“La fortuna la creiamo” mettendo a frutto con il nostro lavoro le capacità che ci sono state donate. È l’opinione di Antonella Lucato, che per difendere la dignità della propria opera ha rinunciato a mesi di lavoro.
É una giornata di pioggia torrenziale, suona il telefono, m’avvisano che è arrivata una lettera, anzi una raccomandata, per precisione. “Chi la manda?” “É dell’Editore” m’informano.
Stavano lavorando alla copertina del mio libro: Il “Fattore F” Il senso della fortuna tra mito e realtà”, in uscita a settembre. La fortuna la creiamo, era il concetto chiave del libro.
L’editore mi aveva informata della sua decisione di cambiare il titolo: da il “Fattore F” a il “Il Fattore C “con chiaro riferimento al “c…”. E mettere come sottotitolo: “Il ruolo della fortuna nella nostra vita. Esiste un perché se gli altri sono fortunati e tu no o è solo merito del c…?”
Mi son chiesta se il concetto che avevo espresso nelle oltre duecento pagine del libro non fosse stato abbastanza chiaro, se fosse stato considerato che il libro conteneva un concetto totalmente differente. Sta di fatto che mi ritrovavo con un titolo che stravolgeva completamente il senso del messaggio del libro.
Quel “Fattore C” in copertina strideva come un’unghia sulla lavagna. Sviliva e mortificava le storie di “creatori di ricchezza” raccontate e anche la mia storia personale e professionale. Non ho avuto “Il Fattore C”, non l’ho inseguito né desiderato. Sono una visionaria che crede che la fortuna te la crei con il talento, il lavoro, la determinazione e l’impegno.
Nel libro la fortuna era raccontata come viene dipinta nell’antico mito greco, una dea tanto invocata ma sulla quale non fare affidamento. Arriva quando vuole, spesso senza essere stata invitata, senza una logica o giusta ragione e così com’è venuta se ne può andare, senza avvisare, e rincorrerla è inutile, ha piedi alati e fugge veloce.
Le storie di personaggi, imprenditori e aziende raccontate nel libro erano esempi di chi aveva saputo creare fortuna mettendo a frutto le proprie abilità: doti e talenti, fiuto e ingegno, impegno, una visione che han saputo attuare nella realtà. Certo le condizioni favorevoli aiutano ma non si può solo attribuire alla fortuna il successo o alla sfortuna l’insuccesso.
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E quando la strada è irta di ostacoli, non si risolvono i problemi dando la colpa alla sfortuna come fosse una dea maligna. Le viene spesso attribuito più potere di quel che ha e dimentichiamo di fortificare il nostro potere interiore, l’autentica risorsa sulla quale far affidamento per trovare soluzioni in momenti di difficoltà.
Quella “raccomandata” annunciava che la mia proposta di cambiare il titolo per salvaguardare l’anima del libro non era stata accolta. O accettavo il “Fattore C o niente” al posto del mio libro ne sarebbe stato pubblicato un altro .
Nove mesi di lavoro, andavano in fumo, nonostante un contratto già in mano, per via di quel “Fattore C”. L’Editore nella sua logica commerciale asseriva che: “Il “Fattore C è un titolo più provocatorio del Fattore F con maggiori possibilità di esser posizionato e vender copie sul mercato”.
Forse, considerati i linguaggi che circolano in certa tv, radio, giornali e libri poteva anche aver ragione ma…m’immaginai entrare in libreria e vedere sullo scaffale un libro con stampato quel titolo che non c’entrava niente con la mia storia né con quella del mio libro. Come mi sarei sentita?
“Chi credi che colga la differenza tra Fattore F e Fattore C ? Fossi io ad avere il contratto in mano di un editore che non chiede soldi per pubblicare non starei a pensarci tanto” era il pratico consiglio di Marco, ma le parole di Francesca, un tempo mia allieva e ora amica mi risuonavano dentro “fai quel che mi hai insegnato: credi in te e nella dignità del tuo lavoro”.
Non c’era modo di conciliare quel “Fattore C” con l’anima del libro pertanto rinunciai. Per salvare la dignità del proprio lavoro è meglio non uscire che uscire con un titolo di cui non andar fiera.
La fortuna non sembrava essere dalla parte del mio libro.
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Ho cominciato a riflettere sul senso di quell’esperienza? Che cosa mi stava insegnando? Dove stava portando la mia scrittura? Le domande ci costringono a guardare più a fondo. A trovare un senso a quel che accade.
Nuove spinte, energie, intuizioni, desideri e necessità premevano dentro per trovare una via di espressione. Ancora non so dove porteranno, come troveranno voce. Ci son ragioni che van oltre le vendite, oltre il successo di vendita, ci son cose alle quali senti che non puoi far a meno di dedicarti, fan parte di quella grande tela che è la vita.
Il timore di non riuscire a portare alla luce quel che è rimasto a lungo dentro in profondità silente, che possa non trovare una collocazione degna del progetto che avevi in mente. L’ansia di non riuscire a portare a compimento le idee che si accavallano come onde di un mare inquieto, son sfaccettature dell’esistere. Aprono a riflessioni sul senso dell’espressione, della comunicazione, del successo. Fortuna o sfortuna spesso son solo facce del nostro modo di leggere quel che accade.
Da dove ripartire? Quel “Fattore C” una svolta l’ha messa in moto, ancora non so dove porterà, il percorso non è ancora del tutto definito ma è già iniziato, un nuovo libro sta prendendo forma.
Antonella Lucato – giornalista e scrittrice