L’artigianato è parte importante della nostra economia, ma è anche un risultato della nostra storia e della nostra cultura millenaria di cui, come testimonia Roberto Alabiso, continua a trasmettere una bellezza che non deve andare perduta.
Non posso non chiedermi quale sia il significato di quanto accade oggi nell’economia. Sappiamo tutti che c’è la crisi dell’automobile, che le borse sono precipitate che le banche americane sono fallite: insomma la crisi è mondiale. Quotidianamente in ogni telegiornale, radiogiornale e trasmissioni varie se ne discute. Ma è difficile o quantomeno raro sentire la voce di qualche artigiano e, quando accade, immediatamente pensiamo all’idraulico o al meccanico, che è sicuramente un evasore fiscale, oppure a uno che si occupa di souvenir e che magari non li produce lui ma li compra in Cina. Sempre di meno si sa, e viene detto, che l’artigianato in Italia ha una tradizione millenaria e che la maggior parte delle opere d’arte in qualsiasi campo gli devono qualche merito.
I nostri governi, sia di destra che di sinistra, hanno sempre voluto credere che bastasse solo la passione a tenere in piedi un’impresa artigiana di fronte alla mole sempre crescente di adempimenti, balzelli e tasse, cresciuti a dismisura negli ultimi anni. Un artigiano per poter aprire bottega ha bisogno di due consulenti, uno fiscale e uno del lavoro, se sta poco bene o si ammala non ha diritto a nulla pur pagando Inps ed Inail, non ha diritto a cassa integrazione se ha dipendenti, con i quali spesso il rapporto è di amicizia oltre che aziendale e professionale; se non ce la fa a pagare in tempo tasse ed altro, tra more, diritti di riscossione interessi e spese varie per chi incassa (Serit, Agenzia delle entrate, ecc.), ogni ritardo si trasforma in un investimento ad alto reddito e infatti, tempo fa, ho preferito chiedere un mutuo per poterle pagare. Se mia moglie non lavorasse difficilmente potrei ancora fare l’artigiano e se mi chiedessero perché ancora faccio questo mestiere a 53 anni forse non saprei dare al “mondo”, che chiede sempre risultati valutabili soltanto economicamente e a brevissima scadenza, ragioni adeguate e convincenti.
Oggi lavorare come artigiani è diventato quasi un lusso che in pochi possiamo ancora permetterci; sì, è proprio un lusso, oltre che un bisogno a cui non posso più rinunciare. L’artigiano è colui che in ciò che fa mette tutto se stesso e la riuscita del buon prodotto per chi gli si affida non è opzionale, ne va del suo volto nel rapporto umano che nasce con il cliente, portatore di un desiderio a cui rispondere senza tradirne la fiducia. Il lavoro dell’artigiano è sempre destinato ad un altro, alla persona che gli sta di fronte con un volto preciso ed è soprattutto da ciò che in qualche modo ogni opera viene generata, ed è quindi a causa di circostanze sempre diverse, un “fatto” unico e irripetibile.
Questa possibilità di ricchezza non va perduta. Proprio oggi, nel mondo globalizzato, va sostenuta l’iniziativa di uomini che producono opere ed oggetti che hanno in sé il respiro della storia del nostro popolo e che dalla sua cultura millenaria traggono la forza per trasmettere una bellezza di cui c’è sempre più necessità, ma che diviene sempre più rara e se c’è è meno visibile, considerando che gli strumenti di comunicazione sono sempre più assorbiti da cose inutili, stupide e prive di durata.
Inoltre, per la loro modalità di realizzazione, i prodotti artigianali non sono riproducibili meccanicamente o sostituibili ed è questa la peculiarità che li rende inattaccabili dalla produzione massiva di Paesi da cui siamo invidiati per la nostra capacità creativa.
Roberto Alabiso, artigiano del vetro artistico