L’esito fallimentare della sanatoria degli immigrati era ampiamente scontato. In tempi non sospetti, nel maggio 2020, mi ero permesso di evidenziare le ragioni del potenziale fallimento dell’iniziativa. Quelle puntualmente documentate nell’articolo di Goffredo Buccini sul Corriere della Sera del 15 settembre u.s. Uno dei sostenitori ante litteram dell’esigenza di fare una sanatoria urgente anche per la finalità di prevenire la diffusione del Covid (tema che nel decreto legge successivo non è stato nemmeno affrontato).



In buona sostanza l’autore evidenzia che gli sportelli dell’immigrazione non sono stati in grado di gestire la mole delle domande e che, a distanza di un anno, sono stati rilasciati solo poco più di 70 mila permessi di soggiorno rispetto alle 207 mila domande presentate. Constata che nel settore dell’agricoltura (utilizzato come pretesto per attivare la sanatoria per via della carenza di manodopera per le raccolte stagionali) l’esito è stato ancora più fallimentare, perché i circuiti di appartenenza degli immigrati, e la dipendenza dai caporali stranieri, impediscono che tutto ciò avvenga. Evidenzia che le raccolte stagionali sono state effettuate aumentando le prestazioni sommerse della manodopera disponibile. Mette in rilievo che la sanatoria viene utilizzata da molti intermediari per chiedere soldi agli immigrati irregolari (fino a 10 mila euro pro capite) come condizione per documentare il rapporto di lavoro.



Tutte cose che mi ero permesso di documentare (con esiti delle precedenti sanatorie) sulla base dei miei trascorsi professionali sulla materia. Con l’inevitabile accompagnamento di insulti, e di accuse per la mancanza di sensibilità verso le persone sfruttate.

La cosa più singolare è che l’autore dell’articolo, anziché prendere atto che la sanatoria non era il modo giusto per affrontare il problema, utilizza il fallimento per riproporla in grande stile. Intervista l’ex Ministro Bellanova che lancia accuse a destra e manca, in particolare al M5S e al ministero dell’Interno, perché hanno impedito di estendere la sanatoria a tutti i settori, edilizia e servizi compresi, e limitato i tempi per la raccolta delle domande.



Un vero peccato che fosse stata lei a chiedere il provvedimento di urgenza per rispondere ai bisogni impellenti delle raccolte stagionali. Non bisognava essere dei geni per comprendere che in piena pandemia la gestione delle domande, già problematica in via ordinaria, era praticamente impossibile.

Quanto alla mancata estensione della sanatoria ad altri settori, presa a motivazione per giustificare il gap tra la stima dei 600 mila lavoratori clandestini (sparata a capocchia e mai documentata dall’Istat) e le domande effettivamente raccolte, è sufficiente analizzare gli esiti della sanatoria del 2012, che era estesa a tutti i settori, dove l’87% delle domande è stata inoltrata per le colf e le badanti. Una percentuale persino superiore a quella registrata nel 2020 (85%). Perché il rapporto di lavoro domestico, cioè le assunzioni da parte delle famiglie, è quello che viene privilegiato dagli intermediari, per ragioni facilmente comprensibili: simulare i rapporti di lavoro e spillare i soldi agli immigrati. Ottenuto il permesso di soggiorno, il rapporto di lavoro cessa immediatamente. Come nella sanatoria del 2012, il 75% delle domande è stato presentato per assumere colf e badanti maschi, in grande prevalenza pakistani, bengalesi, egiziani, indiani, cinesi, marocchini, il 30% dei quali assunto da famiglie della stessa etnia. In questa occasione la pandemia ha solo complicato un po’ le cose per il rilascio dei permessi di soggiorno.

L’autore dell’articolo prosegue descrivendo la condizione para schiavista in cui versano 350 mila lavoratori sommersi (stima Cgil) che richiederebbe altre sanatorie, possibilmente utilizzando il canale dell’autodichiarazione da parte degli immigrati entrati irregolarmente o con un permesso per motivi turistici o familiari, a prescindere dal rapporto di lavoro (una condizione peraltro prevista dalla sanatoria ma utilizzata da pochissime persone).

Il tema del lavoro sommerso è estremamente serio. La stessa Bellanova evidenzia che forse esistono problemi di carattere strutturale che andrebbero affrontati con altri mezzi. Nel caso degli immigrati, il lavoro sommerso viene svolto per la stragrande parte da stranieri con regolare permesso di soggiorno, oppure comunitari. Tema, accuratamente trascurato perché interroga la condizione in cui versa la popolazione immigrata regolarmente residente in Italia, che ha subito una perdita di 180 mila posti di lavoro, e un aumento delle persone disoccupate superiore alle 600 mila unità, per via della pandemia; con il 26% delle famiglie straniere che versa in condizioni di povertà assoluta (dati Istat occupazione e povertà del giugno 2021).

E qui subentra quella che, nel racconto dell’autore, con tanto di sostegno degli intellettuali organici, viene considerata la soluzione madre per tutti i problemi: riaprire i canali legali di ingresso per motivi di lavoro per evitare gli ingressi clandestini. Tradotto: far entrare nuova manodopera con bassa qualificazione per complicare ulteriormente la vita agli immigrati regolarmente presenti in Italia.

Il consiglio non è richiesto, ma lo faccio lo stesso. Ma non è possibile trovare qualcuno nelle componenti che hanno a cuore le prospettive degli immigrati nella nostra comunità, che si proponga di aggiornare l’analisi della loro condizione per formulare proposte che non assomiglino a un disco rotto che ripete sempre le stesse cose?

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