Si è concluso la scorsa settimana il quarto ciclo di videoconferenze organizzato dalla nostra segreteria Foe Estero per i formatori del PCE (Permanent Center of Education) di Kampala, Centro di cui la CDO Opere Educative è socio fondatore. 

Attorno al Centro, costruito con un progetto Avsi ed inaugurato lo scorso Gennaio, ruotano una trentina di formatori che, oltre alla propria attività di insegnante, assistente sociale, docente universitario ecc. si occupano di formazione di educatori praticamente su tutto il territorio ugandese. A partire da un approfondimento sul rischio educativo di don Giussani, i referenti del progetto svolgono un costante lavoro di formazione che si protrae per diverso tempo.



Titolo dell’ultimo ciclo, in cui insegnanti di scuole paritarie (e non) hanno offerto ai colleghi ugandesi la propria riflessione e indicazioni metodologiche a partire dall’esperienza quotidiana che vivono a scuola, era “Educate while teaching” e verteva in particolare sull’Educazione Matematica, Artistica e Geografica.



Negli scorsi cicli erano già state affrontate la tematica del progetto educativo e di come guidare l’esperienza dei ragazzi all’interno della scuola, un approfondimento sull’età adolescenziale, sulle problematiche che caratterizzano quest’età inquieta e su alcuni strumenti, come il laboratorio teatrale, che possono favorire la maturazione.

Ora a tema era lo scoglio dell’affronto delle discipline, a partire dalla matematica che certamente non gode molta simpatia neppure, o soprattutto, in Uganda.

Gli incontri, perché di questo si tratta anche se la modalità non è quella presenziale, prevedono sempre un momento di lezione, normalmente facilitato dalla presentazione in power point dei contenuti essenziali, da un successivo momento di lavoro in gruppo tra i formatori a Kampala e un dialogo in cui vengono posti ai relatori domande, dubbi, interrogativi.



Le domande emerse dopo le lezioni di matematica ci hanno a dir poco strabiliato, pensando che il contesto in cui gli insegnanti lavorano abitualmente sono classi di 70-80 alunni, in cui vige il sistema della ripetizione a memoria e in cui la matematica è intesa come un mero ripetere meccanico di esercitazioni.  

La docente che ha tenuto la lezione ci diceva: «Sono rimasta favorevolmente colpita dal livello delle domande che mi son state rivolte dagli amici dell’Uganda. Innanzitutto dimostrano la capacità di cogliere il cuore delle cose perché sono domande che riguardano la persona e non particolari tecnici o “istruzioni per l’uso”; poi perché fanno emergere la disponibilità a mettersi in discussione, quindi a fare un lavoro». Una disponibilità così concreta che diciotto dei trenta presenti hanno richiesto di poter continuare ad approfondire la tematica.

Da dove viene un interesse così? E dove nasce una capacità così di andare al cuore delle cose pur provenendo da un ambiente culturale e sociale che non favorisce questo?

Mi viene una sola risposta. Queste persone hanno lavorato per diverso tempo, personalmente e proponendolo ad altri (hanno incontrato più di duemila persone, tra insegnanti, infermieri, assistenti sociali) sull’impianto che regge il Rischio educativo. Hanno fatto proprio ciò che Don Giussani propone come educazione, autorità, verifica e questo ha formato persone tali che sanno accostarsi anche alle discipline scolastiche non come sono stati abituati a fare, non secondo la formazione che hanno ricevuto, ma cogliendone tutta la valenza formativa.

Allora forse questi amici suggeriscono anche a molti docenti, spesso impelagati nella ricerca di “istruzioni per l’uso”, una nuova strada.  

Luisa Cogo, CdO Opere Educative – Estero