Laura Montedoro ha mandato,subito dopo la manifestazione del 13 febbraio 2011, questa lettera per denunciare quella che ritiene una mistificazione di quanto avvenuto nelle piazze italiane e per esprimere la propria critica alla attività del governo e ai comportamenti del Premier Berlusconi.

In queste settimane assistiamo ad una contrapposizione sempre più aspra tra presunti, pericolosissimi, puritani- moralisti-giacobini e paladini del liberalismo e pur’anche (udite udite!) del perdono cristiano.

E’ evidente che in questa rappresentazione della realtà è in atto una pesante mistificazione di quanto è avvenuto nelle piazze italiane che, piaccia o no, è stato straordinario.

Una sintesi piuttosto prossima al vero è che una parte del paese è antigovernativa ed è scesa in piazza in centinaia di migliaia a chiedere a gran voce le dimissioni del Capo del Governo (attiva da mesi: non dimenticherei infatti le mobilitazioni anti-Gelmini); e una parte del paese è filo-governativa e difende le azioni del Cavaliere, sempre e comunque.

Dunque, nulla di strano, si potrebbe dire. E invece no.

La parte antigovernativa avrebbe la grave colpa di esprimere un giudizio circa l’idoneità del proprio Premier a svolgere adeguatamente la sua funzione di presidente del Consiglio; di più: osa chiedere addirittura il rispetto della legge, la difesa della Costituzione e il decoro dell’immagine pubblica del leader del Paese, e per tale motivo può essere liquidata come una massa vergognosa di odiatori professionali (e poi, in ordine sparso: comunisti, moralisti, giustizialisti, incoerenti, bacchettoni, spioni, squadristi, ecc., ecc.).

Con probabilità piuttosto alte, all’interno di questo dissenso vi è anche un bilancio assai critico sull’azione politica di questo governo, ben oltre l’indignazione per il quadro emerso dalle intercettazioni di queste settimane che, in ogni caso – ben al di là del seguito giudiziario – porta in luce un lato oscuro quanto meno imbarazzante per un uomo pubblico; intercettazioni, che – vale la pena ricordarlo – sono cominciate con una improvvida telefonata dello stesso Premier in una Questura milanese.

Ma questo aspetto prettamente politico del dissenso, che nulla ha a che fare con ostilità personali verso l’uomo Berlusconi e che attiene alle azioni e non-azioni di Governo, viene sempre sapientemente taciuto e si sposta il piano della contesa sul piano delle scelte personali (!).

 

La costante e pervicace delegittimazione del dissenso, attraverso etichettature gravemente offensive e distorcenti rispetto alle questioni poste, è un tratto distintivo dello stile di questo governo, apertamente inaugurato nella vita repubblicana dal nostro Premier. E’ una delle cose per cui a me, moderata, non è mai piaciuto. Non si entra mai nel merito delle critiche sollevate, ma si urla forte “al traditore”, che può essere via via comunista, invidioso sociale, studente sfaccendato e fuori corso, signora radical-chic, anti-italiano, violento, ecc. ecc..

 

Una serie di epiteti e di luoghi comuni, quasi sempre datati e fuori tempo; tanto per dirne una, per moltissimi dei contestatori il PCI è una sigla studiata nei libri di storia; il ’68 anche (dunque testimonianza di un paese di vecchi che parla ai vecchi). Uno stile, ahimè, che ha fatto scuola e che si è diffuso in molti luoghi del potere, anche tutt’altro che filo-governativi (e questo è un danno irreversibile alla cultura politica di questo Paese, di qualunque parte si sia).

 

L’altro aspetto che trovo pericolosissimo nei fatti di questi giorni è l’invocazione dell’impunità sulla base di un mandato elettorale, del consenso popolare. E trovo inaudito che sia l’argomento più ampiamente utilizzato anche dai sostenitori del Presidente. Non ci si accorge che si cerca di far passare un concetto gravemente lesivo della democrazia, qualcosa in odor di dittatura? E, lo ripeto, questo va ben al di là dell’uomo o della parte politica. Questo elementare principio di difesa della democrazia mi farebbe scendere in piazza contro qualunque partito al Governo. L’arroganza e lo spregio delle regole sono inaccettabili. Come le bugie; e ne abbiamo sentite molte negli accorati videomessaggi entrati nelle case degli Italiani.

Questa folla che scende in piazza è in realtà una moltitudine difficilmente riducibile ad un tipo sociale ed elettorale. Un milione in piazza, un milione di teste pensanti con le loro ragioni: donne e uomini, giovani e vecchi, intellettuali e impiegati, studenti e operai, moderati ed estremisti, atei e cattolici, conservatori e progressisti, con un desiderio comune: la richiesta di rigore nella gestione della politica.

 

E d’altra parte, questo è un dato facilmente verificabile attraverso la lista dei nomi delle partecipanti: Giulia Buongiorno (già avvocato difensore di Giulio Andreotti e deputato di Alleanza Nazionale, una “pericolosa sovversiva”?), suor Eugenia Bonetti (missionaria della Consolata, una famosa “eroina della sinistra”?), il Maestro Maurizio Pollini (già Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana e Medaglia d’oro per la cultura, un “infido congiurato”?), ecc. ecc.

 

La “questione morale”, intendiamoci, non riguarda “vallettopoli” e affini, o quanto meno non solo. E’ questione assai più profonda e pervasiva. Attiene allo stato di salute della democrazia di un Paese. La cultura del favore, della corruzione e della concussione porta danni, in tutti i sensi; anche all’economia, perché solo una vera meritocrazia potrà promuovere una crescita dell’Italia. Non si tratta di mortificare la carne o di ingerenza nella vita privata delle persone.

 

Nessun inquisitore, nessun peccatore, nessun puro. Solo una società civile che chiede un comportamento corretto e adeguato (etico) da parte dei suoi eletti. Una richiesta trasversale, che dovrebbe stare a cuore a tutti gli Italiani.

 

Anche l’Opposizione dovrebbe stare attenta a questa piazza: il cosiddetto “popolo della sinistra”, indubbiamente parte consistente dei dimostranti, urla (tra le righe) che è in atto una crisi di rappresentanza politica senza precedenti: urla la richiesta di elezioni, la necessità di un’alternativa credibile, forte, coesa, coerente, e di un progetto convincente per il Paese che ora non c’è; anche nell’altra parte del Parlamento c’è la richiesta di una destra sana, di uno scontro politico leale, di ministri competenti e onesti.

Moltissimi detrattori di queste iniziative hanno richiamato l’intervento del tredicenne al Palasharp come un fatto altamente negativo; anzi: come il segno ineludibile dell’indottrinamento e della diffusione dell’odio politico. Io ero al Palasharp e, lo ammetto, anche a me non è piaciuto che quel ragazzino salisse sul palco perché, per il senso di quel pomeriggio non lo trovavo adeguato (credo che sia stata una scelta intenzionalmente provocatoria da parte degli organizzatori quella di dare voce ad un minorenne, forse non delle più felici).

 

Pur tuttavia, trovo assolutamente salutare che i ragazzi abbiano un’attenzione alle cose della politica. Un’educazione civica – un risveglio delle coscienze, della vigilanza sul potere, dell’interesse per la sfera pubblica dell’esistenza – che può essere salutato solo come un fatto positivo; un segnale di speranza.

 

In ultimo, una nota sul nostro elefantino “smutandato”: il caro Ferrara, che oggi fa il paladino del libertinismo, del commercio dei corpi, dei vizi capitali e dei peccatori (perché “chi sono io per giudicare”?cit.), dove teneva nascosta cotanta cristiana comprensione quando faceva crociate contro le donne e il loro diritto di abortire? Mi spiace, ma alla sua buona fede proprio non posso credere e come leader della culturale liberale non è credibile. E se un Paese che si sveglia e fa sentire la propria voce indignata – in modo del tutto legittimo e non violento – fa un “golpe morale”, allora ben venga il golpe morale!

 

Laura Montedoro