In sintesi brutale: per una volta che il Parlamento europeo ne combina una giusta, le destre e i popolari si coalizzano e la stroncano. Cos’è successo? Che per la prima volta l’assemblea di Strasburgo ha esaminato compiutamente, approvando una relazione della commissione giuridica guidata dalla socialista Mady Delvaux per un diritto civile sulla robotica, il tema più preoccupante del momento, cioè lo sterminio di posti di lavoro che sta per avvenire a causa della quarta rivoluzione industriale, quella in cui i robot prenderanno il posto degli uomini in tantissime funzioni ancora oggi umane; e la Delvaux appoggia l’idea di prendere in considerazione il diritto di cittadinanza come ammortizzatore sociale. Ma per l’opposizione di popolari e della destra, Alde, Ppe e Ecr, il suggerimento è stato subito fatto cadere nel vuoto.

Ora gli operai – italiani ma non solo – e anche i tecnici che perderanno il lavoro perché le loro funzioni saranno trasferite ai robot “animati” dall’intelligenza artificiale e dall’Internet delle cose, sanno con chi prendersela. Anche perché, a leggere i dati raccolti e riclassificati dall’Aica (Associazione italiana per l’informatica e il calcolo automatico) con la Sda Bocconi, l’87% dei manager interpellati prevede che l’impatto dei robot sul lavoro ci sarà, sarà pesante soprattutto a livello operaio-impiegatizio e che a rischiare grosso saranno le attività intellettuali. 

Le aziende cavalcheranno le opportunità della tecnologia per risparmiare, anche se per il 69% dicono di sentire la responsabilità dei livelli occupazionali in diminuzione. “L’80/90% dei manager e i direttori delle risorse umane prevedono che il lavoro impiegatizio e degli operai rischia di scomparire e in parte anche quello concettuale ha prospettive di diminuire. E nell’arco di dieci anni si cominceranno a vedere i primi effetti. Per questo le aziende stanno investendo per cercare di contrastare gli effetti dell’automazione. Anche se oggi possiamo già vedere computer che fanno investimenti finanziari, l’aumento della formazione a distanza e altri fenomeni che progressivamente riducono il lavoro di diverse categorie”.

“Investire sulla formazione scolastica e universitaria prima e sull’aggiornamento professionale poi rappresenta una scelta obbligata nel contesto di digitalizzazione dei processi aziendali che stiamo vivendo”, ha commentato il presidente di Aica, Giuseppe Mastronardi. “Per essere in grado di dominare il cambiamento, anziché subirlo, occorre dotarci di strumenti culturali e operativi che ci consentano di rapportarci in modo efficace a un mercato del lavoro in continua trasformazione. Investire nella costruzione di una cultura digitale è perciò importante tanto quanto investire in asset di materiali e tecnologie”.

In realtà, la rivoluzione robotica compie l’inquietante prodigio di emancipare l’uomo dal lavoro (tu, uomo, lavorerai con gran sudore), ma non quadra il cerchio di garantire comunque reddito all’uomo emancipato. Il quale, quindi, di cosa vivrà? Quali retribuzioni e per quali mestieri percepirà, al fine di incassare quanto gli occorrerà per sfamarsi, abitare, vestirsi, curarsi?

Tutte domande chiare, quasi ovvie, alle quali dovrebbe essere la politica, e quella internazionale, a dare risposta. Ma con i chiari di luna di Strasburgo, si direbbe che non voglia darla.