Si può spiegare la crisi economica con una crisi antropologica e perciò con una crisi educativa? La risposta è sì e lo ha fatto a Bologna nei giorni scorsi Bernhard Scholz, presidente nazionale di Compagnia delle Opere, giunto sotto le Due Torri in occasione dei vent’anni di vita del Pellicano. Cooperativa nata dal “basso”, nel 1989, per iniziativa di un gruppo di genitori, il Pellicano ha saputo creare e gestire scuole dell’infanzia, una primaria e diversi doposcuola, tanto da occuparsi di circa 500 alunni e ritagliarsi in città un sicuro spazio di visibilità e di stima. Per promuovere questo “compleanno” ha contribuito anche Bologna Rifà Scuola, l’iniziativa che vede in prima fila il Liceo Malpighi di Bologna, noto istituto paritario con la quale il Pellicano collabora da tempo, a cominciare dall’avvio congiunto della scuola media di via Audinot.
Marco Masi, presidente della cooperativa, giudica questo tentativo educativo un buon esempio di sussidiarietà, di iniziativa dalla società civile per il bene comune. Oggi le scuole del Pellicano sono tutte paritarie e rappresentano una delle presenze più significative in quest’ambito nella provincia bolognese. Prova ne sia il caloroso saluto venuto dall’assessore comunale Luisa Lazzaroni. «È una crisi antropologia, non una crisi etica – spiega Scholz – quella che ha portato alla crisi globale e che ha visto il profitto, uno strumento, diventare il fine che ha sostituito la realizzazione della persona. Nell’opera educativa come nel fare impresa si vede l’esito di un’educazione». Se l’abbraccio educativo è gratuito, non figlio di un progetto o di un possesso – prosegue il presidente Cdo – si è poi in grado di vivere meglio e di essere più se stessi, di fare un nobile tentativo, un’opera o un’impresa, che si approssima sempre più all’ideale. Non possedere un’opera significa avere una vera responsabilità, perché si sa a chi rispondere.
Se l’educazione è viceversa un possesso o un subire, si diventa più facilmente schiavi o meramente ribelli, a seconda dei momenti. Lo spunto alle riflessioni di Scholz l’ha innescato Luisa Bassani, neuropsichiatra infantile e per tutti la fondatrice del Pellicano, anche se lei stessa ribadisce che quest’opera non è un “possesso” di qualcuno. La Bassani racconta i punti fermi educativi di una storia carica di riconoscenza – sono sue parole – per frutti non pianificati di questi vent’anni: «il maestro prevalente ci vuole e ci vuole per un tempo adeguato», sottolinea, perché la persona, non solo il bambino, cresce in un attaccamento affettivo; scuola e famiglia collaborano perché la famiglia conosce più di tutti il bambino, e chi accoglie un bambino accoglie anche la storia da cui proviene. «Corresponsabilità – aggiunge – non è fare tutti la stessa cosa, è comunque il bene del bambino che mette assieme, fa ripartire, anche quando famiglia e scuola possono non capirsi». Da ultimo, Luisa Bassani sovverte un luogo comune: «oggi educazione sembra coincidere con problemi e fatica, è invece una gioiosa avventura, è quello che il cuore desidera di più, più di tutte le difficoltà che pure ci sono, perché significa trasmettere che vale la pena vivere». Per i vent’anni del Pellicano è intervenuto anche l’Ufficio scolastico regionale, con il dirigente Stefano Versari che ha fornito utili elementi sulla realtà scolastica emiliana: oltre 81 mila allievi frequentanti le scuole paritarie, soprattutto nell’infanzia ma con un aumento di iscritti anche alle superiori, più 14%. Versari chiarisce che oggi, giuridicamente, le paritarie sono scuole pubbliche. Manca certo la parità economica ma questa è una di quelle questioni che è il Parlamento a dover dirimere. Per raccontare la sua storia Il Pellicano ha anche dato alle stampe un libro: «Al di là degli intenti».
(Gianni Varani)