INDAGATA ILDA BOCCASSINI A FIRENZE: AVREBBE TACIUTO SULLA FONTE IN MERITO AD UN COLLABORATORE DI GIUSTIZIA

L’ex magistrato di Milano Ilda Boccassini risulta indagata a Firenze per “false informazioni” davanti ai colleghi pm Luca Turco e Luca Tescaroli: come annunciato dall’ANSA stamane, la giudice in pensione ormai da 5 anni è stata raggiunto dalla notifica di indagine della Procura di Firenze per non aver rivelato una fonte nel corso di un colloquio formale del 2021 con i giudici che indagavano parallelamente sui mandanti delle stragi di mafia del 1993.



Sono gli stessi pm fiorentini ad aver notificato l’avviso di conclusione delle indagini (su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri) appena pochi giorni fa, facendo esplicito riferimento all’interrogatorio del dicembre 2021 quando l’ex pm Ilda Boccassini veniva sentita assieme ai colleghi di Caltanissetta per raccontare le informazioni in possesso sulle stragi mafiose un anno dopo gli omicidi Falcone e Borsellino. Secondo l’accusa (già anticipata negli scorsi giorni dal “Fatto Quotidiano”) Boccassini non avrebbe rivelato il nome e le informazioni della fonte riguardante le dichiarazioni di un pentito di mafia sull’ex Presidente Silvio Berlusconi.



BOCCASSINI INDAGATA “PER” BERLUSCONI: COS’È SUCCESSO

“False informazioni davanti ai pm”: una colpa e un reato non da poco per un ex magistrato tra i più famosi nella Procura di Milano proprio per le sue lunghe inchieste contro, tra gli altri, l’ex fondatore di Forza Italia. Secondo quanto svelato dall’ANSA e da TgCom24, Boccassini avrebbe taciuto ai pm fiorentini sull’autore della fonte che nel lontano marzo 1994 diede informazioni segrete ai cronisti di “La Repubblica” dell’epoca, Attilio Bolzoni e Giuseppe D’Avanzo. In quella “imbeccata”, tale “fonte” rivelava il contenuto di un verbale su «Dell’Utri emissario dei clan mafiosi» che in realtà sarebbe stato chiuso nella cassaforte della pm Boccassini, firmato dal collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi (all’epoca dei fatti reggente del mandamento di Porta Nuova).



In realtà le dichiarazioni del pentito già nel 1994 non venivano ritenute particolarmente convincenti sia per gli inquirenti che per gli stessi cronisti che si occupavano di mafia: tanto quelle tesi quanto quelle di Berlusconi presunto mandante delle stragi di Totò Riina nel 1993 (realizzate dal boss Giuseppe Graviano, ndr) che si sono “perse” tra rivelazioni col contagocce di altri pentiti o addirittura in archiviazione. Boccassini nel suo libro “La stanza numero 30” nel 2021, nel raccontare i fatti di quegli anni, aveva ammesso di conoscere l’identità della fonte che gli rivelò l’imbeccata ai due giornalisti di “Rep” in quanto lo stesso D’Avanzo gliel’avrebbe confidato poco prima di morire nel 2011.

Come poi rivela oggi “Il Giornale”, tanto il giornalista Bolzoni quanto la stessa Ilda Boccassini, oggi indagata, vennero sentiti tra il 2021 e il 2022 dai pm di Firenze per raccontare l’evoluzione di quelle informazioni ricevute. Se il cronista oppose il segreto professionale per non rispondere e rivelare la propria fonte, l’ex pm di Milano si rifiutò di rivelare il nome ai colleghi magistrati tanto da venire ora indagata per false informazione. Come recita l’accusa di violazione dell’articolo 371 bis, chiunque durante un procedimento penale si comporta come avrebbe fatto Ilda Boccassini rischia comunque la reclusione: «chiunque richiesto dal pm di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, è punito con la reclusione fino a quattro anni».