Per sconfiggere il covid serve il vaccino, ma per fare in modo che la somministrazione del siero risulti agevole, bisogna modificare la stessa. Ne è convinta la professoressa universitaria e virologa, Ilaria Capua, che attraverso le colonne del Corriere della Sera, esterna la sua visione del futuro non tanto lontano: “Ci vuole una strategia che si basi sull’abbandono (finalmente) della catena del freddo per conservare, distribuire e somministrare i vaccini. Un mondo totalmente interconnesso deve capire che i vaccini del futuro dovrebbero essere recapitabili per posta e auto-somministrabili. Niente file, niente chiamate, niente viaggi in tanta malora per questa puntura salvavita”.



Per farlo bisognerà riuscire a rendere i vaccini esistenti stabili anche a temperature ambiente, come la stragrande maggioranza dei farmaci “la distribuzione – sottolinea – e la somministrazione rivoluzionerebbe davvero le nostre potenzialità di erogare prevenzione”, e le dosi giungerebbero anche in quegli angoli del mondo, si pensi ad esempio ai numerosi villaggi africani poverissimi, dove non vi è accesso all’elettricità.



ILARIA CAPURA: “QUESTO MOMENTO DI CONSAPEVOLEZZA RISCHIA DI PASSARE…”

Un’altra sfida in quanto a vaccini covid, è quella di modificare anche le modalità di somministrazione, ovvero, non solo tramite agopuntura, ma anche “in formato cerotto, spray, chip – prosegue ancora Ilaria Capua – che possono arrivare a destinazione anche senza un involucro gigantesco e refrigerante, che a oggi si è mostrato uno dei principali colli di bottiglia della logistica”. La professoressa descrive l’argomento come un dibattito che “plasmerà il futuro delle nostre società e proprio per questo motivo al tavolo ci devono stare tutti”, e bisognerà farlo subito, fin da ora, investire sul potenziamento dei virus e dei vaccini “perché questo momento di consapevolezza non ripasserà fino alla (ahimè) prossima pandemia”. Infine un commento sui laboratori sparsi per il mondo che trattano i vari coronavirus, a cominciare da quello forse più famoso, di Wuhan, verso cui numerosi Paesi occidentali puntano il dito. La Capua invita a porre un limite a queste attività, domandandosi: “Vogliamo trovarci fra un decennio con migliaia di laboratori che sviluppano potenziali virus rafforzati? Più contagiosi o più letali che rappresentano un rischio per l’umanità anche soltanto in quanto esistenti?”.

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