13 minuti di applausi al Festival di Cannes 2019 per Il Traditore di Marco Bellocchio, uscito nelle sale italiane il 23 maggio 2019, in occasione dell’anniversario della strage di Capaci. Al centro dell’ultimo lungometraggio del regista di Bobbio Tommaso Buscetta, una delle figure più enigmatiche della mafia siciliana e allo stesso tempo fondamentale per scoperchiare il mondo di Cosa Nostra. Don Masino (Pierfrancesco Favino), conosciuto anche come il boss dei due mondi, è il cardine di un racconto fatto di violenze e di drammi, che parte dalla festa di Santa Rosalia del 1980, il giorno dell’accordo di facciata tra corleonesi e palermitani, e attraversa morti e processi, fino alla bomba di Capaci e ai suoi risvolti (anche politici). Dall’arresto in Brasile all’estradizione in Italia, fino all’amicizia con il giudice Giovanni Falcone (Fausto Russo Alesi) e il maxiprocesso alla mafia con protagonisti Totò Riina (Nicola Calì), Pippo Calò (Fabrizio Ferracane) e l’altro pentito Salvatore Contorno (Luigi Lo Cascio): un biopic che rende affascinante la figura di Buscetta, ma che non lo rende né un eroe, né un santo.
Vendette e tradimenti, verità e bugie, incubi e amore: Tommaso Buscetta è raccontato da una prospettiva inedita, con Marco Bellocchio che ha il grande merito di rappresentarlo con uno stile lineare e cronachistico, variando dal sangue e le sparatorie alla dimensione psicoanalitica, più propria del regista. Una grande operazione stilistica: la mafia come un grande teatro, don Masino come un personaggio tragico shakespeariano. Il carisma e le contraddizioni, l’onore e le ambiguità di un traditore che tiene sempre a precisare: «Io non sono un pentito».
Lui infatti non si sente un traditore, non ritiene di aver distrutto Cosa Nostra: Cosa Nostra si è distrutta da sola, lui è un vero uomo d’onore mentre gli altri non hanno tenuto fede ai principi delle origini. Un racconto, quasi eroico, della mafia che è proprio di Buscetta e del mondo criminale, contrastato dal ritorno alla realtà di Falcone, che rappresenta in tutto e per tutto la giustizia. Il rapporto tra il magistrato e don Masino è rimasto nella storia ed è ricco di particolarità, dal pacchetto di sigarette offerto alla stretta di mano, ma Bellocchio è abile a mostrare allo spettatore un altro aspetto: la fiducia che avevano l’uno nell’altro, nonostante Falcone fosse ben conscio di alcune bugie di Buscetta, definitosi solo “un semplice soldato” e tendente a omettere diverse peculiarità del suo trascorso mafioso.
Il traditore è un traditore su più livelli: innanzitutto nei confronti di Cosa Nostra, visto che le sue dichiarazioni al Maxiprocesso portarono all’incriminazione di 455 mafiosi e all’arresto di 366 persone; in seconda battuta, nei confronti della sua famiglia palermitana mentre si trovava in Brasile, la guerra tra palermitani e corleonesi portò all’uccisione di due figli e un fratello, con la sorella che in mondovisione rinnegò la parentela; infine, nei confronti dello Stato: dopo la strage di Capaci fece il nome di Giulio Andreotti e parlò senza troppi giri di parole di una trattativa tra Stato e mafia. La sceneggiatura è uno dei punti di forza proprio grazie alla sua capacità di tenere insieme tutto questo e molto altro, senza far perdere i riferimenti allo spettatore e garantendogli una narrazione lineare.
Il dramma e il cinema politico, dunque, con Il traditore che può disporre di un cast semplicemente straordinario. Pierfrancesco Favino, che ha preso dieci chili per vestire fedelmente i panni di Tommaso Buscetta, è in stato di grazia: è la sua miglior interpretazione di sempre, superlativo nel saper trasmettere allo spettatore le emozioni e i pensieri del boss dei due mondi. Ma anche gli altri non sono da meno: Maria Fernanda Cândido (interpreta Maria Cristina de Almeida Guimarães, terza moglie di Buscetta) lascia il segno, Nicola Calì offre una delle interpretazioni più credibili di Totò Riina, così come Fausto Russo Alesi nei panni di Giovanni Falcone. Una menzione particolare per due degli attori più bravi del nostro cinema, ovvero Fabrizio Ferracane e Luigi Lo Cascio, rispettivamente Pippo Calò e Salvatore Contorno: il primo è protagonista di una delle sequenze più belle del film, un piano sequenza al maxi processo che lo vede contrapposto a Buscetta, mentre il secondo rappresenta l’unico legame di amicizia vero per don Masino e non mancano i siparietti che strappano un sorriso.
Girato come solo un grande regista del calibro di Bellocchio sa fare, il film è completato dal commento sonoro sublime di Nicola Piovani (varia da Va’ Pensiero a Historia do un amor di Guadalupe Pineda, tanto per capirci) e da scenografie e costumi che ci fanno tornare indietro di 40 anni in un solo colpo. Il Traditore è uno dei film più belli e importanti degli ultimi 20 anni, a fine maggio abbiamo trovato il candidato italiano agli Oscar per il miglior film straniero: lunga vita a Marco Bellocchio.