Una settimana di udienze non ha finora provocato il terremoto che i democratici speravano di scatenare: portare all’impeachment di Donald Trump. Nonostante la diffusione di sondaggi che tendono a mostrare come una larga maggioranza della popolazione sia favorevole alla messa in stato di accusa, “solo un 50% o poco più di americani è di questa idea, mentre Trump mantiene un indice di gradimento superiore al 40%”, osserva Andrews Spannaus, giornalista e analista statunitense attivo in Italia e a livello internazionale, fondatore di Transatlantico, agenzia di analisi e consulenza geopolitica. “È sempre più evidente – aggiunge – che i democratici, dopo aver tentato senza risultati con il Russiagate, stanno adesso giocando la carta dell’Ucraina per costringere Trump alle dimissioni, ma senza riuscirci. Al momento nessun politico repubblicano ha intenzione di votare contro il presidente, il che rende impossibile arrivare all’impeachment”.



Molte testimonianze stanno avallando la colpevolezza di Trump, confermano le sue pressioni sul presidente ucraino per ottenere informazioni in grado di danneggiare Joe Biden. Anche l’ambasciatore presso l’Unione Europea, Gordon Sondland, ha ammesso di aver lavorato con Rudolph Giuliani per esercitare pressioni sul governo di Kiev. In che situazione si trova Trump?



L’impeachment è stato eccessivamente politicizzato, su questo non ci sono dubbi. I democratici fanno di tutto per cercare di dimostrare che Trump ha fatto pressioni al fine di ottenere indagini su Biden, questo è fuor di dubbio. I repubblicani, però, non si fidano su quanto sta venendo fuori da queste testimonianze.

Anche perché si tratta di dichiarazioni di seconda mano, nessuno ha sentito Trump pronunciare quelle parole, non è così?

No, in realtà Alexander Vindman, il massimo consigliere di Trump per l’Ucraina, ha testimoniato di aver sentito la telefonata incriminata. Per i repubblicani, però, quanto successo non costituisce un crimine, perché considerano tutto questo un tentativo di rimuoverlo solo per ragioni politiche. Questo singolo episodio non viene da loro valutato come un abuso di potere.



Quindi? Che quadro ne emerge?

Sono anni che l’intelligence cerca di incriminare Trump. Prima hanno provato con il Russiagate, ma non si è approdati a nulla, adesso sono convinti di aver trovato la motivazione perfetta, però hanno commesso degli errori e sono stati poco trasparenti.

In che senso?

Sono state condotte audizioni a porte chiuse, ma ogni dichiarazione è poi tranquillamente trapelata alla stampa, senza dare alla controparte la possibilità di rispondere. Doveva essere tutto secretato, invece la stampa è tenuta al corrente di quello che si dice in commissione.

Questo è un fatto molto grave, vero?

Certo. Dimostra l’uso politico che si fa dell’impeachment per scopi precisi utili al Partito democratico. I democratici hanno sperato di fare “il botto”, ma hanno ottenuto un “serrate i ranghi” da parte del Partito repubblicano, dove pure non sono pochi i politici che disapprovano Trump. In questo modo non otterranno mai la maggioranza al Senato, necessaria per avere l’impeachment.

Tutto questo è percepito anche dall’opinione pubblica o resta confinato in circoli ristretti?

L’opinione pubblica americana percepisce benissimo che è la continuazione di una battaglia contro Trump che dura da anni. Il sostegno per l’impeachment è poco sopra il 50%, non ha mai raggiunto cifre schiaccianti, mentre Trump mantiene il suo 40% di gradimento, non è stato abbandonato dallo zoccolo duro dei suoi estimatori.

E in vista delle prossime presidenziali nel 2020, il Partito democratico sembra in alto mare nella scelta di un candidato in grado di sfidare Trump.

È così. Elizabeth Warren stava dimostrando di andare forte, superando anche in alcuni sondaggi Joe Biden, ma è stata fermata, messa nell’angolo con pressioni mediatiche sul tema della sanità, che la stanno danneggiando. Se la Warren riuscirà a uscire dall’angolo, sarà sicuramente il candidato migliore in grado di sfidare Trump sul piano del populismo economico.

Joe Biden è ancora il candidato più forte?

Non più, anzi ritengo sia un grosso rischio per i democratici puntare su di lui, in quanto troppo legato al passato, come dimostra proprio il caso Ucraina. Inoltre ha un modo di comunicare e di parlare vecchio, come la sua età avanzata.

Avanti negli anni è anche Bernie Sanders, che tuttavia non ha alcuna intenzione di mollare…

Sanders non molla e ha una posizione politica molto simile a quella della Warren. Ma la sorpresa del momento è Pete Buttigieg, che nell’Iowa ha staccato, in base a un sondaggio, Biden e Sanders di ben dieci punti e la Warren di nove. Buttigieg è giovane, sa parlare e comunicare molto bene, è omosessuale ma anche cristiano praticante. Insomma, potrebbe essere la sorpresa di queste nomination, tenendo conto che proprio l’Iowa sarà il primo Stato a pronunciarsi durante la corsa per la scelta del candidato democratico.