Nelle ultime settimane abbiamo assistito alla fusione/acquisizione di PSA su FCA, alla volontà espressa da Arcelor Mittal di lasciare l’ex Ilva, a un incremento di attività su Mediobanca/Generali che non si vedeva da anni; a queste vicende, di “dominio pubblico”, se ne aggiungono altre sotto traccia che coinvolgono pezzi importantissimi del sistema bancario italiano. Stiamo parlando di nodi fondamentali del sistema Paese e della sua sovranità reale. Il Governo italiano è silente su Fiat che viene comprata da una società che ha il Governo francese come uno degli azionisti di maggioranza relativa; spiana la strada all’uscita con chiusura dell’Ilva ad Arcelor Mittal che da diversi trimestri aveva segnalato pubblicamente di non aver entusiasmi particolari per investimenti miliardari in un mercato che oggi è saturo, con i governi che però non vogliono permettere traumatiche mutilazioni, sotto forma di chiusure, del loro “sistema Paese”; si discute di una fusione Generali/Axa con la società francese che è presidiatissima dal suo sistema Paese e non contendibile.
Anche un investitore marziano, figuriamoci uno che sta a Londra, capisce che in questo momento con questo Governo in Italia si possono pensare, pianificare e fare operazioni che normalmente sarebbero impensabili. In tutto il mondo, incluso quello anglosassone, quando si tocca la carne viva del sistema Paese il Governo fa la sua comparsa e diventa un attore con cui fare i conti. Gli esempi sono innumerevoli.
Questo Governo si regge su un partito che si avvia sicuro verso la scomparsa e che non ha la preoccupazione non solo di rispondere di quello che succederà tra dieci anni, ma nemmeno di quello che accadrà tra tre mesi. Parliamo di conseguenze elettorali. Il caso Ilva in questo senso è emblematico. Un partito che avrebbe la sana preoccupazione di sopravvivere alle prossime elezioni avrebbe firmato qualsiasi immunità perché a Taranto dopo la chiusura le alternative che si pongono sono solo due: il reddito di cittadinanza o l’emigrazione. Figuriamoci che voglia ci sia, nel contesto economico globale del 2019, di investire al Sud Italia in un posto dove si tassa qualsiasi cosa, dove per pagare le tasse servono tre lauree e se sbagli ti mettono in galera e con un sistema giudiziario che sembra molto perfettibile. Che questo sia vero lo dimostra la plastic tax a tre mesi dalle elezioni in Emilia Romagna per non parlare del costo industriale delle politiche energetiche alla vigilia di una crisi seria. Vogliamo parlare delle chiusure domenicali con Amazon aperto la domenica?
C’è un Governo debolissimo, ricattabile e ricattato che si regge su un partito che è in dissoluzione e che non ha la preoccupazione di rispondere di niente. È un Governo che consiglia di immaginare, finanziariamente, l’inimmaginabile, quello che sarebbe impensabile in una situazione normale con un Governo normale. È il Governo perfetto per un saccheggio.
Il grande inganno è presentare questi eventi come ineluttabili come se lo Stato italiano non avesse poteri. In Francia, dove hanno la testa, la presenza del Governo nell’industria è un multiplo di quella italiana; l’America trova sempre in modo di mettere in riga l’investitore estero impertinente e così via. La verità è che questo è un Governo a perdere, che non ha nemmeno la preoccupazione delle prossime elezioni, e che potrebbe solo rifugiarsi in un reddito di cittadinanza generalizzato che fa paura. Questa non è un’analisi “politica” ma finanziaria la cui validità è dimostrata ogni giorno da un’accelerazione dei dossier scottanti e finora dormienti che non si vedeva da anni.
Evidentemente tutti si sono accorti che si è aperta una fase del “saccheggio” facile anzi facilissimo. Ci sarà ancora qualcuno con un briciolo di coscienza per mettere la parola fine?