È stata una lunga e puntuale intervista quella rilasciata eccezionalmente (a quanto pare) dalla Dott.ssa Lucia Morselli, amministratrice delegata di Acciaierie d’Italia al Direttore del Sole 24 Ore Fabio Tamburini e apparsa ieri su quella testata. Un’intervista in cui alle precise domande dell’intervistatore, la manager ha risposto a nostro avviso in maniera non elusiva, richiamando spesso con garbo – ma anche con fermezza – tutti i suoi interlocutori pubblici (Ministri, Invitalia) a dare corso a quanto concordato in atti sottoscritti fra le parti a proposito dell’ingresso del capitale pubblico nella società di gestione degli impianti che, è bene ricordarlo ancora una volta, sono tuttora di proprietà pubblica facente capo all’Amministrazione straordinaria.



Ora, senza voler commentare minuziosamente tutte le risposte dell’intervistata, ci si soffermerà su quelle che ci sono apparse le più significative e su qualche affermazione che ci è sembrato – ma potremmo sbagliarci – puntino in realtà ad auto-riproporre anche per il futuro il ruolo della Morselli come amministratrice delegata, anche con il capitale pubblico in maggioranza assoluta nella compagine societaria: un assetto questo che dovrebbe concretizzarsi entro maggio del prossimo anno con l’investimento da parte di Invitalia di un altro miliardo e seicento milioni di euro, in aggiunta ai 400 milioni già versati per acquisire sin da oggi il 50% dei diritti di voto.



Il primo dato meritevole di attenzione è quello riferito alla ritrovata marginalità positiva del Gruppo, dopo un 2019 molto difficile e un 2020 che, a causa della pandemia e delle misure assunte dall’Esecutivo per combatterla, ha lasciato tracce negative nel conto economico della società che, però, è senza debiti finanziari con le banche: un obiettivo raggiunto grazie soprattutto al supporto di Arcelor Mittal che lo scorso anno – a fronte di provvedimenti discutibili del Governo Conte che in lockdown aveva previsto la chiusura delle attività siderurgiche – ha assicurato investimenti nel piano ambientale e materie prime. Una decisione, quella del Gruppo franco-indiano, che evidenzia nitidamente come il controllo dell’ex Ilva e soprattutto del suo sito di Taranto sia un obiettivo irrinunciabile, sia perché è uno stabilimento con le più elevate capacità produttive in Europa, e sia perché Arcelor punta a controllare, o almeno a monitorare dall’interno, l’andamento di quello che è già, e sempre più diventerà, un temibile competitor dei suoi impianti in Europa.



Il recupero della marginalità positiva, peraltro, è stato possibile fra l’altro – lo evidenziamo noi – anche grazie alla posticipazione di pagamenti alle aziende dell’indotto che da tempo lamentano ritardi nel saldo di fatture già emesse per lavori eseguiti, e sulle quali gli Istituti di credito non sono più disponibili – come accadeva invece ai tempi della gestione del Gruppo Riva – ad anticipare acconti che almeno assicurerebbero alle imprese di subfornitura un certo cash flow.

L’altro elemento sottolineato con forza in una delle risposte della Morselli è quello contenuto nella recente sentenza del Consiglio di Stato che ha consentito la prosecuzione del funzionamento dell’area a caldo, e nella quale si è dato atto al gestore della fabbrica degli investimenti da esso compiuti sul piano ambientale, secondo quanto prescritto dall’Aia – Autorizzazione integrata ambientale che, salvo possibili revisioni a seguito di un probabile nuovo piano industriale, dovrà essere completata entro l’agosto del 2023.

L’intervista annuncia poi la presentazione di un ricorso al Tar del Lazio avverso la decisione del ministero della Transizione ecologica che ha disposto lo spegnimento della cokeria n. 12 , la maggiore fra quelle in esercizio, che alimenta l’Altoforno n. 4 e a valle l’acciaieria n.1 per interventi di ambientalizzazione che si sarebbero dovuti concludere inderogabilmente entro il 30 giugno, e per i quali era già stata concessa in passato una proroga.

Prossimamente la Dott.ssa. Morselli attende che Invitalia proceda a quanto stabilito negli accordi del dicembre del 2020 che avevano definito i nuovi assetti della compagine azionaria del soggetto gestore del compendio impiantistico dell’intero Gruppo Ilva, e afferma (secondo noi con una punta di malizia) di non dubitare che ciò accadrà, essendo (testuale) “l’Italia un Paese affidabile per gli investimenti esteri”. Un’affermazione la sua che – proprio alla luce di tutto quanto accaduto ad Arcelor Mittal per decisioni governative e di altri poteri dello Stato dopo l’aggiudicazione della gara per l’acquisto del Gruppo – ci induce a ritenere che vi sia stato un pizzico di malizia da parte della Morselli nel sottolineare con una certa perentorietà “l’affidabilità dell’Italia per gli investimenti esteri”. In realtà, sembrerebbe esservi tra le righe un appello al presidente del Consiglio Draghi, auspicando un suo diretto intervento su chi dovrà rispettare e far rispettare gli accordi sottoscritti con Invitalia.

Un’altra risposta interessante dell’intervistata è quella in cui annuncia che gli impianti tarantini dell’ex Ilva sono già oggi in grado di produrre anche idrogeno utilizzabile per la produzione di acciaio nel ciclo integrale. Com’è noto, quello dell’impiego dell’idrogeno – ma in prospettiva di medio termine quello “verde” – è uno dei temi salienti al centro di ogni ipotesi di riconversione impiantistica dell’area a caldo del Siderurgico tarantino. L’8 luglio è stato convocato al Mise dal Ministro Giorgetti l’incontro con azienda e sindacati per delineare il percorso che dovrà portare – nei tempi tecnici necessari, ma all’interno di un piano industriale e impiantistico sperabilmente già delineato anche nelle sue poste finanziarie, alla ambientalizzazione del sito ionico e soprattutto alla definizione dei suoi livelli occupazionali e di progetti credibili di rioccupazione per tutti coloro che non fossero destinati a rientrare nel Siderurgico.

La Morselli, infine, chiudendo la sua intervista, evidenzia come l’ex Ilva ora Acciaierie d’Italia holding che controlla Acciaierie d’Italia resti una grande azienda che movimenta ogni anno circa 10 miliardi: una somma ingente, afferma, che “fa gola a tanti”. Un’affermazione questa che sembrerebbe in controluce rivolta a chi al Comune di Taranto, alla Regione Puglia ma anche in altre aree del Paese, potrebbe essere tentato di considerare i vari stabilimenti del Gruppo una sorta di aziende municipalizzate o regionali, gestibili area per area con logiche extraziendali e alla stregua di piccoli feudi clientelari. Il sito di Taranto ha già conosciuto in anni ormai lontani questo tipo di gestione in cui continue interferenze di specifiche forze politiche – che a livello di Governo e in Parlamento esprimevano Ministri e Presidenti di Commissioni di controllo sulle Partecipazioni statali – finivano di fatto col condizionare spesso i comportamenti del top management della grande fabbrica, soprattutto nell’assegnazione dei lavori di subfornitura.

Tale situazione non dovrà più ripetersi. L’ingresso dello Stato tramite Invitalia o un altro soggetto pubblico dovrà assumere carattere esclusivamente economico-aziendale, stroncando ogni tentazione di chi già si sentisse, o mirasse a diventare, il “gestore occulto” della più grande fabbrica manifatturiera del nostro Paese e delle fabbriche che le sono collegate a “valle”. 

Volendo ora in conclusione estrapolare nella lunga intervista della Morselli al Direttore del Sole 24 Ore un messaggio ultimo e decisivo, almeno nelle sue intenzioni, ci sembra di poterlo ravvisare nel suo esibito compiacimento di “aver cancellato il rosso dei conti” e di aver “compiuto” pertanto la “missione” assegnatale dall’azionista Arcelor Mittal. E non sembrerebbe questa un’autocandidatura alla carica di amministratrice delegata anche con Invitalia, azionista di maggioranza dal prossimo anno? 

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