L’architetto Flavio Albanese si è incontrato con i giovani designer russi nell’ambito de I Saloni WorldWide Moscow che si chiudono oggi al Crocus Expo di Mosca. Una testimonianza di quanto l’architettura italiana abbia da dire in un contesto economico caratterizzato da una crescita poderosa come il mondo russo. L’evento, organizzato da Cosmit e FederlegnoArredo, da otto anni si propone come occasione privilegiata per presentare i prodotti italiani d’eccellenza e la nostra cultura agli investitori e ai giovani di Russia, Ucraina, Kazakistan e Paesi Baltici.



Come sottolineato da Albanese nel corso della conferenza dal titolo “Projecting Collettive Spaces” (Progettare Spazi Collettivi), “siamo ogni giorno più connessi, performati e performanti. La performance è una parola inglese che viene dal latino e sta per ‘prendere forma da’, è ciò che ci sta ridefinendo completamente come esseri umani. Siamo diventati tutti transgenici, le razze si miscelano di continuo e i nostri pensieri si contaminano e si influenzano come in una rete neuronica di proporzioni globali. In una società dove si contrapponeva l’amico al nemico, il dentro e il fuori, era più facile trovare parole per definire le cose rispetto a quanto avvenga oggi”.



Albanese ha citato il sociologo polacco Zygmunt Bauman, teorico della società liquida, la quale “ci porta giorno dopo giorno ad assumere come elemento fondante del nostro sistema di rapporti la liquidità. Se siamo liquidi e neuronici, significa che siamo senza confini. Lo esprime bene la meccanica di due atomi che attraverso i neurotrasmettitori diventano neuroni. Il neurone è una condizione che permette di inventare, di creare”. Uno dei massimi architetti di fama mondiale, ma figlio di un minatore, Albanese ha svelato il segreto della sua creatività citando Platone, che nella Repubblica scrive: “Se tu vuoi essere creativo, lo potrai fare solo in condizione di necessità, solo cioè se hai bisogni”.



Come spiegato da Albanese, “purtroppo stiamo andando verso una società di consumi e di minori bisogni. Quanti di voi oggi hanno bisogno di un nuovo maglione o di un nuovo cappotto? Quanti hanno bisogno di mangiare? Siamo tutti troppo alimentati, e in questa condizione rischiamo di perdere la nostra capacità creativa”.

Tra le collaborazioni più prestigiose di Albanese c’è stata quella del 2007 con Rem Koolhaas, architetto visionario olandese che ha reimpostato il sistema del linguaggio nell’architettura e nel design. Come evidenziato da Albanese, Rem Koolhaas “ci ha raccontato di un luogo che si chiama ‘città indefinita’, o ‘generic city’. Una città senza identità né nomi, che si confonde e non ha più la possibilità di essere identificata e catalogata. Un luogo che accoglie in sé una società liquida”.

E ha aggiunto Albanese: “Se la ‘generic city’ di Rem Koolhaas è ormai realtà, nessuno di noi può immaginare di pianificare un futuro per quanto vicino. Qualsiasi futuro ci sfugge rapidamente dalle mani, proprio come avviene con i fluidi. Se nel ‘700 e ’800 la società affermava dogmi e principi, oggi si tiene alla larga dalle definizioni e dai generi. E’ l’apertura che sta accadendo al mondo verso una crosta terrestre condivisa da tutti”.

Emblematico l’esempio portato dall’architetto: “Mi piace pensare a Cristoforo Colombo che parte dall’Europa e approda in America, mentre oggi con Google da un piccolo puntino sul mio computer posso volare in pochi secondi fino a vedere la porta di casa mia. Da questa terra cartografa fatta di vulcani, posso rapidamente scendere fino al colore dall’auto parcheggiata di fronte al mio ufficio. E’ lo straordinario fenomeno che ha radicalmente cambiato il nostro sistema da persone solide a persone che vivono una società liquida. Ciò esige che si fugga dalla città sociale e dalla sfera pubblica”.

Quindi Albanese ha osservato come “i rapporti un tempo si svolgevano in luoghi e l’architettura li costruiva. Oggi una biblioteca ha poco senso, dal momento che leggo un libro su un supporto elettronico che tengo in tasca. Lo stesso vale per uno spazio come il cinema, quando posso guardare un film in treno o in auto. O per il ritrovarmi a discutere con qualcuno, quando i social network sono diventati i nostri luoghi di discussione. Al posto dei teatri, c’è l’ipad dove posso guardare l’ultima performance del mio attore preferito”.

Evidente quindi la conclusione cui è giunto il designer italiano: “Tutta l’architettura più importante, dal momento in cui l’uomo comincia a costruire oggetti sociali fino a oggi, è rimessa in discussione da questi cambiamenti. E’ quindi evidente che la società nella quale stiamo vivendo ci porta lontano dai luoghi sociali, li sta cancellando e ci sta lentamente conducendo verso luoghi ‘eterotopi’. ‘Eteros’ significa differente, diverso, ed ‘etero-topos’ vuol dire che i differenti si trovano insieme, gli opposti condividono, non più amici-nemici, ma semplicemente enti”.

 

(Pietro Vernizzi)