Nel film Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim, Helm Hammerhand, leggendario Re di Rohan, guida con piglio e magnanimità il suo regno nella Terra di Mezzo, affiancato dai suoi figli Hama, Haleth ed Hera. Un giorno, durante un’udienza del re, si presenta a palazzo l’ambizioso Freca, che chiede la mano di Hera per conto di suo figlio Wulf. Al rifiuto di Helm, e della stessa Hera, fieramente padrona del suo destino di sposa, scoppia uno scontro che porta alla morte quasi inaspettata di Freca. Wulf, sconvolto e umiliato, giura vendetta. Si presenterà con un potente esercito per uccidere il re e la sua famiglia e prendere il potere. L’epica e sanguinosa battaglia finale si svolgerà nella roccaforte di Hornburg, che diventerà nota come Fosso di Helm.
Peter Jackson è tornato? Il nome del sacro regista della Trilogia degli Anelli compare fin dall’inizio, a ricordare che la storia di questo nuovo capitolo della saga è battezzato dal maestro neozelandese dello spettacolo tolkeniano, che ne è produttore esecutivo. Si viaggia nel tempo, 183 anni prima degli eventi di Frodo, Gollum, Gandalf, Aragorn, Saruman e compagnia bella.
L’operazione è santificata? Difficile dirlo. Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim fonde due passioni nerd ad alto tasso di rischio: l’anime giapponese, scelta produttiva cartoon, e la mitologia dell’anello, esplosa a partire dalla fonte “biblica” di Tolkien e convertita nei film di Jackson. Insomma, una cosa complicata. Inutile negarlo: le atmosfere della narrazione originale sono azzoppate dalle immagini e dalla trama dell’eroina disneyana che gioca a fare la rivoluzione, mentre i prevedibili dibattiti social tra puristi sconvolti e attenti detentori di verità filologica si sprecheranno. Ma c’è un ma. Ed è la memoria dell’evento cinematografico che fu, che si riesuma miracolosamente già dalle prime scene, con la musica dell’anello e la voce suadente e femminile che ci racconta la complicata storia di aggiustamento all’originale.
Con il suono epico, originale e reale, che permea le orecchie dello spettatore dall’inizio alla fine, immaginiamo di essere davvero in uno qualsiasi dei momenti di quelle nove ore di trilogia. Un assaggio di quel capolavoro cinematografico che è stato la trilogia degli Anelli.
Nello stesso tempo, in modo quasi dissociato, gli occhi seguono soltanto la sintesi disegnata di quella ricchezza visiva originaria, oscura e tenebrosa, che ci ha accompagnato per anni.
Le immagini dicono anime, i suoni dicono grande cinema, la storia dice Hollywood, o anche Zelda. Forse la qualità generale è mediocre, ma l’operazione è più che piacevole e l’eccitazione degli eserciti che si affrontano muove buone sensazioni nello spettatore, a patto che questo non sia nella lista dei puristi, inevitabilmente offesi nel profondo.
D’altra parte, Il Signore degli Anelli: La guerra dei Rohirrim nasce di fretta e furia per permettere alla New Line Cinema (che ha prodotto la trilogia di Peter Jackson) di non perdere i suoi diritti sulla terra di mezzo di Tolkien, altrimenti in scadenza. Bene, ce l’hanno fatta. E allora non ci resta che attendere nuove storie, più fedeli di questa, e – ci auguriamo – rigorosamente girate con una vera macchina da presa. Perché in nessun modo il disegno giapponese, pensato per la tv, potrà mai restituirci l’epica del cinema e delle sue emozioni.
E allora, che un nuovo anno cinematografico abbia inizio!
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