Il caso Ilva ci regala un altro colpo di scena: il Tribunale del Riesame di Taranto, contravvenendo alle aspettative, accoglie il ricorso presentato dai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria e, per l’effetto, annulla l’ordinanza del giudice monocratico in sede del 10 dicembre 2019 e il provvedimento connesso del 12 dicembre 2019, concedendo all’appellante la facoltà d’uso dell’altoforno due.



Si tratta però di accoglimento soggetto a condizioni. Viene infatti concessa una nuova proroga subordinata all’adempimento delle residue prescrizione non attuate in particolare: 1) 6 settimane per l’adozione dei cosiddetti dispositivi attivi a decorrere dalla data del 19 novembre 2019; 2) 9 mesi per l’attivazione del caricatore automatico della massa a tappare nella Mat (Macchina a tappare); 3) 10 mesi per l’attivazione del campionatore automatico della ghisa; 4) 14 mesi per l’attivazione del caricatore delle aste della Maf (Macchina a forare) e sostituzione della Maf.



Si tratta naturalmente di una buona notizia che rimbalza un precedente pericoloso anche per gli altiforni 1 e 4 – che bene o male sono nelle stesse condizioni di Afo2 – ed evita un massiccio ricorso alla cassa integrazione che avrebbe coinvolto almeno tremila addetti.

Governo e ArcelorMittal hanno ora poco più di tre settimane di tempo per trovare quell’accordo col quale presentarsi al Tribunale di Milano e fermare la procedura di recesso avviata da Mittal nei confronti della quale Ilva in amministrazione straordinaria ha fatto ricorso. In assenza di questo accordo entro il 31 gennaio, sarà il Giudice a pronunciarsi nel merito il 7 febbraio pv. Non solo entrambe le parti vogliono evitare tale pronunciamento, ma il Governo ha elementi per convincere Mittal con la sua proposta: la tecnologia DRI per la produzione di acciaio a gas (idrogeno e monossido di carbonio) è innovazione non solo costosa ma anche importante che l’azienda apprezza, anche nell’ottica di una più veloce decarbonizzazione del sito rispetto a quanto previsto. A tal proposito, è utile ricordare che nella recente Legge di bilancio è stato stanziato il cosiddetto “fondone green” (21 miliardi in 15 anni figli di accordi tra Cassa depositi e prestiti e Banca europea degli investimenti).



L’ex Ilva ha bisogno di un piano industriale che vada oltre gli accordi del 2018. Qualcosa non ha infatti funzionato: Mittal non può scoprire in così poco tempo che il mercato dell’acciaio è in crisi e che riesce a produrre soltanto la metà di quanto previsto. Evidentemente c’è dell’altro, ad esempio un non perfetto funzionamento della catena produttiva. Parliamo di un sistema altamente complesso, auguriamoci che “l’incidente” apertosi con la revoca dello scudo penale sia occasione non solo di riconversione ma anche di rilancio industriale.

Sin dall’inizio dell’esperienza del Conte 2, sia lo stesso premier Conte che il Ministro Gualtieri non hanno mancato di insistere sul Green New Deal: auguriamoci che ciò sia di buon auspicio per l’ex Ilva, che resta ancora il più importante polo siderurgico d’Europa, nonché uno dei distretti industriali più importanti.

Twitter: @sabella_thinkin

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