Un giro di matrimoni finti, ma anche di falsi esami di conoscenza della lingua italiana, ha portato all’arresto di 5 persone, per un totale di 78 indagati, con le accuse di immigrazione clandestina. I responsabili si facevano dare soldi rilasciando in cambio attestati di finte nozze, e falsi esami di lingua, agli immigrati che li richiedevano e che diventavano di conseguenza regolari sul suolo italiano. A scoprire questo giro illecito è stata la polizia di stato di Milano, a seguito di un’indagine denominata “falsa promessa”, proprio per via dei finti documenti rilasciati. L’attività investigativa è stata coordinata dalla procura milanese, ed ha riguardato in particolare dei cittadini stranieri, per la maggior parte dei nordafricani titolari di Caf, o centri di sbrigo di pratiche per extracomunitari, ed ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare per cinque persone, di cui due soggetti italiani e tre stranieri. Nei loro confronti, come riporta l’edizione online di RaiNews, le accuse sono quelle, a vario titolo, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, induzione al falso ideologico in atti pubblici, corruzione e rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, dietro compenso di danaro.
MILANO, 78 INDAGATI PER IMMIGRAZIONE CLANDESTINA: ATTESA LA CONFERENZA STAMPA
Non è ben chiaro se gli extracomunitari che ricevevano in cambio i falsi attestati fossero a conoscenza o meno dei documenti “fake”, fatto sta che alle ore 11:00 di stamane, fra meno di un’ora e mezza, si terrà una conferenza stampa presso la Questura di Milano in cui verranno forniti maggiori dettagli su questa indagine. Bisognerà anche capire quanti sono i soggetti immigrati che sono divenuti “regolari”, visto che la portata degli atti illeciti non è ancora chiara. Solamente due giorni fa era avvenuto qualcosa di simile in quel di Bologna, dove una banda organizzava il viaggio in Italia degli extracomunitari, e nel contempo dei falsi documenti di identità, favorendo appunto l’immigrazione clandestina. Il costo della “pratica” si aggirava mediamente fra i duemila e i settemila euro, e nell’operazione è risultato essere coinvolto anche un alto funzionario governativo di cui però non è stata resa nota l’identità.