È una grande gioia presiedere la celebrazione eucaristica. Per me questo è diventato un appuntamento direi familiare, un incontro con amici con i quali ho condiviso e condivido la passione per la politica, quella vera, che deve significare servizio, amore, preoccupazione e impegno per il bene comune.
Questa è la festa che il Signore ha preparato per noi. Si ha festa quando si ha il piacere di incontrare qualcuno, qualcuno che ci interessa, con il quale andiamo d’accordo, al quale vogliamo bene e per il quale siamo disposti a fare sacrifici.
Così dovrebbe essere la nostra Messa: un tempo di gioia, di felicità e di comunione perché ci si ritrova insieme, perché abbiamo la possibilità di incontrare Cristo nella Sua Parola e anche di mangiare il suo pane, un pane che egli stesso ci dà, anzi, come abbiamo ascoltato qualche settimana fa nelle nostre parrocchie, è un pane che non marcisce, un pane che per noi rappresenta la vita eterna. Questo pane è Cristo stesso, Egli infatti ci dice: «io sono il pane che viene dal cielo». Nessun fondatore di religione, fateci caso, ha mai detto: io sono il pane disceso dal cielo. Nessun famoso leader nella storia dell’umanità ha mai detto: io sono la via, la verità, la vita. Nessun uomo ha mai detto di essere il figlio di Dio.
Da duemila anni le parole di Gesù scandalizzano e affascinano: «Cristo è stato amato fino all’adorazione e odiato fino alla follia», osserva Blaise Pascal. E ancora G. Papini dice: «O Signore tutto quello che gli uomini potevano farti di male te lo hanno fatto. Milioni di Giuda ti hanno baciato dopo averti venduto e non solo per trenta denari e neppure una volta sola». Ma Dio, nonostante tutto, resta rispettoso della nostra libertà, perché solo la libertà dà senso e responsabilità alla vita umana.
Non l’aveva capito Sartre che mette in bocca a un personaggio di un suo libro queste parole rivolte a Dio: «Tu, Tu, non dovevi crearmi libero».
Il Vangelo odierno ci dice che Gesù mentre camminava con i suoi discepoli, a bruciapelo, dice loro: «Chi dice la gente che io sia ?». Essi risposero: «alcuni Elia, altri Giovanni il Battista» (Mt. 8, 27-35). Si tratta di un sondaggio di opinione. Attorno a Gesù si era creato un chiacchiericcio, dei pettegolezzi, ma anche un certo interesse.
Cari Amici, posso dirvi in modo direi simpatico, forse deludendo qualcuno, che i sondaggi non li hanno inventati i politici dei nostri giorni. Il primo interessato ai sondaggi è proprio Cristo. Il suo voler sapere il giudizio su di lui non avrà mai termine, durerà per tutta la vita.
Ma il sondaggio di Cristo è ben diverso da quello dei politici. A Gesù non interessa sapere, come con un termine moderno usiamo dire, l’indice di gradimento della sua persona, perché egli non è né capo politico né un rivoluzionario, né gli interessa quantificare i suoi seguaci.
Agli apostoli, lo abbiamo ascoltato nel Vangelo di qualche settimana fa, di fronte alla loro titubanza del suo insegnamento, Gesù dice loro: «volete andarvene anche voi?».
Nel Vangelo odierno Gesù chiede agli apostoli direttamente: «E voi chi dite che io sia?». Gesù chiede questo perché sa che il suo messaggio è duro e impegnativo, un messaggio che non ammette mediazioni e che non parla di onori e potere ma di amore e servizio, anzi il potere sta nel servire: «Tutta la storia degli uomini non è che il terrore del secondo posto», ci dice G. Papini; e allora non abbia ad accadere a noi quanto dice Fedro: «quanto più in alto un uomo sale, da tanto più in alto cadrà».
Gesù svela agli Apostoli il vero mistero della Sua persona e quindi il vero volto di Dio: «Cominciò a dire che il figlio dell’uomo doveva molto soffrire». Quale la reazione degli Apostoli: «Signore questo non ti accadrà mai».
In San Pietro prevale la paura dell’umiliazione, la paura di soffrire, la paura di perdere. Pietro ha paura: davanti al dolore del giusto e alla prepotenza dei malvagi entra in una crisi di paura. Pietro dimentica però che con Dio non si perde mai.
«Lontano da me Satana» (Mt. 8, 27-35).
Gesù è categorico: Dio è dalla parte degli uomini. Non sono i divertimenti che danno la felicità, ma soltanto la carità che spinge a consumarsi per ciò che veramente conta e resta eterno.
Oggi di fronte al fallimento delle società che hanno puntato tutto sul finto benessere dell’economia lasciando indietro milioni di uomini, donne e bambini che muoiono di fame o tanti giovani che consumano la loro vita nella droga allettati da false promesse di uomini senza scrupoli che sono sfruttatori di sofferenza e di morte e non salvatori, o meglio salvatori di niente e neppure di se stessi, Gesù ci direbbe: Stolti io vi avevo avvisato.
Ecco allora la soluzione: se qualcuno vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua. Egli ci invita a metterci alla sua sequela che non ci porta al Calvario, ma alla risurrezione; ci aiuta ad uscire dall’egoismo che è causa di infelicità. Siamo stati creati a immagine di Dio e Dio è amore.
Se un fratello o una sorella sono senza vestiti, dice San Giacomo nella seconda lettura, sono sprovvisti di cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «andatevene in pace, andatevene in pace riscaldatevi e saziatevi, ma non dà loro il necessario per il corpo, che giova?» (Gc. 2, 14-18).
Ci dice Don Luigi Sturzo: «Non esiste vera rivoluzione se non basata sui due principi di carità e di giustizia. La vera rivoluzione comincia con una negazione spirituale del male e una spirituale affermazione del bene».
La fede senza la carità è esteriorità. La fede con la carità è amore. Solo l’amore ci salverà, l’amore sarà la nostra salvezza;
Si solo l’amore. Amen.
Don Marco Malizia, cappellano militare – Comando Reparti Speciali Guardia di Finanza