Certe volte bastano pochi e semplici ingredienti per sfornare un’ottima torta. Allo stesso modo, sono state sufficienti alcune “normalissime” azioni per far sì che il progetto Disabilità e successo formativo: buone prassi e contributi per azioni formative di eccellenza (realizzato per conto della Regione Lombardia nell’ambito del sistema Learning Week) “lievitasse” bene, trasformandosi in una esperienza innovativa e avvincente per tutti quelli che vi hanno preso parte. E la classica ciliegina? Il convegno “quasi finale”, tenutosi a Milano il 28 maggio u.s. presso l’Istituto Maria Ausiliatrice, con la partecipazione di importanti protagonisti del mondo della disabilità.

Prima di entrare nel merito dell’incontro, però, vale la pena soffermarsi sinteticamente su quegli aspetti che più hanno contribuito al buon risultato del progetto; è stata un successo, infatti, che ha sorpreso anche gli stessi attuatori, costringendoli a cercare di capire da quali presupposti sia stato originato.

Primo elemento: si è partiti senza un’ipotesi precostituita. Non è stato posto un giudizio a priori o costruita una “gabbia” entro cui costringere l’oggetto, ma si è partiti totalmente “scoperti” di fronte ad una realtà complessa e tutta da esplorare.

Secondo elemento: l’osservazione sul campo e l’incontro con gli operatori. Prima di qualsiasi ragionamento o deduzione, si è andati a incontrare quelle realtà (fra un ampio “pacchetto” individuato) e quelle persone che si sono rese disponibili a partecipare al progetto. Osservazione e relazione umana, dunque, che sono state fonti permanenti di stupore e commozione.

Terzo elemento: la proposta e la realizzazione di una rete fra gli operatori. Sono stati svolti due focus group, che nella loro assoluta semplicità si sono rivelati strumenti efficacissimi per far “esplodere” fra i partecipanti quel desiderio di conoscersi, comunicarsi, confrontarsi e arricchirsi vicendevolmente, che spesso rimane un po’ mortificato dalla necessità di far fronte alla quotidiana emergenza.

Quarto elemento: l’apertura agli sviluppi futuri, anche non previsti. Pur all’interno dei necessari “paletti” posti dal bando, quello che è accaduto ha dettato i passi e aperto nuove prospettive, rendendo non improbabile una eventuale fase due del progetto. Si vedrà…

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Questi ingredienti, che aggiunti passo dopo passo si sono rivelati così importanti nel percorso, è stato possibile gustarli tutti insieme in occasione del convegno cui si è accennato sopra. Anche in questo caso nessuna eclatante vetrina, né si pensi ad una massiccia partecipazione di pubblico. Ma, forse, proprio questo rende ancora più evidente che si tratta di successo vero, non mediatico o fondato su effimere apparenze. Tutti i partecipanti, infatti – dal pubblico agli stessi relatori – sono rimasti colpiti dalla profondità dell’approccio al tema, dal clima umano e dal metodo di lavoro utilizzato, nonché dalle prospettive che si sono aperte.

 

Dopo un efficacissimo intervento introduttivo del prof. Mario Melazzini, presidente dell’AISLA e coordinatore del tavolo tecnico sulla disabilità della Regione Lombardia, che ha sottolineato con forza il valore proprio e sociale delle persone con disabilità (a dispetto di alcuni importanti personaggi politici che in questi giorni hanno affermato che i tanti disabili presenti nel nostro paese sono un problema per la produttività…), si sono susseguite le testimonianze di alcuni operatori e/o responsabili di centri: la Cooperativa “Il Nazareno” di Carpi; l’“Opera Baldo” di Chioggia; “La Città del Ragazzo” di Ferrara; l’“Opera Don Calabria” di Verona.

 

Testimonianze appassionate e drammatiche, autentiche documentazioni di quella stima della persona e considerazione della sua dignità sintetizzate nell’affermazione fatta da uno degli operatori intervenuti: “Questi ragazzi hanno lo stesso identico bisogno che ho io: essere felici!”.

Racconti di vita e di problemi di ogni natura: personale, affettiva, sociale, economica, politica… eppure, sempre attraversati con coraggio e positività, costruendo anche là dove parrebbe umanamente impossibile edificare alcunché. Di grande efficacia e valore, in tal senso, sono stati i filmati mostrati sul “Festival delle abilità differenti” di Carpi e sull’orchestra “Esagramma”, formata tutta da persone disabili.

 

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Poi, a seguire, un’agile tavola rotonda moderata da Lorenza Violini (professore di Diritto costituzionale nell’Università degli Studi di Milano), cui hanno partecipato Francesca Giosuè (psicologa della Fondazione Opimm e consulente Centro per l’impiego dell’ Amm.ne Prov.le di Bologna), Vittore Mariani (docente di Pedagogia speciale dell’Università Cattolica) e Licia Sbattella (docente di Ingegneria informatica del Politecnico di Milano e direttore scientifico del Centro Esagramma).

 

Nonostante la bipartizione del convegno, voluta anche per dare ritmo all’evento, è stata evidente una unitarietà tra la prima parte, dedicata all’esperienza, e la seconda che ha avuto un carattere di elaborazione teorica. Nella prima parte, infatti, non sono stati raccontati solo dei fatti, ma si è entrati in una riflessione metodologica più o meno sistematizzata; la tavola rotonda, invece, pur partendo da una impostazione teorica, non ha potuto prescindere dall’esperienza e dalla valorizzazione di ciò che era stato precedentemente testimoniato.

 

In risposta alle domande rivolte dal moderatore (Come la metodologia educativa del lavoro, del fare, aiuta alla realizzazione di sé? Il “successo formativo” della persona disabile può superare la meta del contratto di lavoro? Esistono strumenti di valutazione che aiutano a misurare l’efficacia degli interventi, cioè del reale miglioramento della persona disabile in termini di sviluppo e valorizzazione delle proprie potenzialità?), sono emersi così numerosi spunti di lavoro. Ne citiamo solo alcuni:

Per una adeguata valutazione che misuri l’efficacia degli interventi, è fondamentale uno sguardo globale alla persona, che tenga conto dell’handicap, ma non lo trasformi nel criterio attraverso cui interpretare ogni aspetto; le potenzialità delle persone disabili, infatti, sono tutte da scoprire e spesso molto diverse e/o superiori a quanto ci si aspetta;

Il lavoro è un preziosissimo strumento per la realizzazione dell’uomo; quello manuale, in particolare, ha una vera e propria funzione terapeutica. Qualsiasi persona, qualunque sia la sua condizione, deve avere la possibilità di esprimere le proprie attitudini e capacità (quantunque minime) attraverso un lavoro, anche se semplicissimo;

Creare reti fra le realtà che si occupano di disabilità, comprese le amministrazioni pubbliche, è fondamentale per un approccio alla questione che non sia settoriale e/o parziale, nell’ottica di un progetto di vita;

 

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Il coinvolgimento delle famiglie è un aspetto imprescindibile a tutti i livelli, sia come destinatarie di interventi di accoglienza, sostegno, formazione, sia come co-protagoniste nella progettazione e nella realizzazione del progetto di vita per i figli disabili;

è utile che le pubbliche amministrazioni introducano elementi di flessibilità nei finanziamenti, per consentire la massima personalizzazione dei percorsi.

 

Se adeguatamente considerate, queste indicazioni (insieme alle molte altre emerse) potranno sicuramente rappresentare degli strumenti per realizzare nuovi e fruttuosi interventi in un ambito che necessita di una maggiore attenzione da parte delle amministrazioni pubbliche e della società intera.

 

Occorre, infatti, sostenere con decisione chi si spende con intelligenza e passione per il bene delle persone con disabilità che, nonostante i tanti discorsi “buonisti” e i neologismi politicamente corretti, sono spesso mantenute ai margini della odierna vita sociale. Come ha affermato in apertura il prof. Melazzini, “qualsiasi persona, disabile o meno, è una risorsa; ciò di cui ciascuno di noi ha bisogno, quindi, è che non ci si fermi ai propri limiti ma che si guardi ad ognuno come un bene per tutti”.