Nigeria: una realtà molto diversa dall’Italia ma nella quale, pur tra mille contraddizioni, si sta cominciando ad investire sulla scuola. Certamente ci troviamo di fronte a diverse condizioni sociali ed economiche, ma l’avventura dell’educazione non ha frontiere, così come il cuore dell’uomo. E dove la povertà e il degrado sociale sembrano invincibili, si accende “un cerino nel buio” grazie all’infaticabile opera di persone che non hanno timore a coinvolgersi con la realtà che c’è e costruiscono…

 

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E’ stata una sorpresa per me, di fronte ad un’amica che abita da un po’ di tempo a Lagos e che mi chiedeva: “Trovi cambiata la città da tre anni a questa parte ( ero stata infatti lì 3 anni fa)?”, sentirmi rispondere: “Sono venuta qui consapevole delle condizioni che rendono questa una delle realtà più dure che io conosca (il traffico caotico che ti fa impiegare anche alcune ore a percorrere pochi chilometri, l’insicurezza sociale che impedisce di fare brevi tragitti da soli, il clima umidissimo, l’inquinamento che rende il bel cielo d’Africa sempre bigio…), ma si è immediatamente imposto ai miei occhi altro; tutto questo c’è, ma vince altro”

Cos’è quest’altro che ha avuto la prevalenza?

E’ ciò che ritrovo come una radice comune nei vari luoghi del mondo, cosiddetti in via di sviluppo, dove mi è capitato di trascorrere periodi più o meno lunghi nella collaborazione a progetti educativi: persone all’opera, persone che non hanno timore a coinvolgersi con la realtà che c’è e che costruiscono, ciascuno con il proprio temperamento che rende unico quel tentativo.

A Lagos si sono imposti i volti di Rita, Emanuela, Barbara, Alba, Frances, Willy, Jovita….( e la lista sarebbe lunga..) che collaborano nelle attività educative di due scuole, la “SS Peter and Paul “ e la St John, entrambe costruite con il contributo di Avsi.

Due scuole per bambini della nursery e della primary, (400 la prima , 300 la seconda, si sa che in Africa i bambini non mancano!), età compresa tra i 3 e i 12 anni.

La prima, costruita per rispondere alle esigenze di un gran numero di bambini aiutati dal Sostegno a distanza in una zona povera della città, è ora al centro di un quartiere quasi residenziale, ma non sfigura di certo, sia per la sobria ma elegante struttura dell’edificio, sia per la qualità del servizio offerto.

Mi ha colpito la domanda che mi poneva Frances, l’amministratore alle prese col pareggio del bilancio e col desiderio di pagare di più gli insegnanti perché, formati, non se ne vadano alla ricerca di uno stipendio migliore: “Come mantenere, pur nelle condizioni mutate, lo scopo per cui questa realtà è nata, come non tradirne l’origine?” E’ la domanda di chi si lascia interrogare da un ideale e su questo vuole muoversi con altri, lavorare con loro.

St John è nata da poco ( costruita, per una serie di vicende che sarebbe lungo raccontare, in un terreno comperato dal Cardinale di Lagos e che ha dovuto essere completamente disboscato e reso abitabile, un’azione da esploratori…) per dare una scuola a bambini di provenienza Egum, non nigeriani, quindi non integrati nella società , tant’è che molti di loro non conoscono neppure la lingua inglese!

L’allegria dei bambini, il loro desiderio di incontrare, di conoscere, che non si è spento neppure al suono dell’ultima campana così che c’è voluta tutta l’abilità del direttore, Willy, per mandarli a casa, sono stati la documentazione di come in questo ambito si sentano accolti e stimati.

Al  pomeriggio, quando ho visitato il villaggio dove la maggior parte di loro abita, mi è stato ancor più chiaro perchè stavano a scuola così volentieri: il villaggio, in costruzione, è costituito da poche baracche malridotte dove manca tutto; frotte di bambini ci hanno accolti festosi, nessuno più indossava la uniform a quadretti bianchi e verdi, ma dei calzoncini o nulla! Avevano tolto l’unico indumento che avevano per essere in ordine il giorno dopo, a scuola. Tra gli alunni ci sono circa trenta bambini che vivono al villaggio, praticamente soli (i genitori abitano ancora dall’altra parte della laguna dove hanno un’occupazione) pur di poter frequentare la  scuola!

Tra le tante immagini mi sono portata a casa queste; l’educazione è davvero la radice dello sviluppo.

Luisa Cogo, Estero FOE