La Formazione Professionale è di destra o di sinistra? Dati gli scontri politici che il settore ha sollevato in questi anni, la domanda parrebbe legittima, però la risposta è: né l’uno né l’altro; la formazione professionale è invece uno strumento che ha una formidabile potenzialità educativa/formativa, purtroppo sottovalutato e spesso bistrattato, diversamente da quanto avviene in quasi tutti i paesi europei più avanzati.

C’è una Regione, la Lombardia, che ne ha fatto un cavallo di battaglia per la riqualificazione del proprio sistema di istruzione/formazione e, dati alla mano, pare proprio che stia vincendo la scommessa. Altre Regioni, invece, continuano irragionevolmente a considerarla il bacino di raccolta degli “scarti di produzione” del sistema di istruzione, e come tale la trattano…

In Emilia Romagna, finalmente, pare che qualcosa cominci a muoversi. Dopo essersi risolutamente opposta, in questi anni, all’introduzione di qualsiasi normativa che prevedesse una pari dignità, anche ai fini dell’assolvimento dell’obbligo, fra il canale dell’istruzione e quello della formazione professionale – sino ad inventare dei poco efficaci percorsi integrati fra scuole superiori e CFP – si scorgono da parte dei contendenti alla presidenza della regione delle aperture che lasciano ben sperare per il futuro.

Aperture ragionevoli, poiché è un dato di fatto, confermato dall’esperienza oltre che da tutti gli studi sugli stili di apprendimento, che ci sono ragazzi che imparano meglio “facendo”, mettendo cioè le “mani in pasta” anziché stando a “scaldare il banco”. Ed è di questo che si tratta: i giovani che non hanno le inclinazioni, le attitudini o, più semplicemente, le motivazioni per impegnarsi in un metodico studio teorico delle discipline scolastiche, perdono tempo e autostima restando parcheggiati in un istituto superiore, invece di mettersi alla prova là dove potrebbero essere aiutati a far emergere i propri talenti. Sono ragazzi che hanno bisogno, per “ripartire”, di mettersi all’opera concretamente, di scoprire che comunque valgono e sono capaci di fare; questo può consentire loro, tra l’altro, di rientrare successivamente nel sistema di istruzione fino al completamento del regolare corso di studi. Perché, allora, tenerli a forza in una scuola superiore, soprattutto quando esistono in Emilia Romagna – nel pur variegato mondo dei CFP – numerose realtà, anche di antica tradizione, che hanno comprovate capacità educative e sicure competenze formative?

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È quanto si sono chiesti, in questi giorni, i firmatari di un documento inviato ai candidati alla presidenza della regione Emilia Romagna (una quarantina di Enti di Formazione Professionale, di ogni estrazione culturale e politica, accreditati per l’ambito “Obbligo Formativo”) che hanno inteso richiamare l’attenzione sulle “problematiche e le potenzialità della Formazione Professionale per l’assolvimento dell’Obbligo di Istruzione che, elemento importante del sistema integrato educativo/formativo di questa Regione, tocca ogni anno 6.000 giovani a partire dal quindicesimo anno di età”. È un documento che intende delineare proposte di qualificazione dell’offerta regionale finalizzata al raggiungimento del successo formativo e al contrasto della dispersione scolastica dei giovani ed è condiviso da tutti gli Organismi Accreditati, tanto da potersi qualificare come un supporto del sistema Formativo all’azione di Governo della prossima legislatura. Si tratta di un passo molto importante, perché mette in luce un’esigenza ormai improcrastinabile, che non può più essere determinata da valutazioni di tipo politico anziché educativo.

 

Vale la pena riportare alcuni passi significativi del testo: “I suddetti Enti accreditati…  accolgono ogni anno formativo circa 6.000 giovani adolescenti, 3.000 nel primo e 3.000 nel secondo anno, e del totale circa il 45% sono giovani stranieri. Solo circa il 15% dei giovani interrompe il percorso formativo, con destinazione la scuola o il lavoro. Per quelli che arrivano al termine del percorso formativo, la qualifica viene acquisita nel 90% dei casi, con un positivo inserimento nel mondo del lavoro e il riconoscimento e la valorizzazione delle proprie competenze… Diversi di loro, inoltre, ritrovano le motivazioni allo studio e riprendono il percorso scolastico interrotto. Altri decidono di proseguire con percorsi di Formazione Professionale orientandosi verso l’ottenimento di qualifiche superiori.

In questo quadro, il numero dei ragazzi che si rivolgono al sistema della Formazione Professionale è tendenzialmente in crescita e, dati alla mano, questo trend proseguirà nei prossimi anni per varie ragioni, tra le quali sicuramente incidono:

– l’aumento demografico del numero complessivo dei giovani in età adolescenziale residenti nella nostra regione,

– la progressiva e crescente richiesta formativa da parte di territori che segnalano una scopertura rispetto alle esigenze delle famiglie residenti;

– la crescita dell’incidenza della percentuale di ragazzi stranieri (tendenzialmente più propensi alla scelta della Formazione Professionale, come indicato dalle statistiche);

– la crescente “fatica” dei percorsi scolastici tradizionali a garantire il successo formativo di tutti gli studenti, anche in ragione dell’aumento vertiginoso della diversità degli stili di apprendimento e a fronte di risorse umane e strumentali progressivamente calanti. Per tutti e per ciascun giovane, l’obiettivo fondamentale delle relazioni educative e personali che si instaurano è il raggiungimento del successo formativo e il contrasto alla dispersione scolastica, oggi più che mai anticamera della precarietà e vulnerabilità sociale”.

 

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E, poco più in là, prosegue: “Si propone quindi alla Regione Emilia-Romagna di qualificare l’offerta di Formazione Professionale attraverso la scelta tra uno dei seguenti scenari:

a) si attivino a livello territoriale i percorsi triennali a qualifica – programmati dalle Province – rivolti ai giovani in possesso del titolo di Scuola Secondaria di I° grado. Questa scelta comporterebbe la modifica della Legge Regionale 12/2003 e porrebbe la Regione Emilia Romagna in linea con i sistemi delle altre Regioni;

b) si consenta, oltre al biennio formativo in corso di realizzazione, la messa a regime di un pacchetto di ore aggiuntive (almeno quattrocento) che i Centri accreditati attiveranno per i giovani che non riescono a completare il primo anno nella scuola secondaria superiore. Si tratterebbe di un percorso di “riallineamento” per consentire ai ragazzi di poter raggiungere le competenze di base necessarie all’assolvimento dell’obbligo di Istruzione. Tale percorso realizzerebbe di fatto la triennalità e sarebbe coerente con la normativa vigente, anche regionale. Questa ipotesi, quindi, metterebbe a regime di fatto l’attuale sistema, il quale risulta sicuramente più flessibile dei trienni richiamati nella precedente ipotesi, in quanto realizzato sulla base delle effettive necessità degli allievi che si iscrivono ai Centri di Formazione Professionale accreditati a partire dai 15 anni;

c) un’ulteriore proposta intermedia potrebbe essere la possibilità di attuazione di quanto indicato al punto a) in via sperimentale attraverso alcune esperienze nei territori provinciali – quindi senza la necessità di interventi legislativi immediati – mettendo contestualmente a regime quanto descritto al punto b). In questo modo si potrebbe davvero ottenere una valutazione nel merito della qualità dei due percorsi nonché dei risultati dell’attuazione del diritto/dovere all’Istruzione e Formazione Professionale nel territorio regionale”.

 

Conclude il documento: “Ci pare questa la “sfida educativa” da cogliere per permettere ai giovani della nostra Regione di ottenere il successo formativo come condizione necessaria per la realizzazione dei diversi progetti di vita personali, obiettivo perseguibile effettivamente solo attraverso l’attivazione di opportunità differenziate ed articolate in base al processo di apprendimento di ciascuno, con la certezza di avere sempre una possibile prospettiva di crescita formativa e professionale. Solo così, crediamo, le novità introdotte dalla riforma del secondo ciclo sul versante della Formazione Professionale e delle relative qualifiche, potranno essere attuate in questa Regione promuovendo e qualificando i sistemi che fino ad oggi hanno svolto al meglio i loro compiti e – soprattutto – valorizzando tutti e ciascun giovane”.

 

Come si fa a non condividere questo giudizio, soprattutto quando l’esperienza documenta che dove queste richieste sono state attuate i risultati sono stati positivi, diminuendo il disagio giovanile e la dispersione scolastica? È auspicabile che chi avrà la grave responsabilità di governare la regione Emilia Romagna nei prossimi anni sappia raccogliere la sfida; è una sfida educativa per gli adulti, innanzitutto, chiamati a riconoscere ciò che vale ed è bene per tutti (a partire proprio dalle giovani generazioni) senza farsi condizionare dall’ideologia o dal pregiudizio.

 

(Marco Lepore)