La scuola, «un mondo di sfortunati». Riprendendo le sconfortate parole di uno degli intervistati, ecco lo sfondo della prima parte della trasmissione La scuola fallita, girata già a settembre e messa in onda da RAI 3 nella serata del 14 febbraio, proprio adesso (guarda caso…) che l’opposizione ha organizzato una grande protesta contro la “riforma Gelmini”, con eventi pubblici e raccolta di firme.
La trasmissione, proposta all’interno del format “Presa Diretta”, è stata tutta protesa a fornire un quadro esclusivamente negativo della scuola statale italiana (chiamata semplicemente “pubblica”…), sacrificata sull’altare del risparmio e afflitta, di conseguenza, da problemi drammatici quali il precariato, la mancanza di risorse economiche, il declino strutturale.
Primo obiettivo da raggiungere: attribuire indirettamente la colpa di ogni cosa al ministro/governo in carica, che avrebbe dovuto risolvere il problema e, invece, ha tagliato risorse economiche e posti di lavoro; il risultato, per chi assiste ad una trasmissione così impostata, è pressoché automatico.
Secondo obiettivo, forse subordinato ma altrettanto velenoso: alimentare lo scontro sociale contrapponendo un quadro assolutamente negativo di scuola “pubblica”, nella quale non ci sono più «nemmeno i soldi per comprare i pennarelli», alle scuole paritarie “a pagamento”, queste ultime presentate unicamente come ambienti esclusivi con didattica innovativa, alta tecnologia, personalizzazione spinta per formare la classe dirigente, menù da ristorante; il tutto, – ovviamente – solo per famiglie molto facoltose che possono permettersi le rette.
A questo punto allora è doveroso, per rendere onore alla verità, dare una risposta facendo alcune precisazioni.
Il problema del precariato esiste, è vero, ed è drammatico, ma non è certo colpa dell’attuale governo, bensì frutto di una politica eccessivamente statalista e di una sindacalizzazione miope del comparto che per decenni ha usato la scuola come ammortizzatore sociale, impedendo una seria e fruttuosa razionalizzazione delle risorse e causando, come è noto a tutti, il declino strutturale ed educativo che affligge buona parte dell’attuale sistema scolastico italiano.
Le risorse economiche, poi, sono diminuite, non c’è dubbio, però tutto questo è da attribuirsi ancora una volta ad una gestione che poco ha avuto a che fare con le reali esigenze di famiglie e studenti, e ha trasformato il sistema nazionale di istruzione in un Moloch improduttivo e inefficiente. I tagli, vogliamo ricordarlo, erano previsti in misura progressivamente crescente già nella seconda metà degli anni ’90, quando i ministri in carica (in governi di sinistra) si resero conto che non si poteva certo andare avanti in questo modo (interessante, su questo tema, l’articolo presente su Tuttoscuola.com di questi ultimi giorni: Casse scolastiche vuote? Colpa della clausola di salvaguardia del governo Prodi).
Per quanto riguarda le scuole paritarie, anch’esse sono pubbliche a tutti gli effetti, come da Legge 62/2000, e hanno rette assai diversificate, spesso modeste, e non solo alte come quelle presentate (ad arte) nella trasmissione; inoltre, come è noto, moltissime di queste fanno tutto il possibile (e anche di più) per accogliere chiunque faccia domanda per accedervi. In ogni caso, la possibilità di iscrivere i propri figli ad una scuola non statale fa parte del sacrosanto diritto di libertà di scelta educativa delle famiglie, che già pagano due volte per esercitarlo, e bisognerebbe piuttosto battersi per estenderlo davvero a tutti, (visto, tra l’altro, che la qualità delle paritarie è così elevata!) anziché demonizzare chi lo rende possibile o quantomeno l’agevola, come ad esempio il sistema Dote della Regione Lombardia.
L’accusa di rifiutare alunni con handicap, inoltre, è infondata, poiché ignora (volutamente) i sacrifici e gli sforzi che tante scuole paritarie fanno per pagare gli insegnanti di sostegno (che le scuole statali invece hanno di diritto) e il considerevole incremento di iscrizioni di alunni con disabilità da esse registrato in questi ultimi anni, a documentazione della loro professionalità e attenzione all’umano.
Per concludere, ci pare che questo rancore nei confronti del privato sociale che si spende, spesso con enormi sacrifici, per erogare un servizio che è per il bene di tutti, non aiuti certo la coesione sociale e la crescita della responsabilità civile, oltre a mortificare le migliori risorse della nostra società. Non sarebbe ora di smetterla? Tra l’altro, questo abuso della Televisione di Stato utilizzata per perseguire scopi politici di parte, anziché per fare sana informazione, è davvero improprio, oltre che strumentale e nauseante.
Poco ci importa che RAI 3 sia vista, in linea di massima, solo da chi già la pensa in un certo modo. Ogni menzogna divulgata pubblicamente è un vulnus nei confronti della verità e dell’intera società civile.
La gravità della situazione educativa del nostro paese richiede, anziché questi obsoleti e ridicoli appelli alla lotta di classe, di ragionare tutti insieme sulle possibili soluzioni per far sì che la responsabilità educativa possa essere concretamente, positivamente e pienamente esercitata da tutti gli attori in gioco, a partire, come previsto dalla nostra Costituzione, proprio dalle famiglie.
Marco Lepore