C’è una nuova pericolosa epidemia: la rinocerontite. Consiste in una mutazione vera e propria. Si cambia pelle, ci si trasforma, si prende un’altra via. Ionesco nel suo teatro dell’assurdo ha evidenziato i guasti dell’ideologia. La sua opera Il Rinoceronte (Einaudi, 1981) ci permette di leggere i fatti dell’attualità. E ci fa vedere il drammatico passaggio dalla razionalità greco-occidentale alla distorsione della realtà. Le conseguenze sono patologiche: dalla mobilità del giudizio critico all’indurimento della cervice, dall’argomentazione precisa alla vista debole che non osserva la vita. Chi vive nell’insensatezza, insomma, finisce per fare scelte grottesche.



Ma veniamo, ora, a un fatto dei giorni scorsi. Tanti giornalisti hanno parlato del sedicente imam a Torino, tale Brahim Baya, intervenuto in università su invito degli studenti, appellandosi alla laicità dell’università e al diritto allo studio. Nessuno, però, ha posto in luce la questione centrale. Il dramma di giovani studenti che rifiutano la libertà di pensiero e si fanno guidare in una preghiera (uomini da una parte, donne separate) da una persona senza autorizzazione e senza titolo, durante l’occupazione abusiva. Un “battitore libero” chiamato come esperto senza altri invitati e senza contraddittorio ha avuto la possibilità di diffondere il suo pensiero da un’assemblea studentesca.



L’improvvisato imam ha proposto, però, non solo la preghiera, ma il jihad, inteso come sforzo interiore verso Dio. Non si sa se abbia usato il jihad secondo la taqqiya, dissimulandone il significato profondo. Tuttavia, tale sforzo, non legato alla giustizia e non rivolto al Dio della verità e della pace, si è rivelato subito fallimentare e dal fiato corto. Nessuna condanna del sanguinario eccidio dei civili israeliani, nessuna parola di solidarietà verso le donne vittime degli stupri o richiesta di rilascio degli ostaggi, barbaramente trattati. Non c’è stata neppure una raccolta di fondi per le vittime dei bombardamenti israeliani o l’intervento di un docente di diritto umanitario per le violazioni gravi e perniciose fatte dal governo di Netanyahu durante il suo sproporzionato azzardo morale. Insomma, si è trattato di un momento voluto da chi consegna la mente al primo venuto acriticamente. Persone sottomesse ad ascoltare, dunque, perché dimesse dalla ragione.



È vero che in passato c’era stato Roger Garaudy, filosofo francese, a fare qualcosa di simile. Garaudy passò dal marxismo all’islam. Il filosofo ricevette, successivamente, il Premio Gheddafi per i diritti umani (sic). Si affannò poi, verso la fine della sua vita, a negare la Shoah, derubricandola nel suo negazionismo a semplice epidemia di tifo. Ben altra fibra morale e spessore intellettuale ebbe un grande filosofo, cioè Nathan André Chouraqui, impegnato nel dialogo interreligioso, alla ricerca del Dio della pace.

Il problema oggi, però, è che i Garaudy anche in Italia iniziano a essere tanti. Rifiuto della civiltà occidentale, sventolio di bandiere diverse dal tricolore, odio per le proprie radici. I figli della cultura radical chic, insomma, espropriati dal nichilismo dalla loro casa interiore, trovano, oggi, rifugio nell’immaginario esotico. Capovolgono lo sguardo orientalista di Edward W. Said, diventando occidentalisti. Fanno la caricatura di un mondo e divorziano dalla democrazia. Impongono ad altri studenti di non fare lezione e invitano estranei all’università senza passare dagli organi di rappresentanza studentesca e collegiali.

Lasciano, così, il loro cuore nel dimenticatoio, per portare avanti le loro pretese. Ma il cuore dell’uomo è strano: ritorna al punto di partenza. E grida. Non si può accettare la sofferenza degli innocenti: israeliani o palestinesi. Il centro del dramma è la salvezza dei deboli, non l’affermazione del proprio punto di vista. Questo vuol dire, dunque, non sottomettersi al primo venuto che non conosce la Costituzione italiana. Significa essere uomini liberi che usano “il ben dell’intelletto” e non vogliono diventare rinoceronti.

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