Alla quarantaquattresima giornata del credito, il presidente del Consiglio Mario Monti dichiara che l’accesso al credito e il rapporto tra banche, imprese e vigilanza è un nodo centrale non solo in Italia, ma in tutta Europa. Il premier sottolinea che siamo di fronte a un nodo cruciale per definire la ripresa dell’economia. Si può dire che il presidente del “governo dei tecnici” non scopre proprio una novità. Forse ha voluto ribadire un concetto base dello sviluppo economico italiano e della crescita in generale in un momento però di grande difficoltà, non solo per l’economia e per le imprese, ma anche per le banche, anche quelle italiane, che, seppur non appesantite da operazioni spregiudicate e da “titoli tossici”, come in altra parte del mondo e dell’Europa, restano ancora penalizzate, in difficoltà per i parametri stabiliti dall’Eba.



C’è una seconda dichiarazione che anima comunque la giornata economico-politica. È del ministro dell’Economia,Vittorio Grilli, fatta in un’audizione in Parlamento. Secondo Grilli, l’economia italiana avrà già una ripresa all’inizio dell’anno prossimo e questo incremento si accentuerà nella seconda metà del 2013. Sempre secondo Grilli, la crescita diventerà stabile nel 2014 e nel 2015, quando il Pil italiano dovrebbe aumentare dell’1,1% e dell’1,3%. Come commentare queste due dichiarazioni? Il professor Marco Fortis è un grande analista della situazione economica mondiale. È vicepresidente della Fondazione Edison e insegna Economia industriale e commercio estero alla Facoltà di Scienze Politiche all’Università Cattolica di Milano. Il professor Fortis non raccoglie provocazioni, su questo “passaggio” fatto da Monti, e quindi alla prima domanda che gli si pone: perché Monti ha sottolineato il problema del credito? risponde garbatamente che la domanda dovrebbe essere girata direttamente al professore che siede a Palazzo Chigi. «È evidente che questo problema è cruciale. Del resto lo aveva già richiamato il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. La questione ormai si conosce in tutti i suoi aspetti e il nodo va risolto tenendo conto delle difficoltà economiche a livello mondiale e per il fatto che le stesse banche non sono messe bene. Anche le banche italiane, che sono molto migliori di altre banche imbottite di “titoli tossici”, hanno al momento le loro difficoltà per i parametri che impone l’Eba, l’autorità bancaria europea».



Passiamo allora alle previsioni del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli.

Mi sembra che si sia allineato alle previsioni più pessimistiche fatte nell’aggiornamento del Documento di economia e finanza, quando si è preso atto che nel 2012 il Pil italiano scenderà del 2,4%, rispetto a quell’1,6% previsto in primavera. La stima era già stata fatta da altri osservatori nazionali e internazionali. Adesso occorrerà aspettare il 12 ottobre per vedere l’ultimo ragguaglio di Confindustria. Si parla poi di una risalita nel 2013 che si accentuerà nel secondo semestre del 2013. E qui dobbiamo aspettare quei dati, tenendo però presente che i ragguagli statistici hanno certamente un senso, se a un segno meno segue un segno più. Ma bisogna sempre tenere conto anche del livello totale. Voglio dire che se noi siamo scesi di molto, come in due momenti di questo quinquennio, non è che un recupero parziale pareggi il conto totale. Quindi i dati statistici vanno interpretati. Si potrebbe anche parlare di un’attenuazione delle recessione, di un rimbalzo magari. Anche se si deve vedere se il rimbalzo poi si consolida.



Le previsioni di Grilli si scontrano con l’andamento dell’economia globale: la domanda sta calando in tutto il mondo e persino i Brics rallentano.

Intanto guardiamo all’Italia. Gli investimenti in infrastrutture non si fanno e neppure nelle imprese. Oggi se la cavano quelli che operano nell’export, ma hanno un peso relativo per il Pil, perché incidono all’incirca per il 20%. Ci sono i virtuosi che si stanno internazionalizzando. Ma c’è un dato di fatto che l’economia italiana sta rallentando per la politica d’austerità che è stata fatta.

Quindi lei crede che il Governo Monti abbia sbagliato nello scegliere questa linea?

Credo che Monti, che è un “tecnico”, stia facendo il suo dovere e svolga il suo compito, che è quello di seguire le direttive che ci ha dato l’Europa. Monti sta rispettando gli impegni che l’Italia ha assunto. Sì, Monti sta rispettando questo impegni, dopo che la nostra credibilità politica era caduta tanto in basso. Il problema che ci si deve porre è perché l’Italia doveva prendere questi impegni, per quale ragione dovevamo rispettare il pareggio di bilancio nel 2013?

 

Ci spiegavano che dovevamo fare i compiti a casa.

 

Il problema è che i compiti a casa li abbiamo fatti e continuiamo a farli solo noi. Si continua a insistere sul rapporto debito/Pil in modo grezzo e discutibile, mentre si dovrebbe considerare la ragionevolezza del debito, considerando altri fattori, come la ricchezza dei privati. Alla fine l’Italia è uno dei paesi più a posto, considerando il debito americano, la stessa situazione inglese. L’Italia recupera il 49% dalle entrate fiscali contro il 31% degli Stati Uniti e noi abbiamo una pressione fiscale superiore di 17 punti. E altri non fanno meglio. Guardiamo la Francia, che tassa 1500 ricchi di cui la metà è già scappata in altri paesi per prendere la residenza e non pagare le tasse.

 

Ma questo governo non poteva ribellarsi a queste direttive?

 

Guardi, la prima riforma che l’Italia deve fare riguarda la sua immagine, che non è affatto quella che gira per il mondo. Il problema è che noi abbiamo preso certi impegni e li stiamo rispettando, mentre altri non hanno neppure cominciato. Questo Governo avrebbe perlomeno dovuto ribellarsi alla dittatura di certi indicatori che non fotografano esattamente la realtà di un Paese.

 

(Gianluigi Da Rold)