Giuseppe Monteduro indirizza la sua lettera al Ministro Tremonti , in quanto responsabile degli affari economici all’interno del governo, ma i punti sollevati riguardano in realtà tutto il governo. Che viene invitato a porre precise scelte culturali alla base delle sue decisioni, ma a ben vedere è questo un problema che riguarda tutta la classe politica.

I motivi che hanno scaturito la lite tra il “capo” di via XX settembre e gli altri membri del Governo possono essere racchiusi in un metodo scelto da Tremonti di affrontare i costi della spesa pubblica. Durante il primo periodo della crisi (alcuni ritengono infatti che il peggio, da un punto di vista macroeconomico, sia passato) il Ministro Tremonti ha chiuso i rubinetti di tutti i dicasteri del governo Berlusconi. La linea è stata quella del dire: i soldi non ci sono per nessuno. Però questo ha retto finché Berlusconi non ha detto “taglieremo l’Irap” e Tremonti ha risposto che se si taglia lo si farà gradualmente.

Non voglio entrare nella diatriba politica, anche perché l’arena del caos vedo che ha già i suoi clienti abituali, ma vorrei evidenziare quattro punti che emergono da questa situazione, partendo però da una precisazione. Il problema, come sempre, è un problema di politica pubblica, ovvero un problema di quelli che sono i prodotti di un’autorità pubblica provvista di potere pubblico e legittimità istituzionale riconosciuta.

Ma qual è il problema e qual è l’autorità?

. Il primo dei problemi è lo scontro in atto tra due diverse autorità legittimate entrambe, in forma differente, a decidere cosa fare e cosa scegliere tra diverse opzioni. Cioè si sceglie la via del rigore o la via dei conti facili e delle spese folli? Oppure si allenta la corda e si spende poco più di prima o poco meno di quanto vorremmo? Ma prima di scegliere cosa fare e come farlo, c’è un nodo da sciogliere: qual è quell’autorità pubblica che è legittimata a operare scelte di politica pubblica? C’è un problema politico prima che di spesa, cioè un problema, un conflitto, tra due diverse autorità: l’una legittimata dal voto popolare, l’altra legittimata dall’autorità assegnatagli da chi ha avuto un diretto (solo in senso sostanziale) mandato elettorale. In questo senso è qui lo scontro tra il premier Berlusconi e il ministro Tremonti. Ed è qui che va risolta la situazione, perché senza capire chi, sarà difficile capire cosa può fare.

Il Ministro Tremonti, secondo me giustamente, ripropone il problema dei conti pubblici sottolineando che senza entrate si fa fatica a spendere, e che spendere in Italia ha sempre significato “spandere”, cioè elargire senza senso e indiscriminatamente (in realtà un senso le spese lo hanno avuto, ma era diverso, se non addirittura l’opposto, di quello per cui si era dato inizio alla spesa). Tremonti chiede rigore, chiede che ci si fermi con la politica del debito e del deficit continuo. Ma allora che fare? In un paese dove si può spender di meno che prima, la azione più sbagliata da fare sarebbe di spendere, come prima, negli stessi settori di prima, ma un po’ di meno. In un momento di crisi questo vorrebbe dire “tomba definitiva”, perché si spenderebbe poco e male, a differenza di prima dove si spendeva male, ma almeno era molto ed erano tutti più contenti.

Ora serve rigore, però serve un rigore differente: serve un rigore nelle scelte, nel merito. Siamo giunti al momento in cui chiediamo al governo di scegliere dove spendere, quanto spendere, facendo delle scelte strategiche, delle scelte di politica pubblica. Siamo di fronte al momento più importante per il nostro Paese: rifare i conti in tasca all’Italia e vedere quanto si può spendere. Fatto questo Ministro, bisogna scegliere: la scuola in primis, va tagliata laddove si ritiene che generi degli sprechi, ma va premiata laddove genera cambiamento e crescita culturale, umana ed economica. Non si possono trattare tutti allo stesso modo. Iniziamo a valutare chi vale e chi fa di tutto per non far nulla. La democrazia vince se sia all’inizio che alla fine siamo ad armi pari di fronte ad un unico metro di giudizio .

Per tutto questo è d’obbligo operare una scelta culturale: bisogna decidere dove si vuol andare, con chi e come, prima di spender dei soldi in quegli strumenti che ci permettono di percorrere la strada nel migliore dei modi. Bisogna decidere che posto ha la società civile per poi calibrare le spese in favore delle degli asili privati, delle scuole private. Bisogna decidere che ruolo ha il mercato per capire quanti soldi spendere nella rottamazione e quanti no. Bisogna decidere che ruolo hanno i ricercatori universitari, perché non serve soltanto l’aumento di 100 €. Se si ritiene siano utili allora li si paghi per quanto valgono. Mi sembra che spesso manchi questo. Manca l’idea di dove si vuole andare e così si sta fermi. Partiamo da questo caro Ministro. Partiamo.

Giuseppe Monteduro, dottorando in sociologia