Quanto costa, ad una famiglia italiana, l’istruzione dei figli presso una scuola non statale? Molto, sia in termini strettamente economici, sia sociali. Economici, perché occorre sborsare una retta che pesa sui bilanci familiari, talvolta già traballanti; sociali, perché nel nostro amato Paese questa scelta è osteggiata, discriminata, talvolta irrisa.

Non è una scelta facile, quella dell’iscrizione ad una scuola “privata”. Occorre soppesare bene ogni aspetto, fare i conti pensando non solo all’immediato ma anche al futuro. Calcolare sacrifici per 3, 5, 10 anni e oltre, senza contare poi la scuola dell’infanzia o addirittura il nido. Eppure le iscrizioni alle scuole non statali (in particolare alle “paritarie”) sono –nonostante la crisi economica-  in sensibile crescita, quasi a documentare che l’educazione/istruzione dei figli è un bene per il quale è possibile –se non addirittura doveroso- rinunciare ad altri beni.

Un bene per il quale occorre oggi sfidare anche l’Agenzia delle Entrate, che ha ritenuto l’iscrizione alla scuola “privata” un indicatore “di lusso”, e dunque un fattore di potenziale controllo anti-evasione fiscale (visto che in Italia, fra le altre cose, chi è ricco è automaticamente considerato anche un probabile evasore).

Insieme ai poli turistici, ai circoli esclusivi, ai wellness center, ai tour operator e così via, ecco comparire nella circolare dell’Agenzia Entrate anche le famigerate scuole private, vero e proprio dito nell’occhio ai paladini dell’egualitarismo sociale ed economico e sicuro bacino di raccolta dei rampolli dell’alta società italiana….

Non sappiamo chi abbia avuto questa luminosissima idea; certo è che si pone in decisa controtendenza rispetto a quanto accade nella maggior parte dei paesi europei e –osiamo dire- anche extraeuropei, dove non solo il monopolio dell’istruzione statale sta rapidamente declinando, ma in cui le provvidenze a favore delle famiglie (tra cui quelle per l’educazione/istruzione dei figli) sono considerate un sicuro fattore di crescita economica e sociale.

“Brillante” idea, che pare reggersi più su un vetusto e ormai logoro presupposto ideologico, anziché su dati di realtà….Di chi sono figli gli studenti che frequentano le scuole non statali italiane? Sono davvero i rampolli dell’“high society” oppure sono i figli di una gran quantità di famiglie che per reddito, stile di vita, provenienza sociale e status culturale sono estremamente diverse? Lo sanno, all’Agenzia delle Entrate, che ci sono tantissimi genitori che per garantire ai figli una educazione di qualità,  libera e conforme alle proprie aspettative, sono disposti a rinunciare a vacanze, vestiti e altri beni? Lo sanno che la maggior parte delle scuole paritarie (se non tutte) mettono a disposizione borse di studio, gratuità, sconti di ogni tipo e misura, impegnandosi in continue azioni di fund raising proprio per assicurare a tutti quell’accesso che, in quanto scuola “paritaria”, in quanto facente parte del sistema nazionale d’istruzione, in quanto riconosciuto dalla nostra Costituzione, dovrebbe essere garantito senza ostacoli…?

Già, la Costituzione. Quando si parla di istruzione pare servire solo per confermare il monopolio statale, utilizzando tra l’altro interpretazioni strumentali e restrittive. Vogliamo ricordarlo ancora una volta: la libertà di scelta educativa, il diritto/dovere a provvedere all’educazione/istruzione dei figli, sono certamente diritti riconosciuti dalla nostra Carta Costituzionale; ma prima ancora sono diritti scritti nella ragione e nel buon senso. L’operazione avviata dall’Agenzia delle Entrate (ma chi è il nome che si cela dietro la sigla?) non ne tiene conto; invece – come rammenta il comunicato stampa congiunto delle diverse associazioni cui fanno capo le scuole paritarie- in un momento di così grave crisi economica e morale occorre “dare segnali positivi ed equi che rimettano in moto non solo l’economia ma ancora di più la speranza. Per questo bisogna favorire le famiglie, la loro libertà di educazione, una pluralità di offerta formativa e scolastica”.

E per fare questo (cosa che tra l’altro permetterebbe anche di evitare il rischio teorico di una scuola solo per i ricchi) ricordiamo ancora una volta che sarebbe già un buon passo iniziare ad introdurre un efficace sistema di deducibilità/detraibilità di tutte le spese sostenute dalle famiglie per l’istruzione dei figli, a cominciare proprio dalle rette versate per la frequenza delle scuole paritarie. Quelle stesse famiglie che per l’istruzione pagano due volte: l’istruzione statale di cui non usufruiscono, e quella non statale che ancora necessita di una retta….

La lotta all’evasione si realizza anche, prima ancora che con i (pur necessari) controlli, migliorando e sostenendo una equa distribuzione dei carichi fiscali….