non si è mai veramente parlata con gli altri.
Anche oggi, ostentando un “grande freddo” verso Telecom, Renzi continua a fare danno, perché prescinderne è come riprogettare da zero le autostrade in Italia ignorando che ce ne sono già diecimila chilometri di prim’ordine: un assurdo.
E del resto oggi in Telecom c’è un nuovo e agguerrito management, e soprattutto un padrone, si chiama Vivendi, ha soldi e determinazione, rappresenta direttamente il governo francese visti i rapporti strettissimi tra l’imprenditore Vincent Bollorè e il premier di Parigi Hollande, e non è igienico fare i pierini con la Francia.
E ancora, proprio oggi dovrebbe celebrarsi ciò che veramente va nel segno del futuro, che ci piaccia o meno, e cioè la santa alleanza tra Mediaset e, appunto, Vivendi: cioè tra due colossi dei contenuti. Perché è sui contenuti, e non sulle reti, che si vince la battaglia dei clienti. È seguendo i contenuti – il calcio, i film, i comici – che la gente sceglie di chi diventare cliente, senza neanche sapere come si chiama la rete di telecomunicazioni che le porta la connettività in casa. Quando apriamo il rubinetto, cerchiamo l’acqua che l’attraversa, senza sapere quale acquedotto ce la sta fornendo. È la sete che abbiamo bisogno di estinguere, non è che apriamo il rubinetto per il piacere di toccarlo. Sono i contenuti che fanno clienti, non i contenitori.
Quindi: bene Enel, bene Metroweb, bene Mediaset-Vivendi, di nuovo temibile Telecom. Gorilla nella nebbia il governo.