“Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo Popolo e sappia distinguere il bene dal male” (1 Re 3,9). Questa citazione dal Primo Libro dei Re è il dialogo tra Salomone e Dio, che gli apparve in sogno dicendogli: “Chiedimi ciò che vuoi e io te lo concederò”. Salomone chiese a Dio la Sapienza. Ecco, per me la collaborazione può diventare impresa “perché sappia distinguere il bene dal male”. Pensate a quale grande capacità siamo chiamati ad avere nelle scelte che facciamo. Questo primo aspetto ha caratterizzato tutta la mia vita di imprenditore da 40 anni, in quanto ho dovuto e ancora faccio ogni giorno la scelta di investire sulle persone. La mostra che abbiamo fatto al Meeting dal titolo Un compito nel mondo. Dignità, Lavoro, Responsabilità è la sintesi che spiega i tre aspetti di cui vorrei parlare e che coinvolgono ognuno di noi nel rapporto con il lavoro.



1. Il punto non è la fidelizzazione delle persone, come spesso ho visto fare nelle multinazionali, non ci ho mai pensato in tutte le scelte che ho fatto, non ho mai creduto che il modo per far rimanere attaccata la persona all’azienda fosse quello di fare iniziative per fidelizzare. Non è stato mai il mio scopo con le persone. Al primo punto metto sempre quello che ci disse Giorgio Vittadini a un nostro convegno dal titolo “Il senso del lavoro”. Una persona non può avere il concetto del lavoro pensando solo alla sua mattonella. Il senso del lavoro non può limitarsi alla responsabilità del compito che mi è stato affidato, per cui sono pagato e per cui devo rispondere. Ed anche se lo stipendio è parte vera di una responsabilità, la prima responsabilità nel lavoro è sentirsi parte integrante del lavoro di tutti, quindi il tema non è la competizione, ma è e diventa l’aiuto reciproco a costruire, e la condivisione e la cooperazione sugli obiettivi comuni. Far sentire tutti coinvolti allo stesso progetto che poi è il lavoro per tutti – chi può dare 30 dà 30, chi può dare 100 dà 100 -, l’importante è che tutti diano quello che sono capaci. Questo è il primo coinvolgimento di chi lavora per creare impresa. L’impresa la si fa tutti insieme. Costruire insieme, come dice Papa Francesco, cooperare è uno stile di vita.



2. Dal lavoro il lavoro è il titolo del libro che abbiamo fatto per i 25 anni della nostra Cooperativa Team Service e fra un anno sono 40. Se tutti sono coinvolti a creare impresa, allora l’obiettivo di tutti è generare e creare lavoro. In questi 40 anni c’è, come nella bellissima canzone di Guccini Il vecchio e il bambino, la capacità di sognare. Sognare serve a intraprendere e sperare e a guardare fiduciosi al futuro. Questa capacità operativa di generare e creare lavoro fa la differenza per vivere il proprio lavoro come crescita personale. La differenza fondamentale nel costruire un’impresa, un’azienda, è tra prendere, svuotare l’azienda, e intraprendere: generare lavoro. Ecco questo aspetto, quando ti appartiene, ti fa rimanere attaccato all’azienda e quando accade questo, tutti si sentono parte di ciò che costruiamo. Il 65% dei nostri uffici è in cooperativa da 25 anni, il 70% dei nostri dipendenti, circa 5mila in Italia, sono donne, di conseguenza abbiamo ben presente il tema della conciliazione tra lavoro e famiglia. Il problema quindi secondo me è la proprietà delle aziende senza volto con scopi e finalità di lucro, tutto spinto solo sul profitto, a volte anche speculativo.



3. Se la prima cosa è la responsabilità nel lavoro, se la seconda è generare lavoro, il terzo punto è la persona al centro dell’azienda e la dignità di ciò che è e ciò che fa. Questo è la centralità con cui abbiamo fatto la nostra crescita fino a diventare una realtà nazionale, vale a dire che l’azienda è la persona e senza di questo non c’è crescita, non c’è impresa. E la cosa bella del creare lavoro è investire sulla persona, sul patrimonio umano che c’è. Imparare a fare meglio il proprio lavoro è una cosa fondamentale perché ti appassiona a quello che fai, ti appassiona al tuo lavoro e si cresce e si investe su questa passione.

È importante amare il proprio lavoro. Avere davanti agli occhi, persone e volti, che sono stati e sono questa possibilità di investire sulla persona mi rende facile la distinzione tra il bene e il male, come ad esempio i tre settori in cui stiamo investendo. Il primo investimento è quello nel settore dell’ambiente, nella selezione e nella rigenerazione della plastica, ed è un investimento importante. Il secondo è nella sanità e nella telemedicina per facilitare l’assistenza a casa o del territorio. Il terzo investimento, abbiamo fatto una nuova società come agenzia di lavoro per operare con lo Staff Leasing per l’integrazione dei migranti nel mondo del lavoro. Ecco, questi sono tre esempi per dire che si possono fare investimenti, ma il punto di partenza è la valorizzazione della persona.

Concludendo, l’impresa è il luogo dove viviamo ogni giorno, per questo lasciatemi dire che noi dobbiamo combattere il lavoro come solitudine, noi dobbiamo combattere che il lavoro si riduca allo smart working. Sicuramente dobbiamo fare in modo di difendere e proteggere le classi e le persone più deboli, aiutandoli con il lavoro a distanza, ma non dobbiamo costruire una società dove lo smart working è lavoro. Noi tutti abbiamo a cura il tema del sociale, che è sempre e comunque la valorizzazione della persona, ma non dobbiamo farci ingannare pensando che il lavoro sia mio e solitario. La solitudine non crea il lavoro, noi vogliamo un’azienda che ci mette insieme per creare lavoro. Concludo con una domanda finale: come proteggiamo le Pmi, i territori e gli imprenditori seri e veri, dall’invasione di una morale dove il lavoro è solo guadagno?

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