Una parte rilevante della popolazione potrebbe essere stata esposta in passato a qualcosa di simile a Sars-CoV-2 prima ancora che il nuovo coronavirus fosse scoperto. E quindi tra noi potrebbero esserci persone che, senza essersi ammalate, sono già immuni, almeno per un po’. Esiste allora un’immunità preesistente? Sulla rivista scientifica British Medical Journal il dottor Peter Doshi ha spiegato che ci sono almeno sei studi che documentano la reattività delle cellule T contro Sars-CoV-2 nel 20-50% delle persone esaminate che non sono state ancora esposte al coronavirus. Cosa sono le cellule T? Si tratta di linfociti T, che hanno la capacità di eliminare cellule tumorali, infette e organismi patogeni. Riconoscono l’antigene e scatenano la risposta immunitaria. In uno studio su campioni di sangue di donatori ottenuti negli Stati Uniti tra il 2015 e il 2018 è emerso che il 50% ha mostrato varie forme di reattività delle cellule T a Sars-CoV-2. Uno studio simile condotto su campioni provenienti dall’Olanda ha riportato lo stesso fenomeno in 2 delle 10 persone che non erano state esposte al coronavirus. In Germania, invece, sono state rilevate in un terzo dei donatori sani sieronegativi della Sars-CoV-2. Risultati simili sono stati raggiunti a Singapore, nel Regno Unito e in Svezia. Trattandosi, però, di studi di piccole dimensioni, non si possono fare stime precise sulle risposte immunologiche preesistenti.
IMMUNITÀ PREESISTENTE, GIÀ ESPOSTI A QUALCOSA DI SIMILE A CORONAVIRUS?
L’ipotesi degli scienziati è che queste persone siano venute a contatto con i “comuni coronavirus del raffreddore”, ma quelli di Singapore ritengono che la reattività delle cellule T possa provenire anche da altri coronavirus sconosciuti, di origine animale, avendo caratteristiche simili ai precedenti virus. Ma non si esclude neppure che le proteine associate alle vaccinazioni infantili inducano la formazione di cellule T della memoria che poi riconoscono Sars-CoV-2 come qualcosa di familiare. Tutti questi studi dimostrano comunque quanto poco ancora sappiamo anche dell’immunità. «Forse siamo stati un po’ ingenui a usare i test sierologici per vedere quante persone possono essere state infettate dal virus. Forse il livello di immunità è maggiore», ha dichiarato a BMJ l’immunologo Marcus Buggert del Karolinska Institute.
L’immunità preesistente potrebbe spiegare anche perché i bambini sono stati risparmiati dalla pandemia, perché colpisce le persone in modo diverso e l’alto tasso di infezioni asintomatiche per bambini e giovani adulti. Con l’immunità preesistente si potrebbe spiegare perché in Svezia, dove non c’è stato un lockdown, il numero di ammalati è basso. Se i test sierologici che misurano gli anticorpi contro Sars-CoV-2 ci hanno detto che le persone che hanno incontrato il virus sono molte di più di quelle che pensavamo, potrebbero allora essere ancora di più quelli che sarebbero già stati immuni grazie alle cellule T.