Si chiama Stephan Catoi, il 27enne rumeno arrestato con l’accusa di aver ucciso Imen Chatbouri lo scorso 2 maggio. Ormai non sembrano esservi più dubbi in merito al fatto che sia stato proprio lui il responsabile dell’efferato delitto di Ponte Sisto a Roma. La svolta è arrivata grazie ai filmati delle telecamere di sorveglianza della zona acquisiti dalle forze dell’ordine, che inquadrano appunto Catoi mentre butta di sotto la povera Chatbouri, ex campionessa di atletica di origini tunisine, morta dopo un volo di diversi metri. Dopo meno di quindici giorni gli investigatori della Squadra Mobile e del commissariato Trevi sono riusciti di fatto a chiudere le indagini, raccogliendo gravi indizi di colpevolezza nei confronti del cittadino di origini straniere, al momento in cella presso il carcere romano di Regina Coeli. Vittima e carnefice si erano conosciuti la stessa sera, e dopo aver passato qualche ora assieme in un locale nel centro storico, i due si erano divisi. L’uomo, però, ha iniziato a seguire da lontano la ragazza magrebina, senza farsi vedere, e quando la stessa si è fermata sul lungotevere dei Vallati, lui è arrivato da dietro, le ha afferrato le caviglie, e l’ha gettata di sotto. Pare che alla base del gesto vi fosse un rifiuto della donna nei confronti dell’uomo, che forse avrebbe voluto avere un rapporto sessuale. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



PONTE SISTO, IMEN CHATBOURI AMMAZZATA DA 27ENNE RUMENO

Per l’omicidio di Imen Chatbouri è stato fermato un cittadino romeno. Si tratterebbe di un uomo sui 30 anni, che avrebbe ucciso l’ex atleta tunisina spingendola giù da Ponte Sisto, nel centro di Roma. La donna fu trovata senza vita la mattina del 2 maggio sulla banchina del Tevere. A inchiodare l’uomo le immagini delle telecamere di videosorveglianza. Gli investigatori sarebbero riusciti a identificarlo dopo aver visualizzato appunto le telecamere di sicurezza lungo il tragitto fatto dalla donna la sera prima. Il cittadino romeno si era nascosto negli ultimi giorni, sentendosi braccato. Ma dopo l’analisi dei filmati delle telecamere disseminate da piazza Venezia a Trastevere è stato possibile anche modificare l’ipotesi iniziale di reato, da omicidio colposo a omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Nel frattempo gli agenti della Mobile e del Commissariato Trevi Campo Marzio lavoravano per scandagliare gli ultimi contatti e frequentazioni di Imen Chatbouri.



IMEN CHATBOURI, OMICIDIO A PONTE SISTO

La polizia aveva già sentito anche un altro straniero, un operaio romeno che condivideva una stanza con Imen Chatbouri a Montespaccato. Lì era stata raggiunta anche dal fidanzato olandese dopo aver lasciato un altro alloggio di fortuna a piazza Pio XI. «Non l’ho vista più, pensavo se ne fosse andata», ha detto. E il telefonino era muto per tutti. I filmati sono stati utili anche per chiarire la dinamica dell’omicidio. L’assassino, dopo averla fatta volare nel vuoto, è sceso per le scalette del lungotevere e si è avvicinato al corpo per far sparire elementi che potevano portare a lui in fase di indagine. A partire dal cellulare. L’unica accortezza che ha avuto l’omicida è stata metterle la borsa della palestra sotto la testa, come se Imen stesse dormendo. Grazie alla tessera del centro dove praticava sport, il capo della Mobile Luigi Filippo è riuscito a dare un nome al cadavere. Ora una nuova importante svolta nelle indagini.

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