La Chiesa ha stabilito un giorno per festeggiare la libertà. Questo giorno è l’8 dicembre. Una sosta per contemplare, stupiti, il dono più grande che ci è stato fatto, come dice Don Chisciotte della Mancia al suo scudiero Sancho Panza: “La libertà, Sancho, è uno dei doni più preziosi che i cieli abbiano concesso agli uomini: i tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non le si possono eguagliare: e per la libertà, come per l’onore, si può e si deve mettere a repentaglio la vita”.
Non festeggiamo la libertà, però, guardando a noi stessi. Oggi la Chiesa ci chiede di fissare lo sguardo sulla Madre della libertà. La Madonna, nell’istante del suo “sì”, è diventata la Madre della libertà, di una libertà unica. Don Giussani la descrisse in un suo intervento al Santuario di Caravaggio nel 1982: “La libertà che aderisce dice: ‘Sì, riconosco’. Ci può essere, però, un riconoscimento che non accetta, non si coinvolge. In questo modo la mia fede diventa fiacca, vuota, senza senso. Bisogna sottolineare la ragionevolezza di quel ‘sì’: perché lei ha detto di sì? Nel mistero di quel momento la Madonna ha intuito che era proprio un annuncio di Dio, Dio vero. Così è avvenuto anche per noi. Infatti nessuno di noi è cristiano se non perché, in qualche modo, l’intuito, il capire che Cristo è vero, la Chiesa è vera, il mistero cristiano è vero, l’ha preso anche solo per un attimo. Tutti abbiamo avuto questa intuizione. La grandezza della Madonna è la sua semplicità: lei ha detto: ‘Sì’ e basta, non chiedeva altro. Noi, invece, abbiamo sempre bisogno di qualcosa d’altro, di qualche prova in più per potere essere decisi. La maturità della fede, Cristo l’ha definita, paragonata al bambino. Il bambino sente istintivamente di appartenere ai genitori e di fronte alle cose dice: ‘Sì’, sgrana gli occhi: non chiede altre conferme di ciò che vede. Quello che il bambino fa per istinto di natura, l’uomo con una fede matura lo fa coscientemente. Quindi la maturità della fede è il bambino che da istinto diventa coscienza, con la stessa semplicità”.
Oggi ci viene regalata l’occasione per domandare questa coscienza e semplicità per dire: “Sì, riconosco”, conosco di nuovo. Abbiamo bisogno di “conoscere di nuovo” il volto delle persone che hanno a che fare con quel “sì”. Marito, moglie, figli, amici… tutte quelle presenze umane che Dio ha scelto perché la nostra vita potesse contenere l’eco della risposta di Maria. In quella eco si gioca la possibilità della vera libertà. Ci sono, infatti, tanti modi per dire “sì”, e lo sappiamo fin troppo bene. Possiamo dire “sì” per abitudine, per convenienza, per pressioni esterne, per paura, per una falsa obbedienza. Riconosciamo subito un tale modo di dire “sì” perché, come dice don Giussani, non ci coinvolge. E non ci coinvolge, non lo accettiamo, perché verifichiamo all’istante che si tratta di situazioni in cui tutto è pensato perché si possa fare a meno di noi. Per questo Dio ha aperto nella storia la strada a un “sì” da uomini e donne liberi. Questa strada si è aperta con Maria. Con lei Dio ha mostrato definitivamente che non vuole fare a meno di noi, che desidera il nostro “sì” libero. Come scrisse don Julián Carrón nella Prefazione al libro “L’impegno del cristiano nel mondo”: “Se la libertà non trova un oggetto adeguato che la catalizza, l’uomo resta come paralizzato nel centro del proprio io; e tutta la sua agitazione, tutto il suo fare non riescono a sbloccarlo nell’intimo”.
Abbiamo, così, la possibilità di “conoscere di nuovo” noi stessi, guardandoci come ci guarda Lui. Il riconoscimento di Cristo diventa riconoscimento di sé. Ci riscopriamo uomini e donne come mai avremmo potuto fare, incastrati in tutti i nostri discorsi, tentativi e iniziative dove, spesso, non c’è bisogno del nostro “sì”. Gustiamo, allora, questa festa della libertà, in cui la vera iniziativa l’ha presa, e continua a prenderla, Dio stesso muovendoci fin nell’intimo del nostro io.
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