È evidente come il conto-energia investa praticamente tutti i settori dell’economia, da quelli produttivi a quelli indotti, familiari. Uno di questi è l’industria del turismo inverno/neve: per alcune stazioni sciistiche i costi (a meno di correttivi) non saranno sostenibili, e si sceglierà di spegnere gli impianti di risalita e i cannoni spara-neve, tutti dispositivi azionati dall’energia elettrica. E dove impianti e cannoni funzioneranno, gli skipass (anche i giornalieri) sono destinati ad aumenti sensibili: già il Dolomiti Superski ha ritoccato al +10%. Ma mentre fino a poco fa le società fissavano già i budget e i listini ogni fine stagione per l’inverno successivo, adesso i più non si sbilanciano e restano nell’incertezza totale, nel timore che i rincari dell’energia non siano ancora finiti. Si resta appesi a un filo, o meglio a una fune.
“Se dopo il Covid pensavamo di non poter vedere di peggio – ci dice Valeria Ghezzi, presidente Anef, l’associazione di Confindustria che rappresenta gli impiantisti a fune -, la stagione che abbiamo davanti presenta incognite enormi e desta grandissime preoccupazioni. È infatti noto che le aziende funiviarie sono energivore da novembre ad aprile ed in particolare quando si fa neve. La bolletta energetica di quest’anno rischia di non essere economicamente sostenibile per molte aziende. L’aumento rispetto ad agosto 2021 è stato fino a 6 volte tanto. E purtroppo la produzione di neve dipende da temperatura e vento e non rende possibile una gestione dei consumi energetici per poter risparmiare”.
Basta pensare come per ogni metro cubo di neve artificiale siano necessari in media circa 1,1 kWh di energia elettrica e 0,4 metri cubi di acqua. “È un tema sul quale ora serve un sostegno da parte del governo o dell’Europa, perché le aziende da sole possono ben poco. Al tema energia aggiungiamo i mercati che, specialmente in Europa dell’Est, sono molto incerti per via della guerra. Noi abbiamo fatto il nostro, rinnovando il contratto nazionale di lavoro con il primo aumento a ottobre, perché l’inflazione c’è anche per le famiglie… Ora speriamo che il governo affronti in modo concreto la questione energia”.
Dal pre-pandemia ad oggi la bolletta degli impiantisti s’è moltiplicata per 5, 6, 7, e non ci sarà ritocco del prezzo dello skipass a poter compensare i rincari. A soffrire di più saranno, come sempre, gli operatori più piccoli (gestori dei rifugi compresi), meno strutturati e non in grado di spalmare i super costi in lunghi periodi di affollamento. Ma il timore è che i nuovi prezzi finiscano con deprimere gli arrivi, in una spirale micidiale che potrebbe ripercuotersi su tutta la lunga filiera della montagna/neve, dagli alberghi ai fornitori di beni e servizi.
La situazione è pessima in tutt’Europa. Senza andare troppo lontano, sull’altro versante delle Alpi, in Svizzera, lo spettro di una crisi energetica è sempre più concreto (come riferisce il sito tutti.ch). Uno scenario che minaccia la prossima stagione invernale e il turismo di montagna. Berno Stoffel, direttore dell’Associazione svizzera delle funivie, ha già annunciato un piano di risparmio energetico negli impianti sciistici che porterebbe a una diminuzione dei consumi del 5%. Una misura necessaria che prevede lo spegnimento dell’illuminazione superflua durante la notte, la riduzione dei riscaldamenti e l’utilizzo esclusivo di acqua fredda nei bagni dei ristoranti.
Questi interventi potrebbero però non bastare. Secondo il direttore, nel caso in cui la situazione lo richiedesse, si potrebbe risparmiare addirittura il 20% del consumo, e il singolo impianto di risalita dovrà decidere se attuare altre misure di riduzione. Gli esperti stanno discutendo molte opzioni, come per esempio la diminuzione della velocità di risalita oppure la riduzione degli orari di funzionamento del servizio.
Qui in Italia gli operatori diretti dell’industria montagna/neve, ma anche tutti i territori montani, restano in attesa dei provvedimenti che verranno presi dal governo, nella speranza che anche l’Unione europea dia segni di vita.
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