La costruzione di una moschea nei pressi di Ground Zero ha scatenato e continua ad alimentare negli USA e altrove una accesa polemica sull’opportunità di tale decisione. Il presidente Obama ha sostanzialmente approvato la costruzione della libertà religiosa, cardine della società americana. Gloria Capuano contesta questa posizione, con una “lettera aperta” a Obama, sottolineando in questa seconda parte, che non si tratta solo di un luogo di culto.
Sì, Obama, questo centro lo si contrabbanda come espressione della libertà religiosa, quando è ben altro, è occupazione di suolo, un precedente già ampiamente praticato dall’Islam, che può dare adito con il tempo a rivendicazioni sulla base dello jus soli. Può evocare anche, quale supposizione alquanto, forse, superficiale, la tecnica del bastone e la carota, l’attacco alle Torri Gemelle e lo schieramento legalitario prettamente americano spinto in avanscoperta sotto l’egida della civilissima libertà religiosa, la carota.
Io essendo una giornalista atipica, poiché Giornalista di Pace, non mi competono i fatti, le cronache, le citazioni, ma solo la ricerca dei significati di quanto accade o di quanto si dice o si scrive. Qui mi permetto una unica eccezione nel citare il saggio di N. Gibbs dal titolo “Gli Spazi Sacri” (TIME, Essay, 30 agosto 2010) con sottotitolo “Noi tutti li vediamo in maniera differente, allora come possiamo noi trasformare correttamente un suolo sacro in suolo comune?”
Ritengo che qui si trovi la giusta chiave di lettura di ciò che sta accadendo negli USA e che tu, Obama, non potevi ignorare. La Gibbs riporta il parere del produttore cinematografico K. Burns a proposito degli spazi sacri, il quale ricordandone diversi tra cui Gettysburg, Lourdes, il Grand Canyon e la stessa Gerusalemme, cita il Financial District di New York (ove insiste Ground Zero) per concludere che la pretesa di realizzare il progettato Park51 in questa area sacra mette in conflitto tra di loro valori come “tolleranza, sensibilità, pluralismo, patriottismo”. Quindi i significati che stanno a monte dei fatti e li determinano. E’ su questi significati che tu, Obama, avresti dovuto riflettere pubblicamente scavando nella tua stessa coscienza.
A me pare che questi quattro punti, se riflettuti adeguatamente, dicano tutto, perciò sento più forte la convinzione che tu, Obama, ne avresti dovuto parlare, anziché lasciare i tuoi “sudditi” in balia dei sentimenti più cocenti dettati dall’ esasperazione. Questa condizione di abbandono non poteva non slittare in una comprensibile insofferenza verso il mondo musulmano. Gli usuali sondaggi offrono le valutazioni numeriche di rito; tanto per indicarne uno: il 61% degli Americani è contro la costruzione di quel centro, moschea inclusa, il 26% è a favore e il 13% non risponde o non sa.
Infine esprimo una mia timorosa ma pesante perplessità su un dato del quale pare non si tenga conto come meriterebbe, che l’Islam non è una semplice religione ma un solo blocco granitico di guida della gente al contempo religioso politico e giuridico, senza possibilità alcuna d’intervento diretto popolare e tanto meno di una opposizione ufficializzata né di libertà d’espressione. Non tutto l’Islam per fortuna (ma in quale misura?).
Mi domando come mai questo profilo non venga mai trattato con l’urgente evidenza che gli spetta anche se un motivo potrebbe consistere per l’appunto nell’essere l’Islam una (turbolenta) galassia e non una unica stella. Purtroppo i vuoti di comunicazione e di conoscenza rendono difficile la quantificazione dei Musulmani che colludono con il terrorismo e di quelli che lo esecrano. Ma occorrerebbe anche capire quanto giochi nei diversi atteggiamenti la paura di essere colpiti da una fatwa, ciò che equivale a una condanna a morte.
Intanto gli oppositori si sbizzarriscono con sincero e profondo dolore con i più vari cartelli sul tipo “ Mai un Musulmano può dirsi ed essere veramente americano”oppure “Non abbiamo bisogno di conoscere i Musulmani, sappiamo chi sono a partire dall’11/9”.
Obama, con il tuo dire e non dire hai gettato benzina sul fuoco e hai dato anche adito alla tesi che abbia giocato in te il Musulmano che sei stato. Dopo la fiducia accordatati alle elezioni dai bianchi e non musulmani la tua assai poco trasparente presa di posizione davvero non ha aiutato e non aiuta la fratellanza tra tutti, di cui abbiamo un estremo bisogno. Eppure anche a tuoi occhi avrebbe dovuto risaltare ben evidente il concetto che gli spazi sacri vanno rispettati al di sopra di ogni altra valutazione sia generica sia giuridica. Tu non potevi ignorare questa prospettiva e da essa avresti dovuto partire.
Per innovare, Obama, occorre fantasia, coraggio e determinazione e tu in questo frangente non sei apparso dotato di fantasia, né di coraggio e tanto meno di determinazione. Hai deluso il tuo popolo che sta urlando la propria delusione.
Ora con la libertà di cui godo nel non detenere alcun potere e visto che a me compete solo la fantasia mi avventuro senza regole in proposte che possono apparire donchisciottesche. Io contemplo due vie d’uscita, la prima porterebbe acqua non solo al mulino della contesa pro e contro di cui abbiamo parlato, ma alla Pace nel mondo.
Questa visione si basa sui già citati spazi sacri dove non dovrebbe contare la comune edilizia. L’obbiezione più ovvia è che per alcuni sono sacri certi spazi e per altri no. Non solo, ma per questi altri possono essere ritenuti sacri gli stessi spazi ma per ragioni diametralmente opposte.
Per meglio spiegarmi colgo a volo una notizia (che però è da verificare) secondo la quale la moschea che si vorrebbe edificare sarebbe chiamata moschea della Vittoria. E allora viene spontaneo chiedersi: di quale Vittoria? Una moschea fin troppo attigua a Ground Zero a quale Vittoria può alludere? La fantasia avrebbe pronta più di qualche risposta, ma ritengo opportuno astenermi dal dettagliarle perché già così si evidenzia la necessità che il suolo sacro sia fatto salvo da motivazioni. Dovrebbe essere considerato sacro senza attribuzioni e motivazioni di sorta e solo in presenza di un sacrificio in vite umane.
E’ come dire di onorare un sacrificio…pur avendone cancellate le cause. Insomma qualche cosa di molto diverso dalla tanto celebrata memoria che rischia di mantenere per sempre aperte piaghe che viceversa con il tempo potrebbero rimarginarsi. Naturalmente l’idea va poi sviluppata con un unico intento, quello della determinazione a rispettare il sacrificio umano nel mentre che con la stessa determinazione s’intende universalizzare attraverso l’oblio il diritto alla Pace.
(A titolo di comune informazione riferisco che quando i Musulmani erigono una moschea detta della Vittoria sono soliti costruirla nel posto esatto dei simboli culturali nevralgici del nemico che essi hanno inteso cancellare e conquistare per l’Islam. L’inizio di tale prassi sembra risalire allo stesso Maometto quando conquistò la Mecca nel 630 D.C. e trasformò la Ka’aba in un centro islamico. Ma sull’argomento ci sono ulteriori e più dettagliate notizie e considerazioni che chiunque può reperire.).
La seconda via d’uscita si basa sulla ragionevole opportunità di stralciare dalle obbligate incombenze che regolano l’edilizia i progetti che vertono sulla costruzione di edifici religiosi sostituendole con differenti requisiti a garanzia dell’eguaglianza dei diritti costituzionali in fatto di religione. Per spiegarmi vado alla consuetudine almeno qui in Italia di espropriare dei suoli per necessità di utile sociale (raddrizzare curve pericolose, costruire autostrade e altro). Nel nostro caso la ragione che imporrebbe allo Stato di anteporre i suoi diritti particolari a quelli generici dei cittadini di un paese democratico, vedasi il diritto alla proprietà, quindi alla libertà delle compravendite di abitazioni o di superfici edificabili, s’impone ancora più drasticamente quando ad un suolo sacro si abbina la necessità di difendere il criterio indiscutibile di eguaglianza tra le religioni.
E davvero non si può parlare di eguaglianza tra le religioni quando una di esse possiede il potere economico di costruire un centro culturale polivalente con moschea dal costo iniziale di 100 milioni di dollari e altre che durano fatica anche a sopravvivere. Insomma nessuna religione da oggi dovrebbe prevalere grazie al potere economico di un capitalismo che regola oramai nel bene e nel male tutto il mondo. Le religioni dovrebbero dunque fare eccezione.
Mi dicono che nella tristemente celeberrima Coventry sia stata costruita una grande chiesa nella quale in ogni cappella è rappresentata una delle più note religioni. Certo si tratta di un modesto esempio ma quanto mai eloquente come indicazione della giusta rotta per il futuro.
Una legge dovrebbe dettagliare particolari misure e regole edilizie e di destinazione dei luoghi quando in ballo ci fossero differenze di potere economico a sostegno di una sola religione. Spiego che un centro culturale – religioso di grande importanza ed estensione ha diritto d’esistere solo se contestualmente si destinino equivalenti spazi per tutte le altre religioni nello stesso luogo. In altre parole nell’ambito religioso non dovrebbero dettare legge le regole dei comuni scambi commerciali. Nessuna religione oggi dovrebbe prevalere su altre grazie al potere economico. Questo se veramente vogliamo lavorare per la Pace.
La conclusione mi sembra ovvia, nello spazio sacro di Ground Zero (comprendente una zona che lo circonda di dimensioni da precisare) si ricostruisca per intanto la chiesa greco-ortodossa preesistente alla distruzione delle torri gemelle, quale testimonianza religiosa di epoche passate, e a significativa distanza dallo spazio sacro si conceda la costruzione di tutte le espressioni religiose che lo richiedano, nelle stesse dimensioni e costo.
Le costruzioni dovrebbero rispondere a un criterio di grande modestia, e non tendere a incombere su i fedeli, esse dovrebbero essere madri, un rifugio aperto alla preghiera e al soccorso e al conforto di tutti. Potrebbe essere l’inizio di un nuovo criterio di edilizia sacra. Mai più faraoniche opere, costosissime (mentre più della metà del mondo soffre la fame), più idonee a sottomettere fedeli spesso considerati colpevoli ante litteram, ma, al contrario, a indurre in loro una fiducia incondizionata nella loro fede, e sentirsi amati nella loro precaria e troppo spesso dolorante umanità. Se a molte di queste religioni mancasse perfino la modestissima forza economica prevista per costruire in questi limiti, dovrebbero le religioni più ricche finanziarle e al caso congiuntamente lo Stato. Come battuta melanconica, anche per non dover ammettere che anche per le religioni vale la forza dei petrodollari.
Tutto questo è utopico? Lo è, ma non vedo in quale modo sia possibile contrastare una civiltà di guerra se non con una progettualità utopistica. Per tornare all’interrogativo iniziale, tutto questo non è forse politica? (O–mi si perdoni la banalità–almeno da noi è politica solo un appartamento a Montecarlo?). L’utopia sta a coloro che governano renderla realtà. Ma compete soprattutto al Giornalismo di Pace rendere la gente consapevole di avere diritto alla Pace contro ogni tipo di fanatismo.
In conclusione danneggia la politica non solo americana l’”indelicata”, inopportuna, imprudente idea di costruire un centro culturale islamico nel luogo sacro circostante Ground Zero. E questo nel pieno rispetto della libertà religiosa.
Un segno di amichevole sensibile comprensione e tolleranza e ancora di più di inequivocabile volontà di Pace sarebbe la spontanea scelta dei Musulmani americani a costruire il loro centro culturale su un altro terreno non intriso di troppo dolore.
Gloria Capuano, Giornalista di Pace e scrittrice