Nei giorni scorsi ha festeggiato il suo trentesimo compleanno, a Lamezia Terme, Sila Gum, l’azienda che produce caramelle gommose e gelatine di frutta in Calabria, esportandole in tutto il mondo. L’anniversario della costituzione della società, fondata l’8 maggio 1989, è stato l’occasione per i soci, i collaboratori e per quelli che furono gli ideatori iniziali del progetto di ripercorrere le motivazioni, i sacrifici, i successi e i momenti di difficoltà di tre decenni di storia imprenditoriale, umana e sociale.
Sila Gum nacque quando la Compagnia delle Opere muoveva i suoi primi passi, proprio nel triennio 1987-1989. Il fondatore e allora presidente della CdO, Giorgio Vittadini, dando corpo e tensione a quella che poi venne definita “un’amicizia operativa” spronava i suoi amici del Sud a implementare nuovi progetti imprenditoriali, eventualmente utilizzando anche gli strumenti che lo Stato metteva a disposizione, come la cosiddetta Legge De Vito (44/1986) sull’imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno, con lo scopo di creare nuove imprese che affrontassero alla radice i ritardi occupazionali, lavorativi e di iniziativa al Sud.
Fu da queste sollecitazioni di Vittadini che nacque l’idea su cui iniziarono a discutere Antonio Saladino e Antonio Agostoni, che erano diventati amici qualche anno prima frequentando l’università a Milano. Saladino, veterinario rientrato in Calabria dopo la laurea, con un’attenzione viva verso l’ambiente circostante e convinto che anche nelle più lontane periferie del Sud si sarebbero potute cercare e creare condizioni di normalità, di uscita dalle tre opzioni che a tanti sembravano le uniche possibile: quella del piegarsi alla criminalità locale, quella dell’attesa dell’assistenzialismo o del posto pubblico e quella dell’emigrazione. Agostoni è invece lecchese, figlio della famiglia che ha dato vita alla Icam, famosa azienda operante nella produzione del cioccolato.
Agostoni, costretto dalla normativa sulle agevolazioni a essere socio di minoranza, diventò ben presto il soggetto imprenditoriale di riferimento. Saladino, nell’alveo della CdO di cui era uno dei componenti del direttivo nazionale fin dalla sua fondazione, aveva iniziato a lavorare sull’aspetto educativo, circondandosi di giovani calabresi, la maggior parte dei quali neolaureati, stimolandoli e sostenendoli verso una ricerca di iniziative di lavoro autonomo, professionale o imprenditoriale, anche e soprattutto per quelli che non provenivano da famiglie di imprenditori o di affermati professionisti, soliti a garantire la prosecuzione delle loro attività ai loro figli, utilizzando forti barriere all’ingresso per tutti i neofiti.
Oggi, dopo trent’anni, Sila Gum è una delle pochissime aziende nate con la Legge 44 che continua a esistere, a produrre e a dare lavoro. Uno dei limiti di quella legge, e del suo modello di governo, era quello di valutare la validità astratta del progetto e di basarsi, ideologicamente, su un ruolo maggioritario di giovani disoccupati del Mezzogiorno, senza dare il giusto peso alla valutazione delle competenze, delle esperienze e della capacità imprenditoriale dei soggetti, giovani e meno giovani, coinvolti.
La forza di Sila Gum è stata, ed è tutt’oggi, quella di un’amicizia vera, di un tutt’uno tra le persone del Nord e quelle del Sud, soprattutto grazie al ruolo di Antonio Agostoni e del coinvolgimento, da parte sua, nel supporto all’iniziativa di competenze professionali della Icam, soprattutto quella del direttore generale Adelio Crippa, nel dare forza alla “piccola” impresa del sud.
In un video proiettato durante il trentennale, è proprio Giorgio Vittadini a raccontare com’è nata la Compagnia delle Opere e del dialogo in cui don Giussani sfidava la loro amicizia ad aiutare gli amici nelle loro attività e imprese (ricordava l’esempio degli amici e del vino di Alcamo). Da lì è partito tutto. Quella amicizia, generata da don Giussani che ha coinvolto Vittadini e poi ha finito col coinvolgere tutti coloro che hanno partecipato a questa sfida.
Il modello Sila Gum, sia pure nel suo piccolo e con i suoi limiti, andrebbe studiato per porlo come paradigma di come un certo tipo di sviluppo sia possibile anche al Sud. Dopo i progetti calati dall’alto dall’intervento straordinario della Cassa del Mezzogiorno, che fino agli anni Settanta ha dotato il Sud di un minimo di infrastrutture, oggi non più adeguato, ma che ha lasciato anche tante cattedrali nel deserto di un interventismo statale in cui mancava proprio il soggetto capace di essere imprenditore, si è passati al tentativo di lasciare gran parte della programmazione e della gestione alle Regioni, con un’evidente incapacità di spendere e di utilizzare in modo efficace le risorse comunitarie.
Qualche barlume di speranza, nonostante la crisi globale, vi era stato nei primi anni di governo di centrodestra della cosiddetta Seconda Repubblica e più recentemente, con gli strumenti quali il credito d’imposta al Sud e il piano Industria 4.0 avviati dai ministri De Vincenti e Calenda. Iniziative che avrebbero avuto bisogno di essere rilanciate dal governo attualmente in carica, ma che invece si stanno esaurendo. Invece, al Sud, è necessario, più che altrove, favorire gli investimenti, coinvolgendo la soggettività di giovani, lavoratori, imprese, cittadini del Sud che propongano loro progetti e mettano in campo le loro capacità realizzative.