Ilaria Cucchi si dice arrabbiata e delusa dopo che la Procura di Ferrara ha deciso di chiudere le indagini a carico di un medico, che nel 2018, definì la stessa sorella di Stefano una «mitomane pronta a tutto», aggiungendo che «La morte di suo fratello si è rivelata essere una gallina dalle uova d’oro per lei e per la sua famiglia». Ilaria ha deciso di scrivere una lettera di proprio pugno al ministro della Giustizia Bonafede e al procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione, in cui si legge: «Sono Ilaria Cucchi – missiva riportata nelle scorse ore dal Corriere della Sera – ota a tutti per essere la sorella di Stefano, morto ammazzato mentre era nelle mani dello Stato, dopo un arresto eseguito da alcuni carabinieri la notte del 15 ottobre 2009. Ho detto “nota” perché questa è la mia grande colpa: 120 udienze, undici anni di processi e, soprattutto, le terribili condizioni nelle quali io e i miei genitori siamo stati costretti a riconoscere il povero corpo martoriato di mio fratello, ci hanno resi noti. Famosi».



ILARIA CUCCHI, LETTERA A BONAFEDE: “L’HATER NON HA CHIESTO NEMMENO SCUSA”

La sorella del geometra vittima di un noto caso giudiziario iniziato nel lontano 2009, aggiunge e conclude spiegando di non «avere mai perso la fiducia nella giustizia, continuando a portare rispetto per le istituzioni. Mano a mano però che ci stavamo avvicinando alla verità, siamo sempre più stati oggetto di attacchi beceri, insulti e minacce di morte». Ilaria ricorda come i suoi genitori «hanno perso la salute: invecchiati sui banchi delle aule dei tribunali, piegati dal dolore e dalla malattia. Questo non ha fermato gli haters, sempre più aggressivi e violenti. Fanno male. Aggiungono dolore al dolore. Ci consumano». In merito all’indagine del 2018, Ilaria ha sottolineato l’archiviazione nei confronti del medico in quanto il suo commento “non integra la fattispecie della diffamazione, in quanto scriminato dall’esercizio del diritto di critica”: «Pensate che l’autore ne ha riconosciuto la paternità e si è detto disposto, eventualmente, a chiederci scusa per aver agito d’impulso. Il procuratore di Ferrara – conclude – ha pensato bene di risparmiargli l’onere, certificando l’infondatezza della notizia di reato. Una bella pacca sulla spalla e il medico è libero di insistere. Tutti i cittadini sanno che ora avranno via libera».

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