Del suo caso hanno parlato anche il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il suo pari grado ungherese Viktor Orbán, che si sono sentiti in vista del Consiglio Ue di giovedì 1° febbraio. Lei è Ilaria Salis, l’italiana di 39 anni in carcere da undici mesi in Ungheria per aver partecipato all’aggressione di due estremisti di destra in occasione di una manifestazione neonazista. Le sue immagini in un’aula giudiziaria con mani e piedi legati da catene e trascinata quasi al guinzaglio dagli agenti hanno colpito l’opinione pubblica e riacceso i fari sulla sua situazione. Ora sono stati attivati i canali diplomatici per cercare di migliorare le sue condizioni di vita dietro le sbarre e di portarla in Italia ai domiciliari in attesa del processo e della sentenza relativa alla vicenda che la riguarda. Purtroppo a suo favore, spiega Enzo Cannizzaro, ordinario di diritto internazionale nell’Università di Roma La Sapienza, non ci sono norme specifiche da invocare, anche se potrebbe essere evidenziata una violazione della dignità della persona secondo le norme della Convenzione europea dei diritti umani. Prima di fare ricorso alla Corte europea, invece, bisogna esaurire tutti i gradi di giudizio del Paese dove si svolge il procedimento penale.
Professore, hanno molto colpito in Italia le immagini di Ilaria Salis tradotta in un’aula giudiziaria incatenata mani e piedi e condotta quasi al guinzaglio da agenti della polizia penitenziaria. Ci sono delle norme riconosciute a livello europeo cui ci si può appellare per impedire questo trattamento?
Non ci sono norme specifiche da invocare. Le norme dell’Unione riguardano prevalentemente le questioni transnazionali. Gli Stati membri rimangono liberi di determinare le condizioni di carcerazione. Potrebbe esservi, però, una violazione dei principi di dignità della persona, tutelati dalla Convenzione europea dei diritti umani. La Corte europea ha condannato vari Stati membri per la situazione nelle carceri, inclusa recentemente l’Italia. La dignità umana, il divieto di trattamento inumano o degradante, la tutela della vita privata, devono essere sempre rispettate, anche in carcere; tanto più, quando una persona non sia stata ancora condannata.
L’Ungheria può far prevalere le sue norme relative alla traduzione in giudizio sul diritto comunitario?
Come ho detto, non ci sono normative dell’Unione europea, né normative specifiche della Convenzione europea a parte la giurisprudenza della Corte europea. Si può invocare l’art. 3 della Convenzione, il quale proibisce trattamenti inumani o degradanti. In questo momento, sembra che il governo voglia esercitare l’istituto della protezione diplomatica.
Una delle lamentele dell’insegnante italiana riguarda le modalità della sua permanenza in carcere, dove non sarebbe stato assicurato il rispetto nemmeno delle più elementari norme igieniche. Ci sono dei principi comuni a cui devono rifarsi i paesi europei o comunque leggi internazionali che stabiliscono come vanno trattati i detenuti?
Il sistema carcerario rientra nelle competenze degli Stati membri. La violazione dei diritti fondamentali in un sistema carcerario di uno Stato membro può essere invocata da uno altro Stato membro per sottrarsi all’obbligo di consegnare una persona per scontare la pena ovvero una misura di sicurezza in tale Paese. Ciò può accadere, ad esempio, nel caso di un mandato d’arresto europeo. Ma Ilaria Salis è accusata di aver commesso reati in Ungheria e si trova nel territorio di questo Paese.
Come è possibile far rispettare questi principi?
Nel caso che ho esposto prima, lo Stato che ha il dovere di consegnare una persona ad un altro Stato membro che viola i diritti umani nel proprio sistema di carcerazione può disattendere tale dovere. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione è molto esplicita a riguardo. Ma, ripeto, non è questa la condizione di Ilaria Salis.
A livello di procedure penali quali diritti ha un cittadino di un paese dell’Ue accusato in un’altra nazione dal punto di vista processuale, da quello delle misure cautelari in attesa del dibattimento oltre che in relazione al modo di scontare eventualmente la pena? Ilaria Salis può essere trasferita in Italia in attesa di un pronunciamento dei giudici ungheresi?
Ci sono direttive europee che consentono a un cittadino di uno Stato membro di scontare la pena irrogata da un altro Stato membro nel proprio Paese. In particolare, la Decisione quadro 2008/909 GAI del 2008. Ma per attivare tale decisione ci deve essere una sentenza di condanna.
Il padre della Salis ha lamentato finora il mancato interessamento delle autorità italiane al caso della figlia. Ora però il Ministro Tajani ha chiesto spiegazioni sul trattamento riservato alla donna. Che margini di manovra ci sono a livello diplomatico? Come ci si può muovere?
In assenza di regole dell’Unione, a questa situazione si applica il diritto internazionale. Lo Stato italiano può agire in via diplomatica contro l’Ungheria qualora non abbia riconosciuto a un proprio cittadino gli standard internazionali di trattamento. Mi pare che questo stia facendo il Ministro degli Esteri italiano. La protezione diplomatica è, tradizionalmente, un diritto dello Stato, pur se a favore di un individuo. L’individuo o chi per esso, può richiedere la protezione diplomatica, ma non ha, secondo il diritto internazionale classico, il diritto di ottenerla.
Se la Salis dovesse essere trattenuta comunque in Ungheria, potrebbe appellarsi alle istituzioni giudiziarie europee? Per ottenere cosa?
Potrebbe fare un ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani. Ma dovrebbe prima esaurire i ricorsi interni, a meno di poter dimostrare che in Ungheria i ricorsi giurisdizionali non sono in grado di modificare la volontà del potere politico.
È possibile che al caso Salis i magistrati ungheresi abbiano attribuito una valenza esemplare o politica? Questo elemento potrebbe complicare la risoluzione del caso?
È difficile dire. L’Ungheria è un regime autocratico e tende a perseguitare i dissidenti. Nel caso specifico, l’accusa contestata a Ilaria Salis, di aver prodotto lesioni che possano comportare la morte a due persone durante una manifestazione di estremisti di destra, può sollevare il sospetto che la sua incarcerazione, così dura, sia una sorta di punizione per aver contestato la linea politica del Governo, ma io non ho gli strumenti per affermarlo.
(Paolo Rossetti)
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