Il velo verde a fasciare la testa di Silvia Romano ora Aisha, con cui la ragazza si è ripresentata in Italia dopo la sua liberazione dal rapimento in Africa e segnale più evidente della sua conversione all’Islam, fa discutere non poco le femministe. Nadia Riva, femminista storica di Milano, tra le fondatrici negli anni Ottanta del circolo Cicip & Ciciap (gruppo femminista fra i più radicali) ha acceso la miccia con un post su Facebook: “La struggenza di una donna sorridente in un sacco verde della differenziata“.
Il dibattito fra le donne sul velo islamico (e non solo) si è subito infiammato in Rete. Il velo è da sempre visto dalle femministe come il simbolo dell’oppressione maschile e patriarcale sulle donne, più che come un elemento identitario legato all’appartenenza religiosa. Silvia Romano, che ha detto di chiamarsi Aisha e ha dichiarato di essersi convertita per “libera scelta”, si è mostrata in pubblico e davanti alla telecamere indossando un velo che le copre interamente il capo e le vesti quasi fino ai piedi, lasciando scoperto solo il volto.
A molti questo non è piaciuto: c’è naturalmente chi ha esagerato, riempiendo Silvia Romano di insulti che hanno reso necessaria la scorta, ma senza dubbio la vicenda ha punti oscuri che vanno a toccare anche il ruolo della donna nel mondo islamico, di cui il velo è evidentemente il simbolo. Così, anche fra le donne si è aperto il dibattito.
IL VELO DI SILVIA ROMANO: POLEMICA FURENTE TRA LE FEMMINISTE
C’è chi condanna il velo e tutto ciò che questo implica, come appunto Nadia Riva, che ha usato l’immagine forte del sacco della spazzatura e che ha precisato a La Repubblica essere “una provocazione per aprire un dibattito, non un attacco a Silvia Romano“. Provocazione evidentemente non apprezzata da molte all’interno dello stesso mondo delle femministe.
Ad esempio non è affatto d’accordo Loredana Lipperini, scrittrice e giornalista di Radio 3 che, raggiunta al telefono sempre da Repubblica, ribatte con forza: “Non c’è niente di nuovo: l’abitudine a giudicare le donne da come si vestono è vecchia, vecchissima, probabilmente inestirpabile. Non parlo degli odiatori. Non parlo delle donne e degli uomini di destra o islamofobi. Parlo di donne e uomini che conosco e che blaterano sul ‘sacco della spazzatura verde’ indossato da questa ragazza al momento dell’arrivo in Italia, sulle domande sulla sua gravidanza, su tutto il soccorrevole, e comunque feroce, pettegolezzo con cui ci si sente in diritto di parlare di lei come se si stesse commentando Sanremo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Pinuccia Barbieri della Libreria delle Donne di Milano: “Credo che Silvia Romano vada rispettata nelle sue scelte e per la difficile esperienza che ha vissuto. Prima di giudicarla, bisogna darle il tempo di recuperare le forze e di stare con i suoi cari. Grave che un attacco del genere in un momento di polemiche già così accese venga proprio da un’altra donna”.
VELO DI SILVIA ROMANO: LA RISPOSTA DI NADIA RIVA
La sensazione dunque è che pure tra le femministe ci siano due livelli differenti di analisi della questione, che fanno fatica a parlarsi. Chi si concentra solo sulla difesa di Silvia Romano dagli attacchi che ha subito in questi giorni e che dunque comprende anche il “sacco della spazzatura” tra le cattiverie e chi invece vorrebbe allargare la questione alla condizione femminile nell’Islam, pur utilizzando una immagine che nel pieno della bufera mediatica è stata certamente infelice.
Nadia Riva ha dunque voluto precisare: “Ho scritto quelle frasi certo non contro quella ragazza, non so perché l’hanno letto come un attacco a Silvia Romano: io mi propongo il tema del corpo delle donne che da una vita gli uomini cercano di cancellare. Io ho avuto questo conato di tristezza e di dolore, vedendo questa giovane sorridente messa in un sacco come a volerla eliminare, cancellandone l’identità. Questo solo volevo dire, non attaccare lei, poi detto da me, evidentemente non mi conoscono come persona e come storia. Mai nella vita mi sarei sognata di attaccare la ragazza”.
Riva si dice sorpresa asnche degli attacchi che ha dovuto subire per questa sua posizione: “Si vede che quelle che mi criticano sono donne che non hanno nessuna pratica della critica femminista. Io non me ne pento. Non posso pensare che la sua scelta sia autonoma. Simbolicamente ci vedo tutto il disastro delle donne che ancora subiscono. Molte con la scusa di difendere tutti gli oppressi della terra, compreso i terroristi, sbagliano. Io difendo le donne e chi le tocca per me va fuori dal mio raggio di comprensione”.