Come nasce una scuola? Anzi, come nasce LA scuola? Non una in particolare, atipica o sperimentale, mosca bianca in mezzo a tante nere, che non potrebbe mai essere assunta a paradigma dell’origine di ogni scuola; ma, viceversa, proprio quella che riporta alla luce la vera origine del fare scuola, come iniziativa libera e appassionata di adulti che desiderano comunicare i propri ideali, il proprio sapere e quello dell’umanità intera alle giovani generazioni. Come nasce?

Beh, chi ha partecipato all’evento della benedizione del cantiere del nuovo Polo Scolastico delle scuole “La Nave”, nella mattina del 3 ottobre, ha potuto fare esperienza proprio di questa “antica novità”: il “parto” di una scuola. Dopo anni, anzi decenni, di polverosa sedimentazione dell’idea che la scuola sia solo l’istituto scolastico “tal dei tali” deciso, istituito e costruito dallo Stato, cui obbligatoriamente dobbiamo mandare i nostri figli senza troppa possibilità di scegliere insegnanti, modelli educativi, valori, spazi e organizzazione, ecco una salutare ventata di novità a spazzar via polvere e detriti, e a riportare alla luce l’ autenticità del far scuola, del costruire la scuola.

Ed è una ventata di aria fresca soffiata con gli strumenti della banda cittadina che ha preceduto, suonando e marciando, una lunga, lunghissima fila di genitori, nonni e bambini, maestri e professori, preti e vescovi, dirigenti e autorità cittadine, amici e conoscenti, abitanti del quartiere e muratori del cantiere. Un popolo.

Tutti insieme, tutti in fila, muovendosi dalla chiesa parrocchiale di san Giovanni Battista in Coriano – che sta all’origine dell’edificazione grazie alla generosa eredità ricevuta dal parroco don Lino Andrini – fino al cantiere di via Schuman. Poche centinaia di metri, però lunghe venti secoli di storia: dalla Chiesa, che è madre appassionata all’educazione dei propri figli, sino all’iniziativa concretissima, fatta di calce e mattoni, di alcuni di questi figli che, conservando negli occhi e nel cuore la bellezza dell’educazione ricevuta, hanno desiderato comunicarla a tutti, cominciando proprio dai più piccoli. Alcune centinaia di metri ricche di significato e di gioia, insomma.

 

Fare scuola infatti è una festa; non è quella cosa noiosa e seriosa, piena di pluralismi ed equidistanze politicamente corrette che tanto spesso la rendono anonima e triste, senza gusto e attrattiva. E che fosse una festa era evidente dai volti di tutti: da quelli dei bambini, che hanno cantato “mattone su mattone” e si sono divertiti come matti nello spazio antistante il cantiere, a quelli degli adulti, sopraffatti dalla bellezza dell’edificio nascente, dalle parole commosse e grate delle autorità che hanno preso la parola, dalla misteriosa e benefica santità della benedizione del cantiere donata dal Vescovo Mons. Pizzi.

 

È questa la scuola di tutti. È una speranza per tutti. Non perché vi si possa accedere senza oneri: purtroppo la legge di parità non è ancora arrivata a questo punto, anche se ci auguriamo che ciò presto avvenga. È la scuola per tutti, in cui tutti comunque potranno essere accolti, soprattutto perché desidera corrispondere a quello che il cuore dell’uomo – di ogni uomo, anche di chi ancora non lo riconosce – attende: un luogo, voluto da un popolo, di vera educazione, di vera attenzione all’umano. Un luogo in cui imparare è far festa insieme.