Questo contributo di Caterina Misuraca prende spunto da un evento, Il Salone del Mobile a Milano per offrirci riflessioni sulla bellezza che vanno al di là dell’occasione che le ha stimolate e che rappresentano ulteriori spunti di discussione.
“La bellezza salverà il mondo”. C’è un senso estatico di pace e piacere che si respira a Milano in questi giorni. C’è il virtuosismo del colore, ci sono tutti i colori del mondo declinati in forme che solo a vederle appagano la mente, l’anima. Quei desideri irrisolti che giornalmente seppelliamo. E’ il trionfo del bello. E’ un istante di catarsi collettiva dalle scorie di una quotidianità avvilente, unta dal brutto imperante: cronaca nera più sporca che mai, politica scadente ormai in putrefazione. Il Salone del Mobile, ma soprattutto il tripudio di creatività che si tocca con mano nell’ampio raggio d’influenza del Fuori Salone – zona Tortona e dintorni – è la tregua dopo la tempesta. E’ il miraggio per il naufrago. Come dire: un altro mondo è possibile! C’è! E’ vero! Esiste tutto questo senso di bello. Belle idee, forme, geometrie perfette e infinitamente irriducibili.
Questo vortice di fantasticherie realizzate – reali – che possono toccarsi con mano sono il segno di una strada possibile. Possibile è il rispetto per l’ambiente sollecitato da tutti gli artisti impegnati nell’eco design. Possibile è un diverso modo di vivere “l’esterno” delle città, così come ci indicano le provocazioni del “Public design festival”. Se c’è impegno, passione, studio, ricerca, dedizione, follia e genio tutto si fa. E allora in questa settimana di elogio al design noi ci perdiamo in un sogno ancora più grande: quello della bellezza ovunque. Che per noi vuol dire: pace … perché la guerra, le stragi, le ingiustizie di un mondo soggiogato dall’odio vogliono dire che alla fine vince il brutto. Il bello invece è appagante. Dà sicurezza. Dà pace interiore. Dà benessere collettivo.
Ecco, non vuole essere retorica la nostra, non siamo degli illusi ma ci illudiamo di non essere gli unici a respirare un senso di nostalgia per ciò che non è per sempre. Non proponiamo un design week permanente. Assolutamente no! Ma sollecitiamo l’impegno a garantire questo senso di sublime bellezza – stile, colore, armonia, comfort – nell’ordine delle cose. Di tutte le cose. Sempre, non solo in eventi di contesti limitati che abbiano inizio e fine. La sfida potrebbe essere avvincente: irrorare di bello ogni angolo sperduto, ogni periferia, provincia desolata del mondo. Partendo dal nostro Bel Paese. Una lunga onda emotiva senza fine, senza confini. Perché anche a Milano basta allontanarsi di qualche chilometro dal nucleo pulsante di zona Tortona e non sarà difficile trovarsi davanti sfaceli nemmeno troppo nascosti.
Una bella sfida nella città meneghina la si sta già affrontando in concomitanza al design week, in zona Lambrate, precisamente nei dintorni di via Ventura dove insieme alle attività della Prometeo Gallery, della Massimo De Carlo stanno nascendo poli interessanti come il Progetto Un Day… E ancora il miraggio “azzurro” del padiglione Lambretto Art Project (LAP – Osservatorio sul contemporaneo ideato da Mariano Pichelet, in via Carlo Arrighi, 19) – inaugurato in questi giorni ospiterà progetti e proposte di giovani artisti e curatori indipendenti, ancora avvolto da un contesto di nascituri cantieri, ex padiglioni industriali dismessi, immobili da decenni. Quest’area ancora segnata da crepe, dove lenta sta insinuandosi la “bellezza” potrebbe divenire l’emblema di uno sforzo maggiore. Collettivo. Da esportare ovunque perché la diffusione della bellezza diventi una questione morale condivisa. Un monito. Un’esigenza da volere a tutti i costi.
Così come sottolineato da Fabio Novembre, architetto e designer, nel Manifesto del Presente come ismo, pubblicato sul Corriere della sera 20 Febbraio 2009, a cento anni da quello Futurista, >. E giusto “qualche anno prima” Platone nel “Fedro” <(…) l’anima se ne sta smarrita per la stranezza della sua condizione e, non sapendo che fare, smania e fuor di se non trova sonno di notte né riposo di giorno, ma corre, anela là dove spera di poter rimirare colui che possiede la bellezza. e appena l’ha riguardato, invasa dall’onda del desiderio amoroso, le si sciolgono i canali ostruiti: essa prende respiro, si riposa delle trafitture e degli affanni, e di nuovo gode, per il momento almeno, questo soavissimo piacere>>. </(…)>
Caterina Misuraca, giornalista free-lance