Alcune settimane fa è uscito su questo quotidiano un articolo che esordiva così: «La Regione Lombardia non aspetta; per il rinnovamento della scuola si muove con proposte che la mettono in primo piano a livello nazionale.” (F. Camisasca, “Quote regionali, uno strumento per l’autonomia: l’esempio lombardo” 18 novembre 2009)
Ed è vero, abbiamo in Italia (anche per ciò che riguarda il settore scuola) un modello di efficienza amministrativa, ma soprattutto di sussidiarietà riconosciuta e applicata dalle istituzioni regionali che non ha eguali, nemmeno nel resto di Europa.
Eppure c’è chi si ostina ancora, a dispetto di ogni evidenza, a presentare la realtà in modo bugiardo, utilizzando formule che appartengono ormai ad un passato che dovrebbe essere – per il bene di tutti – archiviato per sempre: quello dello scontro ideologico e della dannosa contrapposizione pubblico-privato.
Ne è un esempio quanto si trova scritto su La Repubblica ed. Milano del 27 novembre 2009, che dà titolo “Formigoni dà 20 milioni alle scuole private” ad una vicenda che ha tutt’altro valore e significato.
Di cosa si tratta in realtà? Di questo: la Regione ha aumentato il contributo per la Dote scuola che, come i più sanno, è destinata a tutti gli studenti, qualunque sia la scelta che vorranno fare, sia che si tratti di scuola statale che di non statale. Come spiegato anche nel sito della Regione, e dunque visibile a tutti, «la Dote Scuola accompagna il percorso educativo dei ragazzi dai 6 ai 18 anni. È attribuita agli studenti delle scuole statali e paritarie di ogni ordine e grado e a chi frequenta i percorsi triennali di formazione professionale. Garantisce la libertà di scelta delle famiglie e il diritto allo studio di ciascuno». La Dote scuola è dunque un sistema con cui la Regione Lombardia raggruppa risorse in denaro e servizi che accompagnano ogni studente nel suo percorso formativo. Si tratta di un credito che viene dato allo studente per crescere nella sua formazione, sia che frequenti una scuola statale sia una paritaria. Il principio è quello di permettere ad ogni alunno di operare delle scelte in campo formativo, che lo rendano protagonista della propria crescita intellettuale e professionale dai sei ai diciotto anni. Il sistema prevede perciò che non si finanzi un servizio, ma la persona, cui spetta poi il compito di scegliere direttamente l’operatore e l’offerta che meglio risponde alle proprie esigenze.
Esaminando l’assestamento di bilancio della Regione, si può notare che la voce “contributi alle famiglie per l’accesso e la libera scelta dei percorsi educativi” è passata da una previsione per quest’anno di 45 milioni di euro a 64. Un aumento sensibile, insomma, che indubbiamente contribuisce a consolidare una delle più interessanti e innovative riforme del sistema scuola varate in Italia. Un aumento dovuto anche alla accresciuta richiesta proprio da parte degli studenti frequentanti le scuole statali: ad oggi, sul totale degli studenti che ne hanno fatto richiesta, solo il 40 per cento frequenta una scuola paritaria, tutti gli altri sono iscritti ad un istituto statale.
Sotto attacco da parte dell’articolo troviamo anche il dato di “Lombardia eccellente”, il progetto di sostegno a progetti di formazione professionale ritenuti dalla Regione particolarmente meritevoli e per questo «sottratti alle normali procedure dei bandi». Per il 2010 il Pirellone ha infatti previsto lo stanziamento di 8,2 milioni di euro a esclusiva discrezione della Giunta Regionale.
L’attacco si conclude poi con il commento di alcuni esponenti politici dell’opposizione, che accusano la Regione di «premiare in modo smodato gli studenti che scelgono le scuole private»; ma è un’accusa evidentemente tendenziosa, perché finge di non sapere che la Dote riguarda gli studenti delle scuole statali e paritarie di ogni ordine e grado, e non solo quelli delle scuole cosiddette “private”. Se è vero, poi, che la maggior parte dei genitori che hanno deciso in questi anni di mandare i figli alle scuole non statali sono stati aiutati dalla Regione Lombardia, è altrettanto vero che il contributo che hanno ricevuto (e che ricevono) non ha la pretesa di “incentivare” la scelta, ma di sostenerla secondo una logica di sussidiarietà e non di pianificazione.
Pare, dunque, che la tradizionale ostilità nei confronti della scuola non statale, nasconda in realtà una ostilità ancora più grave: quella nei confronti delle famiglie, che dovrebbero piegarsi ad una logica statalista e omologante. Non si vuole che siano libere di scegliere, non c’è altra spiegazione.
Così come appare lampante che, pur essendo (a parole) tutti d’accordo sulla necessità di introdurre criteri di merito ad ogni livello, non si ha intenzione però di passare ai fatti; non si vuole premiare, infatti, chi (come determinate realtà di formazione professionale) opera magnificamente nell’arginare la dispersione scolastica e nel far rifiorire giovani che diversamente sarebbero destinati alla emarginazione sociale. Si pretende, invece, di sottoporre tutto esclusivamente alla logica dei bandi, impedendo all’amministrazione anche solo una parte di discrezionalità per sostenere e valorizzare ciò che maggiormente e visibilmente contribuisce al bene comune.
Per la Regione Lombardia, insomma, è chiaro ciò che ancora stenta a diventare patrimonio comune per tutto il Paese, e in particolare per alcuni “illuminati pensatori”: il sistema educativo nazionale deve essere ridisegnato attorno ai ragazzi, alle famiglie, agli insegnanti, ai dirigenti, al territorio. Solo questo può consentire ai ragazzi lo sviluppo dei loro personali talenti, ai genitori il pieno e libero esercizio della responsabilità educativa, agli insegnanti e ai dirigenti la costruzione di una relazione educativa efficace e l’esercizio di una libera professionalità, al territorio le risposte socio-economiche alla domanda di sviluppo e di occupazione.
Non possiamo far altro che augurarci che a partire dalla Regione Lombardia si propaghi un’onda (finalmente un’onda intelligente) che contagi tutti, anche chi ancora si ostina a vedere nelle famiglie e nella libera iniziativa che nasce dal privato sociale un nemico da combattere.
Marco Lepore